Abstract Nel diritto romano gli oggetti furtivi erano esclusi dall’usucapione finché non avessero fatto rientro nella potestas del derubato, come esplicitamente stabilito dalla lex Atinia del II sec. a.C. I giuristi interpretarono la clausola nel senso di rientro nella potestas del dominus, anche qualora costui non fosse stato l’effettivo derubato del bene. Le fonti attestano di un ampio dibattito circa le modalità con cui la reversio si dovesse attuare, specialmente nell’ipotesi in cui a commettere il furto fosse stato lo stesso proprietario (ipotesi che, seguendo Gai. 3.200 e 3.204 viene comunemente indicata con l’espressione ‘furtum suae rei). La riflessione del giurista severiano Paolo assume estrema importanza al riguardo e sembra tentare l’avvio di una singolare linea interpretativa destinata, tuttavia, a non essere accolta acriticamente. Non è, ad ogni modo, un caso che un ampio dibattito sulla riconoscibilità del furto di cosa propria ancora oggi coinvolge la dottrina e la giurisprudenza; come parimenti significativo è che l’art. 624 c.p. configuri il furto come appropriazione di una cosa mobile ‘altrui’.

'Reversio in potestatem' delle res furtivae e 'furtum suae rei' nel pensiero del giurista Paolo

FRUNZIO, MARINA
2014

Abstract

Abstract Nel diritto romano gli oggetti furtivi erano esclusi dall’usucapione finché non avessero fatto rientro nella potestas del derubato, come esplicitamente stabilito dalla lex Atinia del II sec. a.C. I giuristi interpretarono la clausola nel senso di rientro nella potestas del dominus, anche qualora costui non fosse stato l’effettivo derubato del bene. Le fonti attestano di un ampio dibattito circa le modalità con cui la reversio si dovesse attuare, specialmente nell’ipotesi in cui a commettere il furto fosse stato lo stesso proprietario (ipotesi che, seguendo Gai. 3.200 e 3.204 viene comunemente indicata con l’espressione ‘furtum suae rei). La riflessione del giurista severiano Paolo assume estrema importanza al riguardo e sembra tentare l’avvio di una singolare linea interpretativa destinata, tuttavia, a non essere accolta acriticamente. Non è, ad ogni modo, un caso che un ampio dibattito sulla riconoscibilità del furto di cosa propria ancora oggi coinvolge la dottrina e la giurisprudenza; come parimenti significativo è che l’art. 624 c.p. configuri il furto come appropriazione di una cosa mobile ‘altrui’.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2605388
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