Il titolo è un'allusione alla posizione del realismo che Shopenhauer assimila al falso movimento del barone di Munchausen che vuole tirarsi su dal suolo tirandosi per i capelli, come dire che la realtà non significa nulla se non c'è un soggetto che la conosce. L'empirismo moderno (Hume) e contemporaneo (empirismo-logico filosofico, ma anche la fenomenologia) rischia infatti questa assenza di senso. Il testo dunque studia Ludwig Wittgenstein per dare significato ad un suo aforisma “Nicht Empirie und doch Realismus in der Philosophie das ist das schwerste (gegen Ramsey)” (Wittgenstein, 1989, p325) malamente tradotto in italiano (non empirismo né realismo) invece del corretto “In Filosofia non empiria, e tuttavia realismo”. La posizione logica di Wittgenstein propria del Tractatus darebbe la prima soluzione del problema. L'immagine logica rispecchia la realtà. E' dunque immagine, ma immagine reale. In questa sezione dominata dalla logica matematica si vede anche la critica di Popper al cosiddetto principio di verificazione attribuito a Wittgenstein. Non solo nel Tractatus non se ne parla mai, ma sarebbe sorprendente che fosse accettato, visto che non è una legge logica (nel linguaggio di Wittgenstein, una tautologia). Si accenna anche alla posizione logica del Tractatus che in 5.1311 evidenzia che la conclusione logica “cela” le relazioni, che in modo standard sono svelate con il calcolo logico delle tavole di verità, ma che potrebbero essere meglio svelate da una diversa notazione (ad esempio la funzione barra). La ricerca di una diversa notazione che è dunque già nel Tractatus configura il percorso futuro del filosofo viennese insoddisfatto della situazione logica che lui stesso ha contribuito a creare. A questo scopo si documentano tentativi di riforma della notazione logica (p.28; p.41-42) esponendo in chiare tabelle con i valori di verità, ciò che in Wittgenstein è solo accennato. Viene anche formalizzato un passo oscuro 5.5521 del Tractatus che risulta in seguito alla formalizzazione molto chiaro (p.46). E' il passo importante dei rapporti tra la logica e il mondo. In alcuni passi mettiamo in chiaro che quest'inquietudine non è data da una “una svolta” (quella nota sui colori per esempio) o da più svolte, ma è stato costante esercizio fin dai primi scritti (p.84) dove tenta uno schema logico (sbagliato) della tautologia o quando (nelle Note sulla logica)sorprendentemente crea una notazione per le proposizioni generali ed esistenziali ancora oggi valide per le equivalenze di dette proposizioni. Diciamo che l'empirismo di Wittgesntein è logico. Ma non è l'empirismo logico del circolo di Wienna. Infatti quell'empirismo è costretto a riconosere validità al solipsimo (posizione che era quella del Tractatus) o a considerare reale solo l'esperienza dell'attimo presente (posizione demolita ironicamente da Wittgenstein) (p.68). Ma allora la logica e l'empirismo sono costantemente in opposizione. Il detto “nicht Empirie und doch Realismus” conferma l'esclusione dell'empirismo ma non a favore di un idealismo ma al contrario del realismo. Questo realismo non empirico è presente nei Gedankenexperimente che hanno caratterizzato il novecento, dalla teoria della relatività di Einstein, che Wittgenstein cita spesso (p.108), alla meccanica quantistica (124-129) fino al fastidio per lo scientismo che Wittgenstein qualifica con una metafora suggestiva:”la saponosa scienza”(p.98). Wittgenstein giunge allora ad esaminare attraverso molteplici forme logiche tutta la realtà. Il suo intento è stato interpretato come una “svolta linguistica” quella che la filosofia analitica ha reso famoso.Il problema è che in Wittgenstein urge sempre l'idea che la realtà non potrà essere che faticosamente e con grandi approfondimenti spesso incompresi essere ridotta a linguaggio. Un caso emblematico è quello del paradosso del mentitore la cui soluzione, confrontata a quella di Russell e Tarski chiarisce la diversa impostazione di Wittgenstein (p.83-92). Appare dunque che il percorso di Wittgenstein non è quello ad esempio della fenomenologia (p.154), e nemmeno quello che fa del linguaggio e della sua analisi l'unico compito della filosofia. L'immagine del mondo, anche nel linguaggio compiutamente logico è, quasi sempre, “una specie di mitologia”(p.163). Da questa considerazione nascono le geniali ricerche sul seguire una regola che deve ricorrere al pubblico, alla prassi perchè privatim è impossibile.(p.157) Cosa invece possibile se la logica, la logica profonda della realtà, potesse essere descritta (p.173). Per questa ragione la diatriba con Gödel, sottovalutata da molti (soprattutto logici) come un incidente di percorso di Wittgenstein rivela la sua peculiarità. Per Wittgenstein il risultato di Gödel, il suo teorema di incompletezza, è quasi scontato (p.173). Ma non perchè, come hanno detto molti, per semplice incomprensione (p.172) ma perchè esso dice in maniera logica, l'impossibilità di descrivere o fondare la logica. Scherzosamente pretendo spunto da Enzensberger ho visto nel tentativo di Gödel l'ultimo sforzo del barone di Münchausen.

In soccorso del barone

DI CARO, ALESSANDRO
2005

Abstract

Il titolo è un'allusione alla posizione del realismo che Shopenhauer assimila al falso movimento del barone di Munchausen che vuole tirarsi su dal suolo tirandosi per i capelli, come dire che la realtà non significa nulla se non c'è un soggetto che la conosce. L'empirismo moderno (Hume) e contemporaneo (empirismo-logico filosofico, ma anche la fenomenologia) rischia infatti questa assenza di senso. Il testo dunque studia Ludwig Wittgenstein per dare significato ad un suo aforisma “Nicht Empirie und doch Realismus in der Philosophie das ist das schwerste (gegen Ramsey)” (Wittgenstein, 1989, p325) malamente tradotto in italiano (non empirismo né realismo) invece del corretto “In Filosofia non empiria, e tuttavia realismo”. La posizione logica di Wittgenstein propria del Tractatus darebbe la prima soluzione del problema. L'immagine logica rispecchia la realtà. E' dunque immagine, ma immagine reale. In questa sezione dominata dalla logica matematica si vede anche la critica di Popper al cosiddetto principio di verificazione attribuito a Wittgenstein. Non solo nel Tractatus non se ne parla mai, ma sarebbe sorprendente che fosse accettato, visto che non è una legge logica (nel linguaggio di Wittgenstein, una tautologia). Si accenna anche alla posizione logica del Tractatus che in 5.1311 evidenzia che la conclusione logica “cela” le relazioni, che in modo standard sono svelate con il calcolo logico delle tavole di verità, ma che potrebbero essere meglio svelate da una diversa notazione (ad esempio la funzione barra). La ricerca di una diversa notazione che è dunque già nel Tractatus configura il percorso futuro del filosofo viennese insoddisfatto della situazione logica che lui stesso ha contribuito a creare. A questo scopo si documentano tentativi di riforma della notazione logica (p.28; p.41-42) esponendo in chiare tabelle con i valori di verità, ciò che in Wittgenstein è solo accennato. Viene anche formalizzato un passo oscuro 5.5521 del Tractatus che risulta in seguito alla formalizzazione molto chiaro (p.46). E' il passo importante dei rapporti tra la logica e il mondo. In alcuni passi mettiamo in chiaro che quest'inquietudine non è data da una “una svolta” (quella nota sui colori per esempio) o da più svolte, ma è stato costante esercizio fin dai primi scritti (p.84) dove tenta uno schema logico (sbagliato) della tautologia o quando (nelle Note sulla logica)sorprendentemente crea una notazione per le proposizioni generali ed esistenziali ancora oggi valide per le equivalenze di dette proposizioni. Diciamo che l'empirismo di Wittgesntein è logico. Ma non è l'empirismo logico del circolo di Wienna. Infatti quell'empirismo è costretto a riconosere validità al solipsimo (posizione che era quella del Tractatus) o a considerare reale solo l'esperienza dell'attimo presente (posizione demolita ironicamente da Wittgenstein) (p.68). Ma allora la logica e l'empirismo sono costantemente in opposizione. Il detto “nicht Empirie und doch Realismus” conferma l'esclusione dell'empirismo ma non a favore di un idealismo ma al contrario del realismo. Questo realismo non empirico è presente nei Gedankenexperimente che hanno caratterizzato il novecento, dalla teoria della relatività di Einstein, che Wittgenstein cita spesso (p.108), alla meccanica quantistica (124-129) fino al fastidio per lo scientismo che Wittgenstein qualifica con una metafora suggestiva:”la saponosa scienza”(p.98). Wittgenstein giunge allora ad esaminare attraverso molteplici forme logiche tutta la realtà. Il suo intento è stato interpretato come una “svolta linguistica” quella che la filosofia analitica ha reso famoso.Il problema è che in Wittgenstein urge sempre l'idea che la realtà non potrà essere che faticosamente e con grandi approfondimenti spesso incompresi essere ridotta a linguaggio. Un caso emblematico è quello del paradosso del mentitore la cui soluzione, confrontata a quella di Russell e Tarski chiarisce la diversa impostazione di Wittgenstein (p.83-92). Appare dunque che il percorso di Wittgenstein non è quello ad esempio della fenomenologia (p.154), e nemmeno quello che fa del linguaggio e della sua analisi l'unico compito della filosofia. L'immagine del mondo, anche nel linguaggio compiutamente logico è, quasi sempre, “una specie di mitologia”(p.163). Da questa considerazione nascono le geniali ricerche sul seguire una regola che deve ricorrere al pubblico, alla prassi perchè privatim è impossibile.(p.157) Cosa invece possibile se la logica, la logica profonda della realtà, potesse essere descritta (p.173). Per questa ragione la diatriba con Gödel, sottovalutata da molti (soprattutto logici) come un incidente di percorso di Wittgenstein rivela la sua peculiarità. Per Wittgenstein il risultato di Gödel, il suo teorema di incompletezza, è quasi scontato (p.173). Ma non perchè, come hanno detto molti, per semplice incomprensione (p.172) ma perchè esso dice in maniera logica, l'impossibilità di descrivere o fondare la logica. Scherzosamente pretendo spunto da Enzensberger ho visto nel tentativo di Gödel l'ultimo sforzo del barone di Münchausen.
2005
9788820738907
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2299475
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