Il livello di istruzione è un fattore che è stato a lungo riconosciuto come influente per l’orientamento delle scelte riproduttive: in generale, più elevato è il titolo di studio, più tardiva è la scelta di maternità e inferiore il numero dei figli. Gran parte delle donne, infatti, prima di avere il primo figlio attende di aver conseguito il titolo più alto che pianificava di conseguire. E l'eventuale nascita prima del termine del percorso formativo è una delle cause più importanti di abbandono, ritardo e peggioramento della qualità degli esiti formativi Peraltro numerosi studi recenti evidenziano anche che le donne laureate non desiderano meno figli delle altre: anzi, alcuni individuano una correlazione positiva fra livello di istruzione e dimensione della famiglia ideale. Per queste donne c'è quindi un ampio divario fra aspettative e realtà. Nel caso italiano abbiamo ulteriori elementi di aggravamento di tale divario, dettati da ragioni culturali, sociali e istituzionali: • Dal punto di vista delle politiche, il sistema formativo e occupazionale italiano fornisce scarso supporto alla scelta di maternità e al suo perseguimento; fra le cause del “razionamento” delle nascite si contano infatti le seguenti: bassa spesa sociale per le famiglie e i giovani, scarsi servizi e necessità di ricorrere ad alternative di cura private, modesta presenza di part-time volontario, debole tutela del lavoro non standard . • Dal punto di vista socio-culturale, il caso italiano evidenzia una notevole rigidità dei ruoli di genere, con un'asimmetria nei compiti di cura familiare e gestione della casa senza pari in Europa. Date queste premesse, quali conclusioni possiamo trarre dai dati Almalaurea sulle laureate con e senza figli? Il quadro negativo sopra accennato trova numerose conferme. Per quanto riguarda i risultati nel mercato del lavoro delle laureate con e senza figli, a distanza di un anno si delineano due diversi profili. Le laureate non madri partecipano nella quasi totalità al mercato del lavoro, lavorano più spesso con contratti atipici prevalentemente nel settore privato, e solo una piccola percentuale di esse continua a svolgere il lavoro precedente alla laurea. Le laureate già madri mostrano di essere più occupate della media della laureate, ma più dei tre quinti continua a svolgere il lavoro che già conduceva prima, prevalentemente nel settore pubblico e con contratti di tipo stabile. A cinque anni dalla laurea aumenta in modo consistente la quota di laureate con figli e si modificano le caratteristiche del lavoro svolto, dal momento che col trascorrere del tempo dal conseguimento del titolo migliorano stabilità contrattuale e retribuzioni. Analizzando il campione di donne laureate con figli a cinque anni dalla laurea, che non ne avevano ad un anno, osserviamo che le laureate madri sono più spesso fuori dal mercato del lavoro e quando vi restano sfruttano maggiormente l’opportunità di lavori part-time. Tale divario si accentua ulteriormente se si considerano le donne che non lavoravano alla laurea: la nascita del figlio ha spinto le giovani madri a ridurre il proprio carico lavorativo. E’ evidente la difficoltà delle donne di conciliare in Italia maternità e lavoro, per la fragilità e l’inadeguatezza delle politiche familiari, come la scarsità di asili nido e di politiche atte a sostenere la fecondità. L'ambito lavorativo che meno ostacola una scelta di maternità è l'insegnamento, per gli orari di lavoro e il grado di tutela. Una parte consistente delle laureate madri è infatti costituita da insegnanti, con un'età superiore alla media, già occupate prima di conseguire il titolo. Per le laureate in altra situazione si evidenzia come la maternità produca un’accumulazione di svantaggi. Essere madri, infatti, peggiora i principali indicatori di inserimento lavorativo delle laureate – che già sono svantaggiate nel confronto coi maschi. La scelta procreativa è fonte di uscita di lunga durata dal mercato del lavoro per una quota consistente delle laureate con figli, specie nel Mezzogiorno; per quante invece resistono all'interno del mercato del lavoro nonostante la presenza di figli, si evidenzia un peggioramento dei principali indicatori di qualità del lavoro (come reddito, livello di responsabilità). Nell'insieme si evidenza una scelta penalizzante e un gioco a somma zero che porta una quota non trascurabile di donne ad una onerosa scelta fra rinuncia a sfruttare le competenze formative acquisite e compressione o rinuncia della scelta procreativa.

LAUREATE, LAVORO E FIGLI

MAGGIONI, GUIDO
2009

Abstract

Il livello di istruzione è un fattore che è stato a lungo riconosciuto come influente per l’orientamento delle scelte riproduttive: in generale, più elevato è il titolo di studio, più tardiva è la scelta di maternità e inferiore il numero dei figli. Gran parte delle donne, infatti, prima di avere il primo figlio attende di aver conseguito il titolo più alto che pianificava di conseguire. E l'eventuale nascita prima del termine del percorso formativo è una delle cause più importanti di abbandono, ritardo e peggioramento della qualità degli esiti formativi Peraltro numerosi studi recenti evidenziano anche che le donne laureate non desiderano meno figli delle altre: anzi, alcuni individuano una correlazione positiva fra livello di istruzione e dimensione della famiglia ideale. Per queste donne c'è quindi un ampio divario fra aspettative e realtà. Nel caso italiano abbiamo ulteriori elementi di aggravamento di tale divario, dettati da ragioni culturali, sociali e istituzionali: • Dal punto di vista delle politiche, il sistema formativo e occupazionale italiano fornisce scarso supporto alla scelta di maternità e al suo perseguimento; fra le cause del “razionamento” delle nascite si contano infatti le seguenti: bassa spesa sociale per le famiglie e i giovani, scarsi servizi e necessità di ricorrere ad alternative di cura private, modesta presenza di part-time volontario, debole tutela del lavoro non standard . • Dal punto di vista socio-culturale, il caso italiano evidenzia una notevole rigidità dei ruoli di genere, con un'asimmetria nei compiti di cura familiare e gestione della casa senza pari in Europa. Date queste premesse, quali conclusioni possiamo trarre dai dati Almalaurea sulle laureate con e senza figli? Il quadro negativo sopra accennato trova numerose conferme. Per quanto riguarda i risultati nel mercato del lavoro delle laureate con e senza figli, a distanza di un anno si delineano due diversi profili. Le laureate non madri partecipano nella quasi totalità al mercato del lavoro, lavorano più spesso con contratti atipici prevalentemente nel settore privato, e solo una piccola percentuale di esse continua a svolgere il lavoro precedente alla laurea. Le laureate già madri mostrano di essere più occupate della media della laureate, ma più dei tre quinti continua a svolgere il lavoro che già conduceva prima, prevalentemente nel settore pubblico e con contratti di tipo stabile. A cinque anni dalla laurea aumenta in modo consistente la quota di laureate con figli e si modificano le caratteristiche del lavoro svolto, dal momento che col trascorrere del tempo dal conseguimento del titolo migliorano stabilità contrattuale e retribuzioni. Analizzando il campione di donne laureate con figli a cinque anni dalla laurea, che non ne avevano ad un anno, osserviamo che le laureate madri sono più spesso fuori dal mercato del lavoro e quando vi restano sfruttano maggiormente l’opportunità di lavori part-time. Tale divario si accentua ulteriormente se si considerano le donne che non lavoravano alla laurea: la nascita del figlio ha spinto le giovani madri a ridurre il proprio carico lavorativo. E’ evidente la difficoltà delle donne di conciliare in Italia maternità e lavoro, per la fragilità e l’inadeguatezza delle politiche familiari, come la scarsità di asili nido e di politiche atte a sostenere la fecondità. L'ambito lavorativo che meno ostacola una scelta di maternità è l'insegnamento, per gli orari di lavoro e il grado di tutela. Una parte consistente delle laureate madri è infatti costituita da insegnanti, con un'età superiore alla media, già occupate prima di conseguire il titolo. Per le laureate in altra situazione si evidenzia come la maternità produca un’accumulazione di svantaggi. Essere madri, infatti, peggiora i principali indicatori di inserimento lavorativo delle laureate – che già sono svantaggiate nel confronto coi maschi. La scelta procreativa è fonte di uscita di lunga durata dal mercato del lavoro per una quota consistente delle laureate con figli, specie nel Mezzogiorno; per quante invece resistono all'interno del mercato del lavoro nonostante la presenza di figli, si evidenzia un peggioramento dei principali indicatori di qualità del lavoro (come reddito, livello di responsabilità). Nell'insieme si evidenza una scelta penalizzante e un gioco a somma zero che porta una quota non trascurabile di donne ad una onerosa scelta fra rinuncia a sfruttare le competenze formative acquisite e compressione o rinuncia della scelta procreativa.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2300313
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