Non è possibile pensare l’ordine al di fuori di una regolamentazione del principio d’indifferenziazione di cui è portatrice la morte. La società umana può esistere solo là dove venga individuata una strategia in grado ridurre sensibilmente il potere ansiogeno del morire. Sacro e religione riescono in questo compito organizzando rituali grazie ai quali è possibile creare luoghi della sicurezza, spazi della vita purificati dalla morte. Il sacrificio è il più diffuso di questi riti: una strategia di corruzione della morte fondata sul consumo del dono da parte della Divinità. Ma cosa accade se la gerarchia del pasto sacrificale si rovescia? La determinazione dell’essere supera la mimesi col Dio per identificarsi con il consumo in sé. Accrescimento, produzione e consumo si saldano in un'unica strategia che non ha più come momento centrale il dono alla morte, ma l’interdizione dell’accesso al dono come negazione della vita. Non è possibile comprendere la crisi del rapporto tra politica e religione senza partire da qui. Solo in questo contesto d’incertezza della vita, di liquidità delle identità e delle appartenenze, è possibile interpretare il rinascere di forme del religioso che ormai si consideravano residuali.
La vittima "liberata".Dono, produzione e consumo nelle strategie di sopravvivenza
BELLEI, CRISTIANO MARIA
2009
Abstract
Non è possibile pensare l’ordine al di fuori di una regolamentazione del principio d’indifferenziazione di cui è portatrice la morte. La società umana può esistere solo là dove venga individuata una strategia in grado ridurre sensibilmente il potere ansiogeno del morire. Sacro e religione riescono in questo compito organizzando rituali grazie ai quali è possibile creare luoghi della sicurezza, spazi della vita purificati dalla morte. Il sacrificio è il più diffuso di questi riti: una strategia di corruzione della morte fondata sul consumo del dono da parte della Divinità. Ma cosa accade se la gerarchia del pasto sacrificale si rovescia? La determinazione dell’essere supera la mimesi col Dio per identificarsi con il consumo in sé. Accrescimento, produzione e consumo si saldano in un'unica strategia che non ha più come momento centrale il dono alla morte, ma l’interdizione dell’accesso al dono come negazione della vita. Non è possibile comprendere la crisi del rapporto tra politica e religione senza partire da qui. Solo in questo contesto d’incertezza della vita, di liquidità delle identità e delle appartenenze, è possibile interpretare il rinascere di forme del religioso che ormai si consideravano residuali.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.