Nel Codice Trivulziano, al f. 11v, si legge: «Tutte le potenzie spirituale quanto più s’allontanan dalla prima o seconda cagione, più occupano di sito e più diminuiscano di lor valitudine». Questo rapido appunto si trova accanto a un triangolo, al cui vertice c’è la scritta «lume» e dentro il quale è inscritto un cerchio, rappresentante un corpo denso sferico posto dentro il cono di luce, il quale è di conseguenza per metà illuminato e per metà in ombra. Il cono luminoso è quindi un esempio di «potenzia spirituale» che, quanto più si espande, tanto più diminuisce di forza. Il rapporto inverso tra forza di una potenza e distanza dal suo punto d’origine è perciò contestuale alla considerazione che lo spazio occupato dalla potenza va crescendo con il crescere della distanza. Quindi la potenza si espande conicamente, avendo al suo apice la sorgente e la base, continuamente spostata, essendo il fronte dell’espansione stessa. Questa raffigurazione della «potenzia spirituale» è una testimonianza precisa del nesso che per Leonardo fin dall’inizio sussiste tra luce e sfera delle potenze, anche se a questa altezza (il testo risale a ca. il 1487-8) niente autorizza a pensare che si sia in presenza di un generalizzazione del modello prospettico e del concetto di specie a tutta la filosofia naturale, cioè di un’idea di filosofia naturale poggiante sulla prospettiva. Mia intenzione è mostrare come tale generalizzazione si venga affermando lentamente, nel corso di diversi anni, a partire da un approccio che inizialmente è molto legato all’astrologia, alla magia naturale e a una serie di suggestioni provenienti dalla filosofia neoplatonica. È degno di nota il fatto che, nella seconda metà degli anni Ottanta, Leonardo affronta l’indagine della natura utilizzando due diversi paradigmi: quello percussivo dell’azione per contatto e quello spirituale dell’azione a distanza (come nel caso del magnete). L’assimilazione della tematica della actio per speciem – per cui la “specie” diventa il veicolo di ogni azione naturale – è segnalata dall’istituzione della coppia «similitudini delle forme»/«similitudini delle potenzie» in un gruppo di fogli del Codice Atlantico databili tutti al giro d’anni 1490-2 (729r-v, 372v, 380v), ed è un primo tentativo di portare quei due paradigmi su di un terreno unitario. Lo snodo decisivo in quella direzione è però segnato dall’appropriazione della problematica baconiana e grossatestiana della multiplicatio specierum, che giunge a Leonardo attraverso i manuali di Witelo e di Pecham, dai quali copia e con i quali polemizza, e che tiene presenti come un modo per tradurre la concezione di una natura disseminata di influenze reciproche, e percorsa da energie “spirituali” irriducibili alle coordinate di luogo e di tempo, nel linguaggio della perspectiva intesa come scienza matematica paradigmatica e perciò universale. Che questo progetto di traduzione del linguaggio magico in quello prospettico sia minato internamente da una contraddizione insanabile, è una conclusione che può essere tratta facilmente. Meno evidente è la problematicità di questo passaggio, il suo carattere aperto e la presenza, in esso, di temi, spunti, riflessioni che agli occhi di Leonardo non perderanno più la loro validità.

"Come calamita il ferro": Leonardo da Vinci dalla magia alla prospettiva (1487-1492)

FROSINI, FABIO
2013

Abstract

Nel Codice Trivulziano, al f. 11v, si legge: «Tutte le potenzie spirituale quanto più s’allontanan dalla prima o seconda cagione, più occupano di sito e più diminuiscano di lor valitudine». Questo rapido appunto si trova accanto a un triangolo, al cui vertice c’è la scritta «lume» e dentro il quale è inscritto un cerchio, rappresentante un corpo denso sferico posto dentro il cono di luce, il quale è di conseguenza per metà illuminato e per metà in ombra. Il cono luminoso è quindi un esempio di «potenzia spirituale» che, quanto più si espande, tanto più diminuisce di forza. Il rapporto inverso tra forza di una potenza e distanza dal suo punto d’origine è perciò contestuale alla considerazione che lo spazio occupato dalla potenza va crescendo con il crescere della distanza. Quindi la potenza si espande conicamente, avendo al suo apice la sorgente e la base, continuamente spostata, essendo il fronte dell’espansione stessa. Questa raffigurazione della «potenzia spirituale» è una testimonianza precisa del nesso che per Leonardo fin dall’inizio sussiste tra luce e sfera delle potenze, anche se a questa altezza (il testo risale a ca. il 1487-8) niente autorizza a pensare che si sia in presenza di un generalizzazione del modello prospettico e del concetto di specie a tutta la filosofia naturale, cioè di un’idea di filosofia naturale poggiante sulla prospettiva. Mia intenzione è mostrare come tale generalizzazione si venga affermando lentamente, nel corso di diversi anni, a partire da un approccio che inizialmente è molto legato all’astrologia, alla magia naturale e a una serie di suggestioni provenienti dalla filosofia neoplatonica. È degno di nota il fatto che, nella seconda metà degli anni Ottanta, Leonardo affronta l’indagine della natura utilizzando due diversi paradigmi: quello percussivo dell’azione per contatto e quello spirituale dell’azione a distanza (come nel caso del magnete). L’assimilazione della tematica della actio per speciem – per cui la “specie” diventa il veicolo di ogni azione naturale – è segnalata dall’istituzione della coppia «similitudini delle forme»/«similitudini delle potenzie» in un gruppo di fogli del Codice Atlantico databili tutti al giro d’anni 1490-2 (729r-v, 372v, 380v), ed è un primo tentativo di portare quei due paradigmi su di un terreno unitario. Lo snodo decisivo in quella direzione è però segnato dall’appropriazione della problematica baconiana e grossatestiana della multiplicatio specierum, che giunge a Leonardo attraverso i manuali di Witelo e di Pecham, dai quali copia e con i quali polemizza, e che tiene presenti come un modo per tradurre la concezione di una natura disseminata di influenze reciproche, e percorsa da energie “spirituali” irriducibili alle coordinate di luogo e di tempo, nel linguaggio della perspectiva intesa come scienza matematica paradigmatica e perciò universale. Che questo progetto di traduzione del linguaggio magico in quello prospettico sia minato internamente da una contraddizione insanabile, è una conclusione che può essere tratta facilmente. Meno evidente è la problematicità di questo passaggio, il suo carattere aperto e la presenza, in esso, di temi, spunti, riflessioni che agli occhi di Leonardo non perderanno più la loro validità.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2586780
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