Il saggio mette a confronto tre riscritture da parte di Chateaubriand di uno stesso brano (la descrizione di una notte al chiaro di luna nella foresta americana) che compaiono nell’Essai sur les révolutions del 1797, nel Génie du christianisme del 1803, e nei postumi Mémoires d’Outre-Tombe. Come si avverte all’inizio, questo confronto è già stato fatto, in vari lavori che cronologicamente vanno da quello di Antoine Albalat del 1903 a quello di Gérard Genette del 1982; sempre però su base stilistica, presumendo che il fine delle riscritture sia stato il perfezionamento estetico del testo. Il saggio si propone invece di mostrare come la maggior parte delle varianti tra i brani in esame siano motivate dalla necessità di adattare ogni volta il testo al contesto significativo delle differenti opere in cui si trova inserito. Lo scopo dell’ultimo capitolo dell’Essai sur les révolutions, composto durante l’esilio londinese, è fornire un contrappeso positivo al pessimismo antisociale dell’opera, evocando una possibilità di reintegro delle vittime della rivoluzione in una comunità vivibile: quella rousseauianamente offerta dalla natura e dai suoi abitanti, gli indiani. Per questo, il paesaggio è descritto come accogliente e protettivo, e il protagonista può abbandonarsi al suo interno come in un rifugio e un sostituto materno. Nel Génie la medesima descrizione è finalizzata alla scoperta del divino nella natura: il protagonista non si pone più al centro del paesaggio, ma adotta un punto di vista esterno ed elevato, e la meditazione prende il posto dell’ipnotico abbandono. Nei Mémoires infine, il brano, molto accorciato, non conserva delle precedenti versioni che le notazioni di movimento nello spazio: l’ascensione della luna in cielo, il suo incontro con il vento e le nuvole, i rumori lontani che sorgono e svaniscono. Una tale presentazione è coerente con la struttura dei Mémoires, opera che sistematicamente mescola e sovrappone tempi e luoghi, permettendo all’io autobiografico un euforico, anche se fragile dominio sul tempo passato e sui traumi della Storia.

Retour sur les réécritures de la Nuit chez les sauvages

TOFFANO, PIERO
2010

Abstract

Il saggio mette a confronto tre riscritture da parte di Chateaubriand di uno stesso brano (la descrizione di una notte al chiaro di luna nella foresta americana) che compaiono nell’Essai sur les révolutions del 1797, nel Génie du christianisme del 1803, e nei postumi Mémoires d’Outre-Tombe. Come si avverte all’inizio, questo confronto è già stato fatto, in vari lavori che cronologicamente vanno da quello di Antoine Albalat del 1903 a quello di Gérard Genette del 1982; sempre però su base stilistica, presumendo che il fine delle riscritture sia stato il perfezionamento estetico del testo. Il saggio si propone invece di mostrare come la maggior parte delle varianti tra i brani in esame siano motivate dalla necessità di adattare ogni volta il testo al contesto significativo delle differenti opere in cui si trova inserito. Lo scopo dell’ultimo capitolo dell’Essai sur les révolutions, composto durante l’esilio londinese, è fornire un contrappeso positivo al pessimismo antisociale dell’opera, evocando una possibilità di reintegro delle vittime della rivoluzione in una comunità vivibile: quella rousseauianamente offerta dalla natura e dai suoi abitanti, gli indiani. Per questo, il paesaggio è descritto come accogliente e protettivo, e il protagonista può abbandonarsi al suo interno come in un rifugio e un sostituto materno. Nel Génie la medesima descrizione è finalizzata alla scoperta del divino nella natura: il protagonista non si pone più al centro del paesaggio, ma adotta un punto di vista esterno ed elevato, e la meditazione prende il posto dell’ipnotico abbandono. Nei Mémoires infine, il brano, molto accorciato, non conserva delle precedenti versioni che le notazioni di movimento nello spazio: l’ascensione della luna in cielo, il suo incontro con il vento e le nuvole, i rumori lontani che sorgono e svaniscono. Una tale presentazione è coerente con la struttura dei Mémoires, opera che sistematicamente mescola e sovrappone tempi e luoghi, permettendo all’io autobiografico un euforico, anche se fragile dominio sul tempo passato e sui traumi della Storia.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2503378
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