Il lavoro si incentra sull’analisi testuale di Gai 3,91, il passo gaiano relativo alle perplessità del giurista nell’inquadrare la solutio indebiti entro la nota bipartizione delle fonti dell’obbligazione, contratti e delitti. In particolare si prospetta l’ipotesi che il tratto finale del testo dove si precisano le motivazioni del dubbio nel fatto che il pagamento di indebito non è un contratto, sed haec species obligationis non videtur ex contractu consistere, quia is, qui solvendi animo dat, magis distrahere vult negotium quam contrahere (che è generalmente rapportato alla prima parte del testo sia da chi l’intende come preludio della tripartizione delle res cottidianae, sia da chi lo legge in funzione del significato romano di contrahere), debba piuttosto rapportarsi al caso particolare, riportato ad inciso fra la prima frase e l’ultima, circa il pagamento indebito fatto ad una donna o ad un pupillo in assenza del tutore. Relativamente a questo caso, inoltre, si potrebbe prospettare un contrasto dottrinale fra i quidam (unde quidam putant), favorevoli ad applicare la regola generale che esclude la responsabilità di donne e pupilli (non magis quam mutui datione), e lo stesso Gaio che invece vedrebbe anche nei loro confronti un obbligo di restituzione, appunto perché, al contrario del mutuo per il quale non si obbligano, non ci si trova qui di fronte ad un contratto.

Unde quidam putant (Gai. 3.91): non solo critica alla bipartizione, non solo traccia dell'evoluzione concettuale di contractus

GIOMARO, ANNA MARIA
2008

Abstract

Il lavoro si incentra sull’analisi testuale di Gai 3,91, il passo gaiano relativo alle perplessità del giurista nell’inquadrare la solutio indebiti entro la nota bipartizione delle fonti dell’obbligazione, contratti e delitti. In particolare si prospetta l’ipotesi che il tratto finale del testo dove si precisano le motivazioni del dubbio nel fatto che il pagamento di indebito non è un contratto, sed haec species obligationis non videtur ex contractu consistere, quia is, qui solvendi animo dat, magis distrahere vult negotium quam contrahere (che è generalmente rapportato alla prima parte del testo sia da chi l’intende come preludio della tripartizione delle res cottidianae, sia da chi lo legge in funzione del significato romano di contrahere), debba piuttosto rapportarsi al caso particolare, riportato ad inciso fra la prima frase e l’ultima, circa il pagamento indebito fatto ad una donna o ad un pupillo in assenza del tutore. Relativamente a questo caso, inoltre, si potrebbe prospettare un contrasto dottrinale fra i quidam (unde quidam putant), favorevoli ad applicare la regola generale che esclude la responsabilità di donne e pupilli (non magis quam mutui datione), e lo stesso Gaio che invece vedrebbe anche nei loro confronti un obbligo di restituzione, appunto perché, al contrario del mutuo per il quale non si obbligano, non ci si trova qui di fronte ad un contratto.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2300274
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