Le ricerche raccolte in questo libro tentano di contribuire a rispondere a questioni, sulle quali tuttora la dottrina giuridica e la ricerca storica s’interrogano; si tratta di questioni che concernono la documentazione scritta da un punto di vista empirico e concettuale; la relazione esistente tra il documentare e l’azione documentata. La tesi di fondo è quella dell’irriducibile storicità del diritto e dunque del documento e dell’attività che gli è connessa. La conseguenza che ne discende è d’indole metodologica e porta a ricostruire il percorso che in Europa, in generale, e in Italia, in particolare, è stato compiuto dal documento, visto nella sua specifica funzione di strumento di rappresentazione scritta di eventi, che hanno spesso una dimensione a loro volta quasi soltanto formale, quali gli atti giuridici, la cui rilevanza per la vita socioeconomica non è necessario sottolineare. L’ambito storico del libro, tuttavia, ha precisi limiti cronologici, che sono quelli stabiliti da quell’episodio della storia del diritto che è la compilazione giustinianea e il suo diffondersi nella pars Occidentis dell’Impero. Giustiniano, però, non fu soltanto l’imperatore cui si deve il Corpus iuris civilis, ma fu anche un legislatore consapevole il quale, per quel che riguarda il tema di questa ricerca, dettò proprie norme, volte a codificare una prassi ormai consolidata, dandole certezza, ma anche a dare sistemazione e rafforzare una figura di professionista che, nelle sue metamorfosi e anche nelle sue evoluzioni sostanziali, molta parte ha avuto nella storia della documentazione in Italia e in Europa. Si tratta del tabellio, che se non deve essere confuso né con il notarius della tradizione medievale né con il notaio dell’esperienza di oggi, tuttavia ha in comune con queste figure una funzione specifica: quella che possiamo chiamare della “scrittura per conto di terzi”. Una funzione che è riduttivo ricondurre ad un problema di alfabetizzazione e di competenza grafica di colui che richiede l’opera del professionista della scrittura, ma che coinvolge l’idoneità formale della documentazione a rappresentare l’azione giuridica al fine di conservarne la testimonianza, quando non al fine di costituirne proprio la forma, che l’ordinamento o le parti richiedono per la sua stessa esistenza. Un’esperienza con specifici contorni si è dunque venuta dispiegando dall’età tardoimperiale: un’esperienza che, talvolta in un continuo fluire, ma anche con discontinuità significative e profonde, giunge fino a noi; giunge, cioè, fino ad un’età, nella quale il documento subisce modificazioni radicali, per il suo coniugarsi con l’informatica, che disarticolando il contenuto del documento in nuove forme coerenti con la relativa tecnologia, non per questo perde d’identità concettuale (e non si può certo dire che nei nostri giorni il documentare—e il documentare con la scrittura—non sia sentito come un momento essenziale dell’esperienza sociale e giuridica). Pur con l’occhio attento all’oggi, tuttavia, il libro raccoglie un primo complesso d’indagini che hanno per oggetto il fenomeno del documentare dall’età tardo imperiale fino agli inizi dell’altomedioevo e, pur essendo un lavoro di ricerca, si rivolge anche agli studenti di storia giuridica e di storia della documentazione.

La rappresentazione dell’evento giuridico. Origini e struttura della funzione documentaria

CRESCENZI, VICTOR
2005

Abstract

Le ricerche raccolte in questo libro tentano di contribuire a rispondere a questioni, sulle quali tuttora la dottrina giuridica e la ricerca storica s’interrogano; si tratta di questioni che concernono la documentazione scritta da un punto di vista empirico e concettuale; la relazione esistente tra il documentare e l’azione documentata. La tesi di fondo è quella dell’irriducibile storicità del diritto e dunque del documento e dell’attività che gli è connessa. La conseguenza che ne discende è d’indole metodologica e porta a ricostruire il percorso che in Europa, in generale, e in Italia, in particolare, è stato compiuto dal documento, visto nella sua specifica funzione di strumento di rappresentazione scritta di eventi, che hanno spesso una dimensione a loro volta quasi soltanto formale, quali gli atti giuridici, la cui rilevanza per la vita socioeconomica non è necessario sottolineare. L’ambito storico del libro, tuttavia, ha precisi limiti cronologici, che sono quelli stabiliti da quell’episodio della storia del diritto che è la compilazione giustinianea e il suo diffondersi nella pars Occidentis dell’Impero. Giustiniano, però, non fu soltanto l’imperatore cui si deve il Corpus iuris civilis, ma fu anche un legislatore consapevole il quale, per quel che riguarda il tema di questa ricerca, dettò proprie norme, volte a codificare una prassi ormai consolidata, dandole certezza, ma anche a dare sistemazione e rafforzare una figura di professionista che, nelle sue metamorfosi e anche nelle sue evoluzioni sostanziali, molta parte ha avuto nella storia della documentazione in Italia e in Europa. Si tratta del tabellio, che se non deve essere confuso né con il notarius della tradizione medievale né con il notaio dell’esperienza di oggi, tuttavia ha in comune con queste figure una funzione specifica: quella che possiamo chiamare della “scrittura per conto di terzi”. Una funzione che è riduttivo ricondurre ad un problema di alfabetizzazione e di competenza grafica di colui che richiede l’opera del professionista della scrittura, ma che coinvolge l’idoneità formale della documentazione a rappresentare l’azione giuridica al fine di conservarne la testimonianza, quando non al fine di costituirne proprio la forma, che l’ordinamento o le parti richiedono per la sua stessa esistenza. Un’esperienza con specifici contorni si è dunque venuta dispiegando dall’età tardoimperiale: un’esperienza che, talvolta in un continuo fluire, ma anche con discontinuità significative e profonde, giunge fino a noi; giunge, cioè, fino ad un’età, nella quale il documento subisce modificazioni radicali, per il suo coniugarsi con l’informatica, che disarticolando il contenuto del documento in nuove forme coerenti con la relativa tecnologia, non per questo perde d’identità concettuale (e non si può certo dire che nei nostri giorni il documentare—e il documentare con la scrittura—non sia sentito come un momento essenziale dell’esperienza sociale e giuridica). Pur con l’occhio attento all’oggi, tuttavia, il libro raccoglie un primo complesso d’indagini che hanno per oggetto il fenomeno del documentare dall’età tardo imperiale fino agli inizi dell’altomedioevo e, pur essendo un lavoro di ricerca, si rivolge anche agli studenti di storia giuridica e di storia della documentazione.
2005
9788843035649
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/1890635
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