Il lavoro è pubblicato nel volume Antonelli G., Bischi G.I., Viganò E. (2005) (a cura di), La sostenibilità nel settore della pesca. Modelli, politiche, esperienze in un’area del litorale romagnolo-marchigiano, Milano, FrancoAngeli, che presenta alcuni risultati di una ricerca svolta nell'ambito della Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo", afferente al progetto di ricerca “Le interazioni tra settore ittico e ambiente: modelli di sviluppo sostenibile e impatto delle politiche di settore. Situazione e prospettive con riferimento alle attività in un’area del litorale romagnolo-marchigiano”, finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali – Direzione Generale della Pesca e dell’Acquacoltura. Tale volume è articolato in tre parti relative: all'analisi del concetto di sostenibilità (cap. 1 ) e allo studio dei modelli teorici, per lo studio dello sfruttamento sostenibile dei sistemi marini (cap. 2); all'esame dei provvedimenti normativi, adottati a livello europeo (cap. 3) e a livello nazionale (cap. 4); alla realizzazione di un'indagine empirica finalizzata a delineare le caratteristiche produttive e organizzative che qualificano il sistema pesca nell'area oggetto d'indagine (cap. 5) e a valutare la percezione della sostenibilità della pesca da parte dei diversi operatori del settore (cap. 6). Il capitolo 4 (dal titolo “La politica nazionale della pesca”) fornisce un’analisi critica del quadro legislativo per il settore della pesca e ha l’obiettivo di verificare il contributo dei diversi provvedimenti (normativi ed economico-finanziari), emanati a livello nazionale e regionale, alla promozione di uno sfruttamento sostenibile delle risorse ittiche. Il lavoro ha evidenziato come, fino agli anni ‘80, la politica per la pesca nazionale abbia affrontato prevalentemente le problematiche relative alla definizione delle diverse tipologie di pesca, alla tutela delle risorse marine, alla soluzione di problemi specifici del settore ittico nazionale (credito, disciplina della pesca marittima, attività di studio e ricerca, attuazione dei provvedimenti comunitari di tipo strutturale) e a questioni di tipo organizzativo, quali, ad esempio, l’associazionismo. Le novità introdotte negli anni successivi riguardano l’introduzione della programmazione settoriale e, soprattutto, la sostituzione dell’obiettivo d'incremento della produzione ittica con quello della conservazione e della gestione razionale delle risorse marine, recependo le indicazioni fornite a livello internazionale e, in particolare, dalla politica comune della pesca. Le misure proposte dai diversi Piani triennali, approvati nel corso degli anni (dei quali sono stati analizzati gli obiettivi -orizzontali e per particolari segmenti produttivi- e le azioni, l’articolazione e la ripartizione dei finanziamenti) sono finalizzate ad aumentare il grado di approvvigionamento interno (mediante lo sviluppo delle attività di acquacoltura e maricoltura, il sostegno alle imprese di conservazione, trasformazione e commercializzazione, la diversificazione della domanda), a potenziare le attività di R&S e la cooperazione, ad armonizzare la capacità riproduttiva e lo sfruttamento delle risorse ittiche, soprattutto attraverso il controllo dello sforzo di pesca. Altri provvedimenti significativi per la sostenibilità ambientale della pesca sono quelli relativi a: i sistemi di pesca, le limitazioni alla pesca di particolari specie, il rilascio delle licenze, il fermo pesca e il fermo biologico, l’istituzione di zone di tutela biologica, la gestione delle emergenze ambientali e le attività di pescaturismo. Infine, vengono analizzate le principali questioni connesse con il riordino delle competenze regionali e statali in materia di agricoltura e foreste per costruire un collegamento sempre più diretto tra operatori del settore e autorità pubbliche locali (mediante una politica di decentramento amministrativo verso le regioni, la realizzazione di un forte coinvolgimento delle organizzazioni di categoria e lo scambio di informazioni tra i diversi livelli amministrativi e tra i diversi stakeholders) e, allo stesso tempo, mantenere, per le amministrazioni centrali, il ruolo di indirizzo e controllo, in un contesto di crescente coordinamento con istituzioni come la FAO, l'OCSE, l'ONU e con i Paesi dell'Unione Europea e del Mediterraneo, data l'impossibilità di gestire la sostenibilità delle risorse ittiche entro rigidi confini territoriali. Nella formulazione dei principi e dei contenuti degli schemi di regolamentazione nazionali, appare evidente il progressivo consolidarsi di un approccio sistemico e multidimensionale. Il modello di riferimento proposto dai provvedimenti più recenti prevede, infatti, l'attivazione di un processo di sviluppo centrato su una sostenibilità ambientale (tutela della biodiversità e degli ecosistemi marini e gestione delle esternalità negative connesse alle attività antropiche) e socio-economica (mantenimento del reddito e dell'occupazione per gli addetti espulsi dal settore per i programmi di riduzione della flotta o di fermo pesca, attraverso il potenziamento di attività produttive che non determinino un consumo delle risorse ittiche, e soddisfacimento del fabbisogno alimentare), da promuovere attraverso il coinvolgimento e la partecipazione dei diversi soggetti interessati. Si tratta, tuttavia, di un processo caratterizzato da una estrema complessità, anche per la difficoltà di costruire una base scientifica adeguata, per la presenza di un lag temporale tra cause, generazione dei problemi ambientali e definizione delle misure da attivare per la loro soluzione e per la coesistenza di più enti di governo (a livello comunitario, nazionale e regionale), tra i quali non esiste sempre il giusto grado di delimitazione delle competenze e di coordinamento/cooperazione.

LA POLITICA NAZIONALE DELLA PESCA

VIGANO', ELENA
2005

Abstract

Il lavoro è pubblicato nel volume Antonelli G., Bischi G.I., Viganò E. (2005) (a cura di), La sostenibilità nel settore della pesca. Modelli, politiche, esperienze in un’area del litorale romagnolo-marchigiano, Milano, FrancoAngeli, che presenta alcuni risultati di una ricerca svolta nell'ambito della Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo", afferente al progetto di ricerca “Le interazioni tra settore ittico e ambiente: modelli di sviluppo sostenibile e impatto delle politiche di settore. Situazione e prospettive con riferimento alle attività in un’area del litorale romagnolo-marchigiano”, finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali – Direzione Generale della Pesca e dell’Acquacoltura. Tale volume è articolato in tre parti relative: all'analisi del concetto di sostenibilità (cap. 1 ) e allo studio dei modelli teorici, per lo studio dello sfruttamento sostenibile dei sistemi marini (cap. 2); all'esame dei provvedimenti normativi, adottati a livello europeo (cap. 3) e a livello nazionale (cap. 4); alla realizzazione di un'indagine empirica finalizzata a delineare le caratteristiche produttive e organizzative che qualificano il sistema pesca nell'area oggetto d'indagine (cap. 5) e a valutare la percezione della sostenibilità della pesca da parte dei diversi operatori del settore (cap. 6). Il capitolo 4 (dal titolo “La politica nazionale della pesca”) fornisce un’analisi critica del quadro legislativo per il settore della pesca e ha l’obiettivo di verificare il contributo dei diversi provvedimenti (normativi ed economico-finanziari), emanati a livello nazionale e regionale, alla promozione di uno sfruttamento sostenibile delle risorse ittiche. Il lavoro ha evidenziato come, fino agli anni ‘80, la politica per la pesca nazionale abbia affrontato prevalentemente le problematiche relative alla definizione delle diverse tipologie di pesca, alla tutela delle risorse marine, alla soluzione di problemi specifici del settore ittico nazionale (credito, disciplina della pesca marittima, attività di studio e ricerca, attuazione dei provvedimenti comunitari di tipo strutturale) e a questioni di tipo organizzativo, quali, ad esempio, l’associazionismo. Le novità introdotte negli anni successivi riguardano l’introduzione della programmazione settoriale e, soprattutto, la sostituzione dell’obiettivo d'incremento della produzione ittica con quello della conservazione e della gestione razionale delle risorse marine, recependo le indicazioni fornite a livello internazionale e, in particolare, dalla politica comune della pesca. Le misure proposte dai diversi Piani triennali, approvati nel corso degli anni (dei quali sono stati analizzati gli obiettivi -orizzontali e per particolari segmenti produttivi- e le azioni, l’articolazione e la ripartizione dei finanziamenti) sono finalizzate ad aumentare il grado di approvvigionamento interno (mediante lo sviluppo delle attività di acquacoltura e maricoltura, il sostegno alle imprese di conservazione, trasformazione e commercializzazione, la diversificazione della domanda), a potenziare le attività di R&S e la cooperazione, ad armonizzare la capacità riproduttiva e lo sfruttamento delle risorse ittiche, soprattutto attraverso il controllo dello sforzo di pesca. Altri provvedimenti significativi per la sostenibilità ambientale della pesca sono quelli relativi a: i sistemi di pesca, le limitazioni alla pesca di particolari specie, il rilascio delle licenze, il fermo pesca e il fermo biologico, l’istituzione di zone di tutela biologica, la gestione delle emergenze ambientali e le attività di pescaturismo. Infine, vengono analizzate le principali questioni connesse con il riordino delle competenze regionali e statali in materia di agricoltura e foreste per costruire un collegamento sempre più diretto tra operatori del settore e autorità pubbliche locali (mediante una politica di decentramento amministrativo verso le regioni, la realizzazione di un forte coinvolgimento delle organizzazioni di categoria e lo scambio di informazioni tra i diversi livelli amministrativi e tra i diversi stakeholders) e, allo stesso tempo, mantenere, per le amministrazioni centrali, il ruolo di indirizzo e controllo, in un contesto di crescente coordinamento con istituzioni come la FAO, l'OCSE, l'ONU e con i Paesi dell'Unione Europea e del Mediterraneo, data l'impossibilità di gestire la sostenibilità delle risorse ittiche entro rigidi confini territoriali. Nella formulazione dei principi e dei contenuti degli schemi di regolamentazione nazionali, appare evidente il progressivo consolidarsi di un approccio sistemico e multidimensionale. Il modello di riferimento proposto dai provvedimenti più recenti prevede, infatti, l'attivazione di un processo di sviluppo centrato su una sostenibilità ambientale (tutela della biodiversità e degli ecosistemi marini e gestione delle esternalità negative connesse alle attività antropiche) e socio-economica (mantenimento del reddito e dell'occupazione per gli addetti espulsi dal settore per i programmi di riduzione della flotta o di fermo pesca, attraverso il potenziamento di attività produttive che non determinino un consumo delle risorse ittiche, e soddisfacimento del fabbisogno alimentare), da promuovere attraverso il coinvolgimento e la partecipazione dei diversi soggetti interessati. Si tratta, tuttavia, di un processo caratterizzato da una estrema complessità, anche per la difficoltà di costruire una base scientifica adeguata, per la presenza di un lag temporale tra cause, generazione dei problemi ambientali e definizione delle misure da attivare per la loro soluzione e per la coesistenza di più enti di governo (a livello comunitario, nazionale e regionale), tra i quali non esiste sempre il giusto grado di delimitazione delle competenze e di coordinamento/cooperazione.
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