L’intuizione di fondo della ricerca è stata di cogliere la portata generale della riflessione di Montaigne sul concetto di “vincolo” quale modo e percorso ‘terapeutico’ per esorcizzare lo scetticismo integrale e nichilista della tradizione filosofica classica e la sua proposta di una morale provvisoria. Questo tipo di riflessione permette al Bordolese di attuare la conversione dello scetticismo tradizionale nella prospettiva dell’essere come discorso. Se l’uomo non ha alcuna comunicazione con l’essere, l’unico essere che possiede è l’esserci, la vita, l’esistenza, comunicazione con ce qui est. La sua unica ‘sostanzialità’ è la relation avec autrui, il vincolo, la co-esistenza in quanto co-essenza, il cum-versari, lo stare insieme. Il senso della ricerca va nella direzione della conversione dello scetticismo e ne ricostruisce il mosaico, approdando alla tesi che contrasta il tanto proclamato désengagement montaignano. A cominciare dal concetto di antiprovvidenzialismo storico che dà all’uomo la responsabilità del cammino del mondo e la possibilità di progettare una morale politica. Il discorso sull’immaginazione porta Montaigne a una sorta di secondo tempo nella configurazione della categoria di possibilità, della legittimazione della pluralità come seme di nuovi indizi del nuovo e inizi di un pensiero interculturale. La legittimazione della diversità come una delle forme della natura e la decostruzione del concetto di mostruosità vanno di pari passo con la stigmatizzzazione dell’universalismo che lavora a danno dell’universalità della ragione. L’originalità della messa a fuoco della funzione dell’immaginazione, nel suo uso legittimo, ha consentito di declinarla come facolta morale per eccellenza, quella che permette « lo scambio di posto con l’altro » (almeno tre capitoli discutono quest’idea), facoltà dell’intersoggettività, della legittimazione della diversità, della tolleranza, della decostruzione della ‘mostruosità’; capace di rendere l’individuo soggetto della storia morale e pragmatica; legata al posse, apre al futuro. Montaigne può così rimettere l’uomo al centro e riconsegnargli la sua dignità di essere vincolabile e vincolante. Dopo averne criticato centralità dogmatica, presunzione onnivora, pensiero meccanicamente teleologico, disperata fallibilità, vizi linguistici e decadenza morale, lo accompagna in un lungo viaggio dove la ragione scettica diviene ragione critica, ovvero sana, la cui sanità è il senso genuino e il pegno della laica «divina metamorfosi». Ora l’uomo è di nuovo al centro, ma il suo centro è policentrico, il suo universo ha le sembianze del berillo o del prisma: può riconoscere la moltiplicazione e vicissitudine delle forme infinite della natura e pensare a una politica «légitime et civile», scomposizione e ricomposizione di vincoli umani legittimi ed equi. La conversione dello scetticismo, più che tesi teorica, diviene l’inevitabile approdo pragmatico degli Essais. A questa immagine, peraltro, è affidato anche il senso dello scetticismo montaignano, che trasforma la problematica classica della conoscenza in una problematica del linguaggio e della sua fecondità in una pluralità di prospettive. La posisizione epistemica del pirronismo ne esce sconvolta. Non si tratta di costruire una teoria dell’impotenza conoscitiva umana. La ragione non deve rinunciare a conoscere e conoscersi: deve dare un senso e una direzione alla sua finitezza. La teoria della conoscenza diviene impresa della parola e della sua efficacia: sapere è parlare e, come voleva Socrate, è filosofare conversando, interrogare, confrontarsi, decodificando il reale nelle sue «vicissitudes» di forme – agire. Impresa di parole «sostanziali», le uniche ad avere movimento e azione (II, 36, 662A, 753). L’uomo è nato per agire, annuncia Que philosopher c’est apprendre à mourir. Uno dei risultati maggiori della ricerca è l’aver dimostrato come il nuovo scetticismo di Montaigne non porti al soggettivismo né al relativismo, ma al pluralismo come produzione e ordine della natura stessa. Essere scettico, come vuole Montaigne, è conferire diritto di cittadinanza a differenza e pluralità – mai neutralizzare le «contrariétés».

I vincoli del disinganno. Per una nuova interpretazione di Montaigne

PANICHI, NICOLA
2004

Abstract

L’intuizione di fondo della ricerca è stata di cogliere la portata generale della riflessione di Montaigne sul concetto di “vincolo” quale modo e percorso ‘terapeutico’ per esorcizzare lo scetticismo integrale e nichilista della tradizione filosofica classica e la sua proposta di una morale provvisoria. Questo tipo di riflessione permette al Bordolese di attuare la conversione dello scetticismo tradizionale nella prospettiva dell’essere come discorso. Se l’uomo non ha alcuna comunicazione con l’essere, l’unico essere che possiede è l’esserci, la vita, l’esistenza, comunicazione con ce qui est. La sua unica ‘sostanzialità’ è la relation avec autrui, il vincolo, la co-esistenza in quanto co-essenza, il cum-versari, lo stare insieme. Il senso della ricerca va nella direzione della conversione dello scetticismo e ne ricostruisce il mosaico, approdando alla tesi che contrasta il tanto proclamato désengagement montaignano. A cominciare dal concetto di antiprovvidenzialismo storico che dà all’uomo la responsabilità del cammino del mondo e la possibilità di progettare una morale politica. Il discorso sull’immaginazione porta Montaigne a una sorta di secondo tempo nella configurazione della categoria di possibilità, della legittimazione della pluralità come seme di nuovi indizi del nuovo e inizi di un pensiero interculturale. La legittimazione della diversità come una delle forme della natura e la decostruzione del concetto di mostruosità vanno di pari passo con la stigmatizzzazione dell’universalismo che lavora a danno dell’universalità della ragione. L’originalità della messa a fuoco della funzione dell’immaginazione, nel suo uso legittimo, ha consentito di declinarla come facolta morale per eccellenza, quella che permette « lo scambio di posto con l’altro » (almeno tre capitoli discutono quest’idea), facoltà dell’intersoggettività, della legittimazione della diversità, della tolleranza, della decostruzione della ‘mostruosità’; capace di rendere l’individuo soggetto della storia morale e pragmatica; legata al posse, apre al futuro. Montaigne può così rimettere l’uomo al centro e riconsegnargli la sua dignità di essere vincolabile e vincolante. Dopo averne criticato centralità dogmatica, presunzione onnivora, pensiero meccanicamente teleologico, disperata fallibilità, vizi linguistici e decadenza morale, lo accompagna in un lungo viaggio dove la ragione scettica diviene ragione critica, ovvero sana, la cui sanità è il senso genuino e il pegno della laica «divina metamorfosi». Ora l’uomo è di nuovo al centro, ma il suo centro è policentrico, il suo universo ha le sembianze del berillo o del prisma: può riconoscere la moltiplicazione e vicissitudine delle forme infinite della natura e pensare a una politica «légitime et civile», scomposizione e ricomposizione di vincoli umani legittimi ed equi. La conversione dello scetticismo, più che tesi teorica, diviene l’inevitabile approdo pragmatico degli Essais. A questa immagine, peraltro, è affidato anche il senso dello scetticismo montaignano, che trasforma la problematica classica della conoscenza in una problematica del linguaggio e della sua fecondità in una pluralità di prospettive. La posisizione epistemica del pirronismo ne esce sconvolta. Non si tratta di costruire una teoria dell’impotenza conoscitiva umana. La ragione non deve rinunciare a conoscere e conoscersi: deve dare un senso e una direzione alla sua finitezza. La teoria della conoscenza diviene impresa della parola e della sua efficacia: sapere è parlare e, come voleva Socrate, è filosofare conversando, interrogare, confrontarsi, decodificando il reale nelle sue «vicissitudes» di forme – agire. Impresa di parole «sostanziali», le uniche ad avere movimento e azione (II, 36, 662A, 753). L’uomo è nato per agire, annuncia Que philosopher c’est apprendre à mourir. Uno dei risultati maggiori della ricerca è l’aver dimostrato come il nuovo scetticismo di Montaigne non porti al soggettivismo né al relativismo, ma al pluralismo come produzione e ordine della natura stessa. Essere scettico, come vuole Montaigne, è conferire diritto di cittadinanza a differenza e pluralità – mai neutralizzare le «contrariétés».
2004
9788822253279
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/1891267
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