Il saggio analizza uno degli aspetti teorici e pratici più delicati che emergono dalla legge 12 giugno 1990, n. 146, modificata dalla legge 11 aprile 2000, n. 83, la quale disciplina l’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali. Tale aspetto riguarda la natura giuridica e la funzione degli accordi collettivi che la predetta legge chiama in causa al fine della individuazione delle prestazioni indispensabili che i lavoratori che esercitano il diritto di sciopero debbono comunque garantire ove l’astensione collettiva riguardi uno dei servizi pubblici qualificabile come essenziale ai sensi dell’articolo 1 della legge medesima, vale a dire nel quale venga in gioco uno dei diritti costituzionalmente tutelati della persona indicati in detta norma. Dopo aver ricostruito le questioni interpretative che, prima dell’emanazione della legge del 1990, si sono poste in ordine alla legittimità di una limitazione/regolazione del conflitto collettivo nei servizi essenziali in assenza di una disciplina eteronoma, il saggio ripercorre le principali tappe del dibattito dottrinale che, all’indomani dell’emanazione della legge, si è sviluppato sulla funzione dei predetti accordi nell’economia della legge medesima: funzione inquadrata dalla maggior parte degli interpreti come ricognitiva, specificativa o paradigmatica, laddove altri ne hanno invece accreditato una natura normativa. Di qui la proposta di ricostruire gli accordi sulle prestazioni indispensabili secondo un modello procedimentale, fondato su due elementi. Il primo elemento del procedimento consiste nell’accordo lato sensu negoziale tra gli enti erogatori dei servizi pubblici e le organizzazioni sindacali dei lavoratori addetti a tali servizi, il quale tuttavia, nonostante le analogie, non può essere inteso come un vero e proprio contratto collettivo anche in ragione del fatto che, diversamente dai tradizionali contratti collettivi, non disciplina materie ed interessi che sono nella disponibilità delle parti stipulanti, riguardando invece in ultima istanza la tutela di interessi di soggetti terzi rispetto alle parti in causa (gli utenti dei servizi pubblici) riconducibili ad un interesse generale. Il secondo elemento del procedimento è rappresentato dalla valutazione di idoneità dell’accordo effettuata dalla Commissione di garanzia dell’attuazione della legge, idoneità da intendersi in relazione al principio di contemperamento tra il godimento del diritto di sciopero e il godimento dei diritti costituzionalmente tutelati degli utenti dei servizi pubblici. Accreditata la tesi secondo cui l’accordo raggiunto dalle parti altro non è che un imprescindibile elemento del più articolato procedimento in parola, si giunge a sostenere che l’accordo acquisti piena rilevanza e una funzione normativa solo una volta che sia stato valutato idoneo dalla Commissione di garanzia, venendo solo allora ad identificarsi nell’atto tipico creato dal legislatore del 1990 per la disciplina delle prestazioni indispensabili, come tale dotato inevitabilmente di efficacia generale per tutti gli addetti al servizio pubblico in questione a prescindere dalla loro iscrizione o meno alle organizzazioni sindacali che abbiano concorso alla formazione di detti accordi. Più in particolare, il contenuto dell’accordo valutato idoneo riveste una particolare funzione integrativo-normativa rispetto all’obbligo posto direttamente dal legislatore di garantire le prestazioni indispensabili in caso di sciopero, in quanto, in un determinato ambito ed in un dato momento storico, identifica il preciso oggetto di tale obbligo, mettendo a fuoco l’esatto punto di contemperamento tra il diritto di sciopero ed i diritti della persona costituzionalmente tutelati. Viceversa, in caso di valutazione di inidoneità da parte della Commissione di garanzia, (ipotesi alla quale può equipararsi il mancato raggiungimento dell’accordo fra le parti), l’accordo raggiunto tra le parti sarà tamquam non esset come lucidamente rilevato anche in giurisprudenza. Nella parte finale del saggio ci si confronta criticamente con le tesi secondo cui anche gli accordi sulle prestazioni indispensabili evocati dalla legge n. 146 del 1990 dovrebbero ricondursi alla più ampia fattispecie dei rinvii operati della legge all’autonomia collettiva, contestandosi in particolare il presupposto secondo cui tali accordi sarebbero pur sempre finalizzati a tutelare l’interesse collettivo dei lavoratori, configurandosi come strumenti di composizione di interessi economico professionali contrapposti e quindi rientranti nell’area coperta dall’art. 39 Cost. A ciò si obietta che il contratto collettivo, anche quando è delegato dalla legge a svolgere determinate funzioni, resta pur sempre uno strumento di regolazione di un conflitto socio-economico del mercato e, in particolare, del mercato del lavoro nel quale emergono gli interessi di soggetti rappresentati o rappresentabili dalle organizzazioni che lo stipulano; viceversa, nel caso dello sciopero nei servizi essenziali, poiché gli interessi in gioco risultano esorbitanti rispetto al mercato del lavoro e non coincidono con quelli dei soggetti rappresentati dai soggetti che stipulano l’accordo sulle prestazioni indispensabili, quest’ultimo è finalizzato non già a regolare un conflitto socio-economico tra le parti stipulanti, bensì a fornire all’organo garante dell’attuazione della legge le necessarie indicazioni dell’adeguatezza sociale dei servizi minimi da garantire in caso di sciopero.

Gli accordi sulle prestazioni indispensabili nella disciplina dello sciopero nei servizi essenziali

PASCUCCI, PAOLO
2006

Abstract

Il saggio analizza uno degli aspetti teorici e pratici più delicati che emergono dalla legge 12 giugno 1990, n. 146, modificata dalla legge 11 aprile 2000, n. 83, la quale disciplina l’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali. Tale aspetto riguarda la natura giuridica e la funzione degli accordi collettivi che la predetta legge chiama in causa al fine della individuazione delle prestazioni indispensabili che i lavoratori che esercitano il diritto di sciopero debbono comunque garantire ove l’astensione collettiva riguardi uno dei servizi pubblici qualificabile come essenziale ai sensi dell’articolo 1 della legge medesima, vale a dire nel quale venga in gioco uno dei diritti costituzionalmente tutelati della persona indicati in detta norma. Dopo aver ricostruito le questioni interpretative che, prima dell’emanazione della legge del 1990, si sono poste in ordine alla legittimità di una limitazione/regolazione del conflitto collettivo nei servizi essenziali in assenza di una disciplina eteronoma, il saggio ripercorre le principali tappe del dibattito dottrinale che, all’indomani dell’emanazione della legge, si è sviluppato sulla funzione dei predetti accordi nell’economia della legge medesima: funzione inquadrata dalla maggior parte degli interpreti come ricognitiva, specificativa o paradigmatica, laddove altri ne hanno invece accreditato una natura normativa. Di qui la proposta di ricostruire gli accordi sulle prestazioni indispensabili secondo un modello procedimentale, fondato su due elementi. Il primo elemento del procedimento consiste nell’accordo lato sensu negoziale tra gli enti erogatori dei servizi pubblici e le organizzazioni sindacali dei lavoratori addetti a tali servizi, il quale tuttavia, nonostante le analogie, non può essere inteso come un vero e proprio contratto collettivo anche in ragione del fatto che, diversamente dai tradizionali contratti collettivi, non disciplina materie ed interessi che sono nella disponibilità delle parti stipulanti, riguardando invece in ultima istanza la tutela di interessi di soggetti terzi rispetto alle parti in causa (gli utenti dei servizi pubblici) riconducibili ad un interesse generale. Il secondo elemento del procedimento è rappresentato dalla valutazione di idoneità dell’accordo effettuata dalla Commissione di garanzia dell’attuazione della legge, idoneità da intendersi in relazione al principio di contemperamento tra il godimento del diritto di sciopero e il godimento dei diritti costituzionalmente tutelati degli utenti dei servizi pubblici. Accreditata la tesi secondo cui l’accordo raggiunto dalle parti altro non è che un imprescindibile elemento del più articolato procedimento in parola, si giunge a sostenere che l’accordo acquisti piena rilevanza e una funzione normativa solo una volta che sia stato valutato idoneo dalla Commissione di garanzia, venendo solo allora ad identificarsi nell’atto tipico creato dal legislatore del 1990 per la disciplina delle prestazioni indispensabili, come tale dotato inevitabilmente di efficacia generale per tutti gli addetti al servizio pubblico in questione a prescindere dalla loro iscrizione o meno alle organizzazioni sindacali che abbiano concorso alla formazione di detti accordi. Più in particolare, il contenuto dell’accordo valutato idoneo riveste una particolare funzione integrativo-normativa rispetto all’obbligo posto direttamente dal legislatore di garantire le prestazioni indispensabili in caso di sciopero, in quanto, in un determinato ambito ed in un dato momento storico, identifica il preciso oggetto di tale obbligo, mettendo a fuoco l’esatto punto di contemperamento tra il diritto di sciopero ed i diritti della persona costituzionalmente tutelati. Viceversa, in caso di valutazione di inidoneità da parte della Commissione di garanzia, (ipotesi alla quale può equipararsi il mancato raggiungimento dell’accordo fra le parti), l’accordo raggiunto tra le parti sarà tamquam non esset come lucidamente rilevato anche in giurisprudenza. Nella parte finale del saggio ci si confronta criticamente con le tesi secondo cui anche gli accordi sulle prestazioni indispensabili evocati dalla legge n. 146 del 1990 dovrebbero ricondursi alla più ampia fattispecie dei rinvii operati della legge all’autonomia collettiva, contestandosi in particolare il presupposto secondo cui tali accordi sarebbero pur sempre finalizzati a tutelare l’interesse collettivo dei lavoratori, configurandosi come strumenti di composizione di interessi economico professionali contrapposti e quindi rientranti nell’area coperta dall’art. 39 Cost. A ciò si obietta che il contratto collettivo, anche quando è delegato dalla legge a svolgere determinate funzioni, resta pur sempre uno strumento di regolazione di un conflitto socio-economico del mercato e, in particolare, del mercato del lavoro nel quale emergono gli interessi di soggetti rappresentati o rappresentabili dalle organizzazioni che lo stipulano; viceversa, nel caso dello sciopero nei servizi essenziali, poiché gli interessi in gioco risultano esorbitanti rispetto al mercato del lavoro e non coincidono con quelli dei soggetti rappresentati dai soggetti che stipulano l’accordo sulle prestazioni indispensabili, quest’ultimo è finalizzato non già a regolare un conflitto socio-economico tra le parti stipulanti, bensì a fornire all’organo garante dell’attuazione della legge le necessarie indicazioni dell’adeguatezza sociale dei servizi minimi da garantire in caso di sciopero.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/1889825
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