PREMESSA. Il libro è uno studio di political economy dedicato ad una parte del nostro Paese poco studiata nel corso degli ultimi due decenni: l’Italia di mezzo dell’Emilia Romagna, della Toscana, dell’Umbria e delle Marche. Queste regioni hanno un profilo del tutto specifico: sono molto progredite sul piano economico e sociale, quanto sono anomale dal punto di vista politico. Sono tra le più industrializzate e innovative del nostro Paese ma, a differenza delle regioni del Nord, possiedono una lunga tradizione di sinistra (ancora oggi rappresentano le maggiori roccaforti elettorali dei partiti post-comunisti). Queste zone hanno conosciuto un percorso originale di sviluppo socio-economico e di costruzione della cittadinanza democratica. Un percorso basato su tre pilastri fondamentali tutti connessi, seppure in misura diversa, con quella che – negli studi sulla Terza Italia – è stata definita come la subcultura politico-territoriale comunista. Il primo pilastro attiene ai meccanismi della crescita e della distribuzione della ricchezza. Una sorta di democratizzazione economica basata sulle piccole e medie imprese e sulle reti sociali presenti nei piccoli borghi di queste regioni. L’ “industrializzazione diffusa”, oltre a migliorare il tenore di vita individuale-familiare, ha garantito così anche una estensione del benessere a livello collettivo. E’ emersa inoltre una peculiare alleanza tra il lavoro autonomo e quello dipendente che - sostenuta dai governi locali e dalle relazioni industriali - ha ridotto la polarizzazione di classe e irrobustito i tratti inclusivi dello sviluppo. Il secondo pilastro attiene al riconoscimento dei diritti di cittadinanza sociale, ovvero alle risposte fornite alle esigenze di protezione e tutela dei ceti più deboli. Questa democratizzazione sociale si è basata inizialmente sulle reti di reciprocità delle comunità locali, ma sempre di più è stata anche costruita politicamente, mediante un sistema di welfare territoriale. Il terzo pilastro, infine, attiene al processo di democratizzazione politica, ovvero a una mobilitazione collettiva che ha coinvolto ampie quote della popolazione, inclusi i ceti popolari. Questi ultimi, attraverso il partito di massa e le organizzazioni di rappresentanza degli interessi, hanno preso parte attiva alla costruzione di una sfera pubblica dai tratti partecipativi. In sintesi, per molti anni nell’Italia di mezzo si è assistito ad un compromesso sociale per lo sviluppo che implicava, da un lato, il riconoscimento del ruolo produttivo del mercato e dell’imprenditorialità privata e, dall’altro, la legittimazione della funzione regolativa e perequativa dei governi locali. Questa modernizzazione bilanciata, dunque, ha dato vita ad un modello specifico, fondato su due capisaldi. Il primo, quello dello sviluppo, ha tenuto insieme alti redditi individuali ed elevati standard collettivi. Il secondo, quello della regolazione, ha coniugato lo slancio delle imprese private con un efficace intervento delle istituzioni pubbliche, che si sono dimostrate capaci di sostenere la crescita economica ma anche di equilibrarne gli effetti sociali. LE FINALITA’ E I RISULTATI DELLO STUDIO. Lo studio intendeva fornire una risposta alla seguente domanda: la subcultura politica territoriale dell’Italia di mezzo è sopravvissuta alla crisi della “Prima Repubblica” ed è ancora viva oggi? Il libro avanza l’idea che in queste regioni si sia avviato un progressivo scongelamento della “subcultura rossa”, che tende a disancorare gli elettori dalle logiche politiche e organizzative del “voto di appartenenza”, rendendo più mobili i comportamenti elettorali e più aperta la competizione politica. Questo scongelamento ha delle precondizioni politico-organizzative nel processo di secolarizzazione delle ideologie, nella crisi del partito di massa, nella scomparsa del Pci e nella fine del collateralismo delle organizzazioni degli interessi. Ha inoltre delle precondizioni sociali, legate al mutamento della struttura produttiva e di classe, e alle trasformazioni culturali e generazionali che stanno ridisegnando il volto dell’Italia di mezzo. Processi come la terziarizzazione, la flessibilizzazione del mercato del lavoro, l’aumento dei ceti medi e dei livelli di istruzione, le difficoltà del welfare hanno infatti cambiato lo scenario in cui si svolge la competizione politica, rendendo gli elettori (compresi quelli di sinistra) più sensibili nei confronti dell’“offerta politica”. Da questo punto di vista, ciò che nelle regioni rosse sta venendo progressivamente meno sono due dei tasselli fondamentali della subcultura politica: la centralità del partito di massa e del voto di appartenenza. Sopravvivono invece orientamenti politico-culturali e un modello di regolazione socio-economica che ancora oggi tendono a favorire, nella competizione elettorale, la coalizione di centro-sinistra. In particolare, è ai diversi modi di regolazione dello sviluppo che il libro fa riferimento per spiegare i diversi esiti a cui sono andate incontro le due subculture della “Terza Italia”: quella rossa del Centro e quella bianca del Nord-est. Le differenze nei loro modelli di sviluppo aiutano a comprendere la migliore tenuta elettorale delle regioni rosse e la loro capacità di risposta alle sfide che, negli stessi anni, hanno provocato la crisi della subcultura bianca. Per concludere: quella sviluppata nel libro è un’impostazione analitica tesa ad analizzare le “basi sociali” della politica, nella convinzione che un approccio istituzionale, ma attento al ruolo degli attori, quale quello della political economy consenta di decifrare meglio alcuni snodi critici del rapporto tra economia, società e politica.

Cuore rosso? Viaggio politico nell'Italia di mezzo

RAMELLA, FRANCESCO
2005

Abstract

PREMESSA. Il libro è uno studio di political economy dedicato ad una parte del nostro Paese poco studiata nel corso degli ultimi due decenni: l’Italia di mezzo dell’Emilia Romagna, della Toscana, dell’Umbria e delle Marche. Queste regioni hanno un profilo del tutto specifico: sono molto progredite sul piano economico e sociale, quanto sono anomale dal punto di vista politico. Sono tra le più industrializzate e innovative del nostro Paese ma, a differenza delle regioni del Nord, possiedono una lunga tradizione di sinistra (ancora oggi rappresentano le maggiori roccaforti elettorali dei partiti post-comunisti). Queste zone hanno conosciuto un percorso originale di sviluppo socio-economico e di costruzione della cittadinanza democratica. Un percorso basato su tre pilastri fondamentali tutti connessi, seppure in misura diversa, con quella che – negli studi sulla Terza Italia – è stata definita come la subcultura politico-territoriale comunista. Il primo pilastro attiene ai meccanismi della crescita e della distribuzione della ricchezza. Una sorta di democratizzazione economica basata sulle piccole e medie imprese e sulle reti sociali presenti nei piccoli borghi di queste regioni. L’ “industrializzazione diffusa”, oltre a migliorare il tenore di vita individuale-familiare, ha garantito così anche una estensione del benessere a livello collettivo. E’ emersa inoltre una peculiare alleanza tra il lavoro autonomo e quello dipendente che - sostenuta dai governi locali e dalle relazioni industriali - ha ridotto la polarizzazione di classe e irrobustito i tratti inclusivi dello sviluppo. Il secondo pilastro attiene al riconoscimento dei diritti di cittadinanza sociale, ovvero alle risposte fornite alle esigenze di protezione e tutela dei ceti più deboli. Questa democratizzazione sociale si è basata inizialmente sulle reti di reciprocità delle comunità locali, ma sempre di più è stata anche costruita politicamente, mediante un sistema di welfare territoriale. Il terzo pilastro, infine, attiene al processo di democratizzazione politica, ovvero a una mobilitazione collettiva che ha coinvolto ampie quote della popolazione, inclusi i ceti popolari. Questi ultimi, attraverso il partito di massa e le organizzazioni di rappresentanza degli interessi, hanno preso parte attiva alla costruzione di una sfera pubblica dai tratti partecipativi. In sintesi, per molti anni nell’Italia di mezzo si è assistito ad un compromesso sociale per lo sviluppo che implicava, da un lato, il riconoscimento del ruolo produttivo del mercato e dell’imprenditorialità privata e, dall’altro, la legittimazione della funzione regolativa e perequativa dei governi locali. Questa modernizzazione bilanciata, dunque, ha dato vita ad un modello specifico, fondato su due capisaldi. Il primo, quello dello sviluppo, ha tenuto insieme alti redditi individuali ed elevati standard collettivi. Il secondo, quello della regolazione, ha coniugato lo slancio delle imprese private con un efficace intervento delle istituzioni pubbliche, che si sono dimostrate capaci di sostenere la crescita economica ma anche di equilibrarne gli effetti sociali. LE FINALITA’ E I RISULTATI DELLO STUDIO. Lo studio intendeva fornire una risposta alla seguente domanda: la subcultura politica territoriale dell’Italia di mezzo è sopravvissuta alla crisi della “Prima Repubblica” ed è ancora viva oggi? Il libro avanza l’idea che in queste regioni si sia avviato un progressivo scongelamento della “subcultura rossa”, che tende a disancorare gli elettori dalle logiche politiche e organizzative del “voto di appartenenza”, rendendo più mobili i comportamenti elettorali e più aperta la competizione politica. Questo scongelamento ha delle precondizioni politico-organizzative nel processo di secolarizzazione delle ideologie, nella crisi del partito di massa, nella scomparsa del Pci e nella fine del collateralismo delle organizzazioni degli interessi. Ha inoltre delle precondizioni sociali, legate al mutamento della struttura produttiva e di classe, e alle trasformazioni culturali e generazionali che stanno ridisegnando il volto dell’Italia di mezzo. Processi come la terziarizzazione, la flessibilizzazione del mercato del lavoro, l’aumento dei ceti medi e dei livelli di istruzione, le difficoltà del welfare hanno infatti cambiato lo scenario in cui si svolge la competizione politica, rendendo gli elettori (compresi quelli di sinistra) più sensibili nei confronti dell’“offerta politica”. Da questo punto di vista, ciò che nelle regioni rosse sta venendo progressivamente meno sono due dei tasselli fondamentali della subcultura politica: la centralità del partito di massa e del voto di appartenenza. Sopravvivono invece orientamenti politico-culturali e un modello di regolazione socio-economica che ancora oggi tendono a favorire, nella competizione elettorale, la coalizione di centro-sinistra. In particolare, è ai diversi modi di regolazione dello sviluppo che il libro fa riferimento per spiegare i diversi esiti a cui sono andate incontro le due subculture della “Terza Italia”: quella rossa del Centro e quella bianca del Nord-est. Le differenze nei loro modelli di sviluppo aiutano a comprendere la migliore tenuta elettorale delle regioni rosse e la loro capacità di risposta alle sfide che, negli stessi anni, hanno provocato la crisi della subcultura bianca. Per concludere: quella sviluppata nel libro è un’impostazione analitica tesa ad analizzare le “basi sociali” della politica, nella convinzione che un approccio istituzionale, ma attento al ruolo degli attori, quale quello della political economy consenta di decifrare meglio alcuni snodi critici del rapporto tra economia, società e politica.
2005
9788879899468
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/1891382
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