Per molto tempo si è parlato della Cina come primario polo produttivo, come mercato potenziale, come futura potenza economica e tecnologica. Queste previsioni hanno spinto le imprese di tutto il mondo a riflettere sulla rilevanza di questo paese per le loro strategie di espansione e di crescita, se non di sopravvivenza. Alcune grandi imprese hanno avviato negli anni Ottanta e Novanta processi di investimento all’interno del contesto economico cinese, in alcuni casi basandosi su stime eccessivamente ottimistiche e pertanto incorrendo in costi e perdite elevate; altre imprese hanno invece atteso che la Cina realizzasse riforme economiche più profonde, auspicandone l’ingresso nella World Trade Organization in tempi rapidi e secondo modalità in grado di assicurare effettiva apertura e integrazione con l’esterno. Il Italia si è manifestato fino a tutti gli anni Novanta un atteggiamento particolarmente cauto e prudente se confrontato con altri paesi occidentali. Due sono state le prospettive seguite, entrambe caratterizzate da una lettura troppo legata alle dinamiche passate più che ai cambiamenti prospettati. La prima è che la Cina possa diventare un valido mercato di destinazione per i beni di consumo nazionali; la seconda riguarda la capacità delle imprese occidentali di continuare a fare innovazione e di difenderla, quale fattore in grado di assicurare un vantaggio stabile rispetto agli inseguitori cinesi. Oggi il quadro appare più chiaramente delineato. La Cina negli ultimi anni ha cominciato a concretizzare in modo inequivocabile le previsioni che la indicavano come nuovo protagonista del sistema economico mondiale. Sta emergendo in modo ormai evidente come le imprese cinesi siano, e sempre più saranno in futuro, in grado di affermare una leadership non solo sul mercato interno ma anche nei mercati internazionali, anche rispetto a produzioni qualificate e con capacità di affermazione di marca. I più recenti sviluppi stanno peraltro mettendo in evidenza un chiaro orientamento, in Cina, verso la ricerca di una leadership anche di innovazione, grazie al supporto di precise scelte di politica economica. Di fronte a tale evoluzione, le imprese internazionali hanno proceduto senza indugio a coinvolgere l’economia cinese nelle strategie e nei piani operativi in ambito produttivo, commerciale e in modo crescente tecnologico. Questo ha contribuito a rendere il paese un’area di primaria importanza non solo sul piano manifatturiero e industriale, ma anche nel processo di specializzazione e divisione del lavoro internazionale riguardante la produzione di conoscenza. Le imprese italiane si trovano quindi a un bivio, dovendo rispondere sia all’evoluzione economica, industriale e tecnologica delle imprese cinesi, sia alla rapidità, flessibilità e soprattutto al commitment di risorse manifestati dai concorrenti occidentali. Quello che serve, per guardare alla Cina anche come mercato, è una strada svincolata dagli schemi del passato e più legata a dinamiche di cambiamento che stanno modificando equilibri e ruoli nell’intero scenario dell’economia globalizzata. La via è quella dell’integrazione con il sistema economico e distributivo cinese, rinunciando ad alcune fasi della catena del valore a vantaggio della centralità nei processi di coordinamento aziendali e interaziendali, rispetto ai quali presidiare le aree strategiche (Musso et al., 2005). L’obiettivo non è solo l’inserimento nello scenario competitivo del mercato cinese ma, più ampiamente, in quello globale, in funzione del quale la presenza in Cina costituisce un presupposto ormai irrinunciabile per l’allocazione delle risorse e il conseguimento del vantaggio competitivo. Per giocare un ruolo di insider nella competizione in Cina e, attraverso questa, nell’intero contesto globale, le imprese devono muoversi lungo tre direttrici. In primo luogo occorre acquisire una maggiore capacità di gestione dei fattori culturali e sociali che influenzano i rapporti economici e le relazioni fra imprese all’interno del sistema economico cinese. È necessario infatti che le imprese, e in generale tutti gli operatori, abbiano la consapevolezza delle differenze culturali fra Cina e Italia e che sappiano adattare i comportamenti in funzione di tali diversità. In secondo luogo, è indispensabile avviare un processo di radicamento che coinvolga l’insieme delle attività della catena del valore, dagli approvvigionamenti alla distribuzione commerciale, includendo le fasi di progettazione e di ricerca e sviluppo. Le imprese che da tempo sono integrate nel mercato cinese stanno assumendo una configurazione organizzativa in cui il peso delle unità cinesi è divenuto ormai prevalente rispetto ad altre attività/filiali estere, e, in alcuni casi, anche rispetto a quelle localizzate nel paese d’origine. Infine, le imprese italiane devono acquisire una conoscenza esauriente degli strumenti di natura normativa e operativa che possano facilitare il processo di inserimento nel sistema economico cinese, in modo da riuscire a calibrare adeguate risorse organizzative e finanziarie per sostenere le iniziative da avviare e gestire in Cina. Questi aspetti rappresentano i fronti lungo cui un’impresa deve muoversi per costruire competenze, esperienze e relazioni, tali da consentire un’azione orientata attraverso una presenza che non può certamente essere né occasionale né “subita”, ma che deve rientrare a pieno titolo nelle scelte strategiche di lungo periodo.

La Cina come mercato: prospettive, vincoli, illusioni

MUSSO, FABIO
2009

Abstract

Per molto tempo si è parlato della Cina come primario polo produttivo, come mercato potenziale, come futura potenza economica e tecnologica. Queste previsioni hanno spinto le imprese di tutto il mondo a riflettere sulla rilevanza di questo paese per le loro strategie di espansione e di crescita, se non di sopravvivenza. Alcune grandi imprese hanno avviato negli anni Ottanta e Novanta processi di investimento all’interno del contesto economico cinese, in alcuni casi basandosi su stime eccessivamente ottimistiche e pertanto incorrendo in costi e perdite elevate; altre imprese hanno invece atteso che la Cina realizzasse riforme economiche più profonde, auspicandone l’ingresso nella World Trade Organization in tempi rapidi e secondo modalità in grado di assicurare effettiva apertura e integrazione con l’esterno. Il Italia si è manifestato fino a tutti gli anni Novanta un atteggiamento particolarmente cauto e prudente se confrontato con altri paesi occidentali. Due sono state le prospettive seguite, entrambe caratterizzate da una lettura troppo legata alle dinamiche passate più che ai cambiamenti prospettati. La prima è che la Cina possa diventare un valido mercato di destinazione per i beni di consumo nazionali; la seconda riguarda la capacità delle imprese occidentali di continuare a fare innovazione e di difenderla, quale fattore in grado di assicurare un vantaggio stabile rispetto agli inseguitori cinesi. Oggi il quadro appare più chiaramente delineato. La Cina negli ultimi anni ha cominciato a concretizzare in modo inequivocabile le previsioni che la indicavano come nuovo protagonista del sistema economico mondiale. Sta emergendo in modo ormai evidente come le imprese cinesi siano, e sempre più saranno in futuro, in grado di affermare una leadership non solo sul mercato interno ma anche nei mercati internazionali, anche rispetto a produzioni qualificate e con capacità di affermazione di marca. I più recenti sviluppi stanno peraltro mettendo in evidenza un chiaro orientamento, in Cina, verso la ricerca di una leadership anche di innovazione, grazie al supporto di precise scelte di politica economica. Di fronte a tale evoluzione, le imprese internazionali hanno proceduto senza indugio a coinvolgere l’economia cinese nelle strategie e nei piani operativi in ambito produttivo, commerciale e in modo crescente tecnologico. Questo ha contribuito a rendere il paese un’area di primaria importanza non solo sul piano manifatturiero e industriale, ma anche nel processo di specializzazione e divisione del lavoro internazionale riguardante la produzione di conoscenza. Le imprese italiane si trovano quindi a un bivio, dovendo rispondere sia all’evoluzione economica, industriale e tecnologica delle imprese cinesi, sia alla rapidità, flessibilità e soprattutto al commitment di risorse manifestati dai concorrenti occidentali. Quello che serve, per guardare alla Cina anche come mercato, è una strada svincolata dagli schemi del passato e più legata a dinamiche di cambiamento che stanno modificando equilibri e ruoli nell’intero scenario dell’economia globalizzata. La via è quella dell’integrazione con il sistema economico e distributivo cinese, rinunciando ad alcune fasi della catena del valore a vantaggio della centralità nei processi di coordinamento aziendali e interaziendali, rispetto ai quali presidiare le aree strategiche (Musso et al., 2005). L’obiettivo non è solo l’inserimento nello scenario competitivo del mercato cinese ma, più ampiamente, in quello globale, in funzione del quale la presenza in Cina costituisce un presupposto ormai irrinunciabile per l’allocazione delle risorse e il conseguimento del vantaggio competitivo. Per giocare un ruolo di insider nella competizione in Cina e, attraverso questa, nell’intero contesto globale, le imprese devono muoversi lungo tre direttrici. In primo luogo occorre acquisire una maggiore capacità di gestione dei fattori culturali e sociali che influenzano i rapporti economici e le relazioni fra imprese all’interno del sistema economico cinese. È necessario infatti che le imprese, e in generale tutti gli operatori, abbiano la consapevolezza delle differenze culturali fra Cina e Italia e che sappiano adattare i comportamenti in funzione di tali diversità. In secondo luogo, è indispensabile avviare un processo di radicamento che coinvolga l’insieme delle attività della catena del valore, dagli approvvigionamenti alla distribuzione commerciale, includendo le fasi di progettazione e di ricerca e sviluppo. Le imprese che da tempo sono integrate nel mercato cinese stanno assumendo una configurazione organizzativa in cui il peso delle unità cinesi è divenuto ormai prevalente rispetto ad altre attività/filiali estere, e, in alcuni casi, anche rispetto a quelle localizzate nel paese d’origine. Infine, le imprese italiane devono acquisire una conoscenza esauriente degli strumenti di natura normativa e operativa che possano facilitare il processo di inserimento nel sistema economico cinese, in modo da riuscire a calibrare adeguate risorse organizzative e finanziarie per sostenere le iniziative da avviare e gestire in Cina. Questi aspetti rappresentano i fronti lungo cui un’impresa deve muoversi per costruire competenze, esperienze e relazioni, tali da consentire un’azione orientata attraverso una presenza che non può certamente essere né occasionale né “subita”, ma che deve rientrare a pieno titolo nelle scelte strategiche di lungo periodo.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2300357
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