Il titolo si riferisce ai simboli della politica, avvicinati ai loghi commerciali. Il problema tuttavia è solo in parte legato a questo confronto. Si parte dall'osservazione che la politica è dominata dal mito.Certamente questa osservazione potrebbe avere molte interpretazioni. Ma in realtà nel testo si esaminano i simboli politici nella dimensione più evidente: quelli della scheda elettorale. La metodologia inaugurata, è ispirata alla metodologia dello studio tra i miti che Claude Lèvi-Strauss ha esposto nelle pagine delle Mitologiques.L'autore ha frequentato il College de France e ha avuto con l'antropologo un confronto, in presenza ed epistolare. La ragione di questa metodologia va ricercata nel fatto che il significato dei simboli politici, ripetiamo dei loghi elettorali, sfuggono non solo solo ai destinatari, ma anche agli stessi autori o creatori. Eppure il simbolo politico ha la pregnanza e la forza di un oggetto “totemico”, non è solo una vuota etichetta: è la sintesi di una proposta politica (p.5). Un militante comunista, dei tempi passati, non poteva sicuramente pensare che la bandiera rossa era semplicemente un pezzo di stoffa o che la falce e il martello erano due utensili. Data questa distanza interpretativa (un grande significato: ma poi non si sapeva quale) ci è parso utile applicare la metodologia di Lévi-Strauss, perchè in qualche maniera i simboli sono “estranei” (p.8) alla comprensione precisa di chi li utilizza. Uno sguardo antropologico dunque, uno sguardo da lontano, come se il mondo della politica fosse del tutto preso da quel pensiero selvaggio che, secondo Lévi-Strauss, caratterizza molta parte delle opere dell'uomo. Prendendo lo spunto del legame che i totem dei popoli selvaggi istituiscono con le ripartizioni matrimoniali all'interno della tribù (matrimonio preferenziale con la figlia del fratello della madre o la figlia della sorella del padre: cugini incrociati) si determina l'idea che il totem ha sempre una determinazione “doppia”. Il doppio presenta un opposizione, ma anziché essere un ostacolo all'integrazione serve invece a produrla (p.15). All'insegna di questa costatazione assumono allora altro valore le coppie oppositive della politica destra-sinistra,nord-sud, anche se le opposizioni distintive (tali sono per Lèvi-Strauss) possono essere anche interpretate in modo del tutto violento. L'opposizione amico-nemico che è un tema, se non il tema della politica occidentatle, non può essere considerato un elemento di opposizione distintiva, se non altro perchè non sfocia affatto in una totalità organizzata come quella che ha in mente Lévi-Strauss.Il modello delle opposizioni distintive è quello dello Yang e dello Yin che sono elementi indissolubili del Tao. Il nemico invece è per Schmitt è colui che per il solo fatto di esistere minaccia la mia esistenza. Fidandoci del recinto pacifico della democrazia, abbiamo interpretato le opposizioni politiche e i loghi che ad esse si accompagnano nel quadro concettuale di Lévi-Strauss piu che in quello di Schmitt. In questo itinerario vengono confrontati i loghi politici, prima nel loro significato di oggetti (lo scudo crociato, la falce e il martello). Poi nella loro pertinenza più efficace ai fini simbolici e cioè il colore. Gli oggetti politici sono sempre “doppi”. Cosi' il simbolo del lavoro, la falce e il martello, si può caricare di significati aggressivi e polemici e cosi' lo schudo crociato, simbolo di guerra, può risoltare un simbolo di difesa pacifica e quindi di pace. Tale anche il simbolo della fiamma che sorge da un ara (per alcuni) o da una bara (per altri). Invece ben presto la pertinenza del colore disambigua questo “doppio”. La stella è un simbolo quasi universale. Sembra quasi che il suo significato non possa essere “doppio”. Eppure una oscura notizia di cronaca (p.34-35) snida la “stella” dalla sua unanime significato universale (si ricordi che il simbolo della stella assime a quello della ruota dentata della foglia di ulivo e della quercia simboleggia la Repubblica Italiana); la stella “rossa” diventa, immediatamente, messaggio politico di parte. A metà strada dunque tra l'opposizione distintiva di Lévi-Strauss e quella di morte di Schmitt, il colore assume valore costante di distinzione politica. Esso segna anche una storia, quella della prima repubblica con il bianco e il rosso e quella della seconda con il blu e il verde colori che compongono strutturalmente la tavolozza politica della nazione.Il riferimento alla bandiera italiana non è, contrariamente al riferimento immediato, di grande pertinenza. Soltanto nella seconda repubblica il tricolore assume valenza costante di sottolineatura politica, anche se molti emblemi si caratterizzano per la sua mancanza (lo scudo crociato, il simbolo del Carroccio,la Margherita,l'Italia dei valori). Perfino il simbolo di Forza Italia che rispecchia il tricolore, non evoca la bandiera con le ripartizioni verticali. La ragione di questa relativa assenza (soprattutto se confrontato con gli emblemi degli altri partiti europei, in cui il colore della bandiera nazionale è sempre citato) va spiegata con l'imbarazzante eredità fascista e la persistenza del colore azzurro che anche recentemente si avvia a diventare il colore della destra contro una miscela di colori di sinistra dal rosso al verde, dall'arcobaleno al viola che ribadiscono una pluralità di legami totemici vistosa ed eloquente. Ma il colore serve anche per chiarire, in pochi tratti, l'alternanza del pluralismo centrifugo di Giovanni Sartori al bipolarismo centripetro. Nel primo caso i colori sono il rosso,il bianco,e il nero nel secondo l'azurro e il verde.Ma come insegna ancora Lévi-Strauss il passaggio dal primo al secondo, dalla prima alla seconda repubblica, non è un esito irreversibile; le orgazizzazioni dualiste infatti sono sempre in predicato di ritornare ad una tripartizione. Il discorso sulla persistenza, invece del cambiamento non può essere imputato alla cornice filosofica delle speculazioni di Lèvi-Strauss, chiamato un tempo strutturalismo. Nel caso della politica italiana la persistenza di zone geografiche di colore politico costante non può essere imputato solo alla pesantezza del metodo. Malgrado la volatilità della politica “leggera” della post-democrazia, un legame totemico profondo sembra essere ancora oggi presente. L'immagine del logo politico è tuttavia camaleontica, rispecchia le abitudini della comunicazione, soprattutto di quella commerciale. Ecco che allora le fotografie e il nome dei leaders politici soffocano quasi l'immagine dell'emblema, come i testimonials commerciali sostituiscono il prodotto. Ma va chiarito che l'immagine, l'immagine simbolica ha sempre un grande ruolo nel discorso politico. Anche quando sembra essere espunta (si pensi alla civiltà islamica) dal contesto di strumenti comunicativi. Anche qui il discorso sull'Islam che Lévi-Strauss aveva quasi con chiaroveggenza anticipato (l'Islam come diaframma tra Occidente ed Oriente) ha una rispondenza nella comunicazione, ormai inarrestabile, delle immagini.Cosi anche l'immagine delle due torri, distrutte dagli aerei (mezzi di rapida comunicazione) simboleggia perfettamente l'idea che la comunicazione smodata (contro la la lenta mediazione) porta alla catastrofe.

Falce, martello e Nike

DI CARO, ALESSANDRO
2007

Abstract

Il titolo si riferisce ai simboli della politica, avvicinati ai loghi commerciali. Il problema tuttavia è solo in parte legato a questo confronto. Si parte dall'osservazione che la politica è dominata dal mito.Certamente questa osservazione potrebbe avere molte interpretazioni. Ma in realtà nel testo si esaminano i simboli politici nella dimensione più evidente: quelli della scheda elettorale. La metodologia inaugurata, è ispirata alla metodologia dello studio tra i miti che Claude Lèvi-Strauss ha esposto nelle pagine delle Mitologiques.L'autore ha frequentato il College de France e ha avuto con l'antropologo un confronto, in presenza ed epistolare. La ragione di questa metodologia va ricercata nel fatto che il significato dei simboli politici, ripetiamo dei loghi elettorali, sfuggono non solo solo ai destinatari, ma anche agli stessi autori o creatori. Eppure il simbolo politico ha la pregnanza e la forza di un oggetto “totemico”, non è solo una vuota etichetta: è la sintesi di una proposta politica (p.5). Un militante comunista, dei tempi passati, non poteva sicuramente pensare che la bandiera rossa era semplicemente un pezzo di stoffa o che la falce e il martello erano due utensili. Data questa distanza interpretativa (un grande significato: ma poi non si sapeva quale) ci è parso utile applicare la metodologia di Lévi-Strauss, perchè in qualche maniera i simboli sono “estranei” (p.8) alla comprensione precisa di chi li utilizza. Uno sguardo antropologico dunque, uno sguardo da lontano, come se il mondo della politica fosse del tutto preso da quel pensiero selvaggio che, secondo Lévi-Strauss, caratterizza molta parte delle opere dell'uomo. Prendendo lo spunto del legame che i totem dei popoli selvaggi istituiscono con le ripartizioni matrimoniali all'interno della tribù (matrimonio preferenziale con la figlia del fratello della madre o la figlia della sorella del padre: cugini incrociati) si determina l'idea che il totem ha sempre una determinazione “doppia”. Il doppio presenta un opposizione, ma anziché essere un ostacolo all'integrazione serve invece a produrla (p.15). All'insegna di questa costatazione assumono allora altro valore le coppie oppositive della politica destra-sinistra,nord-sud, anche se le opposizioni distintive (tali sono per Lèvi-Strauss) possono essere anche interpretate in modo del tutto violento. L'opposizione amico-nemico che è un tema, se non il tema della politica occidentatle, non può essere considerato un elemento di opposizione distintiva, se non altro perchè non sfocia affatto in una totalità organizzata come quella che ha in mente Lévi-Strauss.Il modello delle opposizioni distintive è quello dello Yang e dello Yin che sono elementi indissolubili del Tao. Il nemico invece è per Schmitt è colui che per il solo fatto di esistere minaccia la mia esistenza. Fidandoci del recinto pacifico della democrazia, abbiamo interpretato le opposizioni politiche e i loghi che ad esse si accompagnano nel quadro concettuale di Lévi-Strauss piu che in quello di Schmitt. In questo itinerario vengono confrontati i loghi politici, prima nel loro significato di oggetti (lo scudo crociato, la falce e il martello). Poi nella loro pertinenza più efficace ai fini simbolici e cioè il colore. Gli oggetti politici sono sempre “doppi”. Cosi' il simbolo del lavoro, la falce e il martello, si può caricare di significati aggressivi e polemici e cosi' lo schudo crociato, simbolo di guerra, può risoltare un simbolo di difesa pacifica e quindi di pace. Tale anche il simbolo della fiamma che sorge da un ara (per alcuni) o da una bara (per altri). Invece ben presto la pertinenza del colore disambigua questo “doppio”. La stella è un simbolo quasi universale. Sembra quasi che il suo significato non possa essere “doppio”. Eppure una oscura notizia di cronaca (p.34-35) snida la “stella” dalla sua unanime significato universale (si ricordi che il simbolo della stella assime a quello della ruota dentata della foglia di ulivo e della quercia simboleggia la Repubblica Italiana); la stella “rossa” diventa, immediatamente, messaggio politico di parte. A metà strada dunque tra l'opposizione distintiva di Lévi-Strauss e quella di morte di Schmitt, il colore assume valore costante di distinzione politica. Esso segna anche una storia, quella della prima repubblica con il bianco e il rosso e quella della seconda con il blu e il verde colori che compongono strutturalmente la tavolozza politica della nazione.Il riferimento alla bandiera italiana non è, contrariamente al riferimento immediato, di grande pertinenza. Soltanto nella seconda repubblica il tricolore assume valenza costante di sottolineatura politica, anche se molti emblemi si caratterizzano per la sua mancanza (lo scudo crociato, il simbolo del Carroccio,la Margherita,l'Italia dei valori). Perfino il simbolo di Forza Italia che rispecchia il tricolore, non evoca la bandiera con le ripartizioni verticali. La ragione di questa relativa assenza (soprattutto se confrontato con gli emblemi degli altri partiti europei, in cui il colore della bandiera nazionale è sempre citato) va spiegata con l'imbarazzante eredità fascista e la persistenza del colore azzurro che anche recentemente si avvia a diventare il colore della destra contro una miscela di colori di sinistra dal rosso al verde, dall'arcobaleno al viola che ribadiscono una pluralità di legami totemici vistosa ed eloquente. Ma il colore serve anche per chiarire, in pochi tratti, l'alternanza del pluralismo centrifugo di Giovanni Sartori al bipolarismo centripetro. Nel primo caso i colori sono il rosso,il bianco,e il nero nel secondo l'azurro e il verde.Ma come insegna ancora Lévi-Strauss il passaggio dal primo al secondo, dalla prima alla seconda repubblica, non è un esito irreversibile; le orgazizzazioni dualiste infatti sono sempre in predicato di ritornare ad una tripartizione. Il discorso sulla persistenza, invece del cambiamento non può essere imputato alla cornice filosofica delle speculazioni di Lèvi-Strauss, chiamato un tempo strutturalismo. Nel caso della politica italiana la persistenza di zone geografiche di colore politico costante non può essere imputato solo alla pesantezza del metodo. Malgrado la volatilità della politica “leggera” della post-democrazia, un legame totemico profondo sembra essere ancora oggi presente. L'immagine del logo politico è tuttavia camaleontica, rispecchia le abitudini della comunicazione, soprattutto di quella commerciale. Ecco che allora le fotografie e il nome dei leaders politici soffocano quasi l'immagine dell'emblema, come i testimonials commerciali sostituiscono il prodotto. Ma va chiarito che l'immagine, l'immagine simbolica ha sempre un grande ruolo nel discorso politico. Anche quando sembra essere espunta (si pensi alla civiltà islamica) dal contesto di strumenti comunicativi. Anche qui il discorso sull'Islam che Lévi-Strauss aveva quasi con chiaroveggenza anticipato (l'Islam come diaframma tra Occidente ed Oriente) ha una rispondenza nella comunicazione, ormai inarrestabile, delle immagini.Cosi anche l'immagine delle due torri, distrutte dagli aerei (mezzi di rapida comunicazione) simboleggia perfettamente l'idea che la comunicazione smodata (contro la la lenta mediazione) porta alla catastrofe.
2007
9788878730663
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/1890659
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