Il saggio di A. Cerboni Baiardi compare in un volume miscellaneo che ha segnato una nuova prospettiva negli studi su Giovan Battista Salvi, detto Sassoferrato (1609-1685), pittore noto soprattutto per le tele, eseguite nel rispetto di un’altissima qualità, raffiguranti Madonne con o senza Bambino che gli valsero l’appellativo di Pictor Virginum. In questo contributo si indaga il tema dei rapporti tra Sassoferrato e l’incisione, affrontato da vari punti di vista. Il confronto tra le opere del Salvi con un buon numero di stampe derivate da altri maestri ha dimostrato come per questo artefice l’esercizio della copia andasse ben oltre ciò che si poteva fino ad oggi ritenere. Il ricorso alle incisioni come medium figurativo rispetto alle invenzioni di altri maestri precedenti ed anche coevi costituì infatti per Sassoferrato molto più di un atteggiamento occasionale, tanto da poter essere interpretato come un vero e proprio metodo di lavoro dal quale ogni tanto poter derogare. Il saggio ha inoltre evidenziato come la tardiva traduzione incisoria delle opere del Salvi, iniziata non prima della fine del XVIII secolo e perlopiù a scopo devozionale, vada posta in relazione con un’altrettanto tardiva fortuna critica rintracciabile, se si escludono gli accenni di Luigi Lanzi, solo nell’Ottocento.

La mano di Apelle. Sassoferrato e l'incisione: dalla copia alla divulgazione

CERBONI BAIARDI, ANNA
2010

Abstract

Il saggio di A. Cerboni Baiardi compare in un volume miscellaneo che ha segnato una nuova prospettiva negli studi su Giovan Battista Salvi, detto Sassoferrato (1609-1685), pittore noto soprattutto per le tele, eseguite nel rispetto di un’altissima qualità, raffiguranti Madonne con o senza Bambino che gli valsero l’appellativo di Pictor Virginum. In questo contributo si indaga il tema dei rapporti tra Sassoferrato e l’incisione, affrontato da vari punti di vista. Il confronto tra le opere del Salvi con un buon numero di stampe derivate da altri maestri ha dimostrato come per questo artefice l’esercizio della copia andasse ben oltre ciò che si poteva fino ad oggi ritenere. Il ricorso alle incisioni come medium figurativo rispetto alle invenzioni di altri maestri precedenti ed anche coevi costituì infatti per Sassoferrato molto più di un atteggiamento occasionale, tanto da poter essere interpretato come un vero e proprio metodo di lavoro dal quale ogni tanto poter derogare. Il saggio ha inoltre evidenziato come la tardiva traduzione incisoria delle opere del Salvi, iniziata non prima della fine del XVIII secolo e perlopiù a scopo devozionale, vada posta in relazione con un’altrettanto tardiva fortuna critica rintracciabile, se si escludono gli accenni di Luigi Lanzi, solo nell’Ottocento.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2510987
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