Accade frequentemente nella pratica degli affari che una data operazione economica, che per sua natura potrebbe essere realizzata mediante un unico negozio, venga “frazionata” in una pluralità di atti o contratti. Il dato che, prima facie, contraddistingue il fenomeno sta nel vincolo che lega una pluralità di contratti, a contenuto identico o eterogeneo, al contratto originario, da cui derivano. Tale relazione suscita rilevanti problemi circa la disciplina applicabile ai singoli contratti, e in ordine ai controlli di contenuto, in rapporto alla validità ed efficacia del frazionamento. Il frazionamento contrattuale si è posto all’attenzione degli studiosi attraverso alcune norme, per lo più di derivazione comunitaria, ove si regolano casi di frazionamento di contratti del consumatore del rapporto di lavoro, o di operazioni aventi ad oggetto titoli di massa [art. 144, co. 4. d.P.R. 1 settembre 1993, n. 385; art. 46, co. 2, d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206; art. 5 d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368; art. 3, co. 2, d.P.R. 20 agosto 2001, n. 384; artt. 107, co. 1 e 3, lett. a), e 109, co. 2, T.U.F.]. Si tratta di un fenomeno che tende ad assumere, nel moderno diritto del mercato, una significativa rilevanza, soprattutto ove si consideri che il legislatore, accanto alle ricordate figure di frazionamento, ha previsto e regolato, nella recente legislazione speciale, numerose ipotesi di collegamento contrattuale, mostrando così di voler porre tra le due categorie contrattuali una chiara differenza. Attenta dottrina ha per prima in Italia individuato il fenomeno in esame (DE NOVA, Frazionamento e aggregazione nei contratti alla luce del diritto comunitario, in Contr., 1995, p. 106 ss.; E. GABRIELLI, Il contratto e l’operazione economica, in Riv. dir. civ., 2003, I, p. 112 ss.), aprendo il dibattito di sicuro interesse. Lo studio, che per primo affronta in modo sistematico lo studio del frazionamento del rapporto giuridico, trae spunto da talune fattispecie di frazionamento di contratti, tipizzate dal legislatore recependo la fonte comunitaria. Una prima ipotesi riguarda la categoria dei contratti di credito al consumo (art. 144, co. 4, del T.U.B.). La norma dispone che la disciplina di tutela del consumatore, si debba ritenere elusa, nel caso in cui un unico contratto venga artificiosamente frazionato in una molteplicità di contratti, conclusi fra le stesse parti, il cui ammontare, pur essendo inferiore, singolarmente considerato, alla soglia di applicabilità della normativa di tutela, valutato complessivamente la superi. Nella stessa area problematica confluisce anche la fattispecie prevista ora dall’art. art. 46, co. 2, d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (già art. 3 d.lgs. 15 gennaio 1992, n. 50) in tema di contratti di scambio di beni e servizi conclusi fuori dai locali commerciali. In deroga alla disposizione che esclude dall’ambito di applicazione della legge i contratti di importo superiore a euro ventisei, si prevede che la normativa si applichi ove vi siano una serie di contratti che, pur se aventi ad oggetto prestazioni diverse, siano conclusi contestualmente dai medesimi soggetti, e il cui importo complessivo faccia rientrare l’operazione nell’ambito oggettivo di applicabilità della legge. Vengono così enucleati una serie di elementi qualificativi della fattispecie di frazionamento elusivo, dalla cui ricorrenza si fa discendere l’applicabilità della disciplina di tutela. Anche nelle altre ipotesi di frazionamento illecito tipizzate dal legislatore (art. 5 d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368; art. 3, co. 2, d.P.R. 20 agosto 2001, n. 384; artt. 107, co. 1 e 3, lett. a), e 109, co. 2, T.U.F.), si vuole impedire, allo stesso modo, che l’imprenditore, per sottrarsi agli obblighi previsti dalla particolare disciplina, proceda al frazionamento del contratto in una molteplicità di atti (rapporti) distinti che singolarmente considerati sfuggono alle maglie della normativa di tutela prevista dalla legge. Le fattispecie esaminate segnalano l’emersione sul piano normativo di una categoria negoziale non ancora compiutamente indagata, anche se non sconosciuta al diritto dei contratti, ponendo una serie di interrogativi, sintetizzabili nel problema della ricerca del suo fondamento all’interno della disciplina generale del contratto. La rassegna di fattispecie di “frazionamento negoziale” operata nei capitoli introduttivi del volume ha messo in risalto come il problema centrale stia nel valutare la ragione giustificativa della suddivisione dell’operazione in una molteplicità di frazioni. Ove il frazionamento si inserisca nel piano programmatorio che i contraenti disegnano dell’operazione economica, esso deve divenire oggetto di una valutazione di ammissibilità dell’atto negoziale da parte dell’ordinamento giuridico, secondo i principi ed i limiti comuni preposti ai controlli del contenuto del contratto. Il problema di valutare se la funzione dell’operazione di frazionamento sia o meno lecita dipende da una valutazione di conformità alla legge, che pur potendo intersecarsi con quella sulla divisibilità dell’oggetto della prestazione, può anche prescinderne. Pare evidente infatti che, mentre con quest’ultima si regola la possibilità di frazionamento di beni e/o di obbligazioni in rapporto all’oggetto del rapporto giuridico, il frazionamento come tecnica negoziale impone un controllo di meritevolezza, in rapporto al contenuto dell’operazione. L’aver collocato il frazionamento all’interno della tematica della libertà contrattuale conduce ad una verifica sistematica, che attinge, nella teorica del negozio, alla distinzione fra causa motivi e intento, e si esplica – nella formulazione del principio di infrazionabilità funzionale del tipo legale (qui il contratto frazionato) – mediante l’analisi distintiva rispetto alla tecnica speculare del collegamento negoziale. Nel collegamento, accertata la interdipendenza funzionale fra i distinti negozi, si tratta di individuare contenuto e limiti della relazione funzionale di collegamento, e cioé dell’intento ulteriore che li accomuna, e che comporta una modifica, non essenziale, del loro contenuto tipico. Nel frazionamento i singoli negozi svolgono una funzione ulteriore rispetto a quella loro tipica, solo nel caso in cui l’operazione sia finalizzata a realizzare una finalità illecita. Ove, invece, sempre a seguito di una ricostruzione unitaria della fattispecie sotto il profilo funzionale, si accerti che il frazionamento è fondato su una giustificazione causale meritevole di tutela, allora la relazione fra i diversi contratti, parimenti autonomi e distinti, si esaurirà nella fase genetica, e cioè al momento del loro frazionamento. A questa stregua, ove ricorra un’operazione di frazionamento di contratti non si dà alternativa: fra l’ipotesi in cui la scomposizione della fattispecie contrattuale risponde ad una finalità lecita, - ed in tal caso la funzione svolta dai singoli frammenti assolverà, pro quota, a quella che avrebbe svolto l’intera operazione, ed i singoli negozi avranno una perfetta autonomia funzionale, riducendosi la loro relazione al mero momento genetico -; e l’ipotesi in cui il frazionamento sia contrario (o elusivo) di una regola o di un principio (propri del contratto frazionato), caso in cui l’operazione dovrà essere ricostruita – per quanto di ragione - in una dimensione funzionale (e strutturale unitaria) che dia conto e neutralizzi l’intento, o scopo (mediato), “ulteriore”, con le conseguenze che ne discendono, in primis, sulla disciplina applicabile (alla fattispecie complessa). Modulando a questa stregua gli effetti in ragione, appunto, del diverso spessore illecito dell’intento ulteriore, fino all’ipotesi limite in cui esso contamini a tal punto la funzione causale da rendere l’intera operazione retta da una causa illecita, e per l’effetto radicalmente nulla. Dal piano di osservazione dei contratti frazionati, tanto significa che essi mantengono la propria autonomia funzionale, fintanto e nei limiti in cui il frazionamento del contratto originario da cui derivano non sia o finalizzato a violarne, o eluderne, la disciplina. Il controllo di meritevolezza conduce, in tal modo, a due risultati: da un lato, in ragione del giudizio funzionale, accertare la struttura unitaria o plurima della fattispecie e, dall’altro, e conseguentemente, individuare la disciplina applicabile all’operazione. Il frazionamento contrattuale rifluisce, in tal modo, nella tematica della libertà contrattuale, ed in specie di quella sua forma espressiva consistente nel definire il contenuto dell’operazione economica, mediante la determinazione del contenuto di una pluralità di negozi. In tal senso, i risultati raggiunti conducono ad una ulteriore verifica sistematica, che si esplica nell’analisi distintiva rispetto alla diversa ma, speculare, tecnica negoziale del collegamento contrattuale. A tutta prima, la differenza fondamentale viene rintracciata nel fatto che, se mediante il frazionamento si opera una scomposizione di un negozio che, per sua natura, o in ragione di un determinato interesse tutelato dall’ordinamento, avrebbe, di norma, una configurazione unitaria, con il collegamento, al contrario, si pongono in relazione entità negoziali che, di per sé, attengono ad un diverso schema tipico. Se netta è la distinzione in linea teorica, più difficile ne è l’accertamento sul piano pratico, posto che in entrambi i casi medesimo è il dato di partenza: la presenza nell’operazione economica di una pluralità di contratti, le cui parti possono anche non coincidere. Trovandosi di fronte ad una operazione a struttura complessa, l’interprete deve analizzare la fattispecie, in primo luogo per valutare se, ed in che limiti, esista una relazione funzionale fra i diversi negozi, e se essa sia ammissibile in relazione ai limiti posti dalla legge. Tale indagine conduce, evidentemente, a risultati diversi, a seconda che vi sia un frazionamento o un collegamento: nel collegamento, accertata la interdipendenza funzionale fra i distinti negozi, si tratta di individuare contenuto e limiti della relazione di collegamento, e cioé dell’intento (o scopo mediato) “ulteriore” che li accomuna, e che comporta una modifica, non essenziale, del loro contenuto tipico. Nel frazionamento i singoli negozi svolgono una funzione ulteriore, rispetto a quella loro tipica, - misurabile nella “differenza” tra causa concreta e “intento ulteriore” - che rileva solo nel caso in cui l’operazione di frazionamento sia finalizzata a realizzare una finalità illecita. Ove, invece, sempre a seguito di una ricostruzione unitaria della fattispecie sotto il profilo funzionale, si accerti che il frazionamento è fondato su una giustificazione causale meritevole di tutela, allora la relazione fra i diversi contratti, parimenti autonomi e distinti, si esaurirà nella fase genetica, e cioè al momento del loro frazionamento. Ed allora, ove ricorra un’operazione di frazionamento di contratti non si dà alternativa fra l’ipotesi in cui la scomposizione della fattispecie contrattuale risponde ad una finalità lecita, - ed in tal caso la funzione svolta dai singoli frammenti assolverà, pro quota, a quella che avrebbe svolto l’intera operazione, ed i singoli negozi avranno una perfetta autonomia funzionale, riducendosi la loro relazione al mero momento genetico -; e l’ipotesi in cui il frazionamento sia contrario (o elusivo) di una regola o di un principio posti dall’ordinamento, caso in cui la fattispecie dovrà essere ricostruita – per quanto di ragione - in una dimensione funzionale (e strutturale) unitaria, poiché, essendo la causa del frazionamento illecita, verrà meno la (apparente) autonomia funzionale dei singoli contratti, che sono in concreto volti a violare, o eludere, l’interesse che, invece, verrebbe salvaguardato dall’operazione unitariamente considerata. Il controllo di meritevolezza conduce, dunque, a due risultati: da un lato, nei limiti del giudizio funzionale, accertare la struttura unitaria o plurima della fattispecie e, dall’altro, e conseguentemente, individuare la disciplina applicabile all’operazione. Operazione che deve ritenersi unitaria o plurima, a seconda che tra i distinti negozi esista una relazione funzionale, (in ipotesi) lecita nel collegamento, illecita nel frazionamento, diversa ed ulteriore rispetto al rispettivo schema tipico.

voce Frazionamento contrattuale

AZZARO, ANDREA MARIA
2007

Abstract

Accade frequentemente nella pratica degli affari che una data operazione economica, che per sua natura potrebbe essere realizzata mediante un unico negozio, venga “frazionata” in una pluralità di atti o contratti. Il dato che, prima facie, contraddistingue il fenomeno sta nel vincolo che lega una pluralità di contratti, a contenuto identico o eterogeneo, al contratto originario, da cui derivano. Tale relazione suscita rilevanti problemi circa la disciplina applicabile ai singoli contratti, e in ordine ai controlli di contenuto, in rapporto alla validità ed efficacia del frazionamento. Il frazionamento contrattuale si è posto all’attenzione degli studiosi attraverso alcune norme, per lo più di derivazione comunitaria, ove si regolano casi di frazionamento di contratti del consumatore del rapporto di lavoro, o di operazioni aventi ad oggetto titoli di massa [art. 144, co. 4. d.P.R. 1 settembre 1993, n. 385; art. 46, co. 2, d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206; art. 5 d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368; art. 3, co. 2, d.P.R. 20 agosto 2001, n. 384; artt. 107, co. 1 e 3, lett. a), e 109, co. 2, T.U.F.]. Si tratta di un fenomeno che tende ad assumere, nel moderno diritto del mercato, una significativa rilevanza, soprattutto ove si consideri che il legislatore, accanto alle ricordate figure di frazionamento, ha previsto e regolato, nella recente legislazione speciale, numerose ipotesi di collegamento contrattuale, mostrando così di voler porre tra le due categorie contrattuali una chiara differenza. Attenta dottrina ha per prima in Italia individuato il fenomeno in esame (DE NOVA, Frazionamento e aggregazione nei contratti alla luce del diritto comunitario, in Contr., 1995, p. 106 ss.; E. GABRIELLI, Il contratto e l’operazione economica, in Riv. dir. civ., 2003, I, p. 112 ss.), aprendo il dibattito di sicuro interesse. Lo studio, che per primo affronta in modo sistematico lo studio del frazionamento del rapporto giuridico, trae spunto da talune fattispecie di frazionamento di contratti, tipizzate dal legislatore recependo la fonte comunitaria. Una prima ipotesi riguarda la categoria dei contratti di credito al consumo (art. 144, co. 4, del T.U.B.). La norma dispone che la disciplina di tutela del consumatore, si debba ritenere elusa, nel caso in cui un unico contratto venga artificiosamente frazionato in una molteplicità di contratti, conclusi fra le stesse parti, il cui ammontare, pur essendo inferiore, singolarmente considerato, alla soglia di applicabilità della normativa di tutela, valutato complessivamente la superi. Nella stessa area problematica confluisce anche la fattispecie prevista ora dall’art. art. 46, co. 2, d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (già art. 3 d.lgs. 15 gennaio 1992, n. 50) in tema di contratti di scambio di beni e servizi conclusi fuori dai locali commerciali. In deroga alla disposizione che esclude dall’ambito di applicazione della legge i contratti di importo superiore a euro ventisei, si prevede che la normativa si applichi ove vi siano una serie di contratti che, pur se aventi ad oggetto prestazioni diverse, siano conclusi contestualmente dai medesimi soggetti, e il cui importo complessivo faccia rientrare l’operazione nell’ambito oggettivo di applicabilità della legge. Vengono così enucleati una serie di elementi qualificativi della fattispecie di frazionamento elusivo, dalla cui ricorrenza si fa discendere l’applicabilità della disciplina di tutela. Anche nelle altre ipotesi di frazionamento illecito tipizzate dal legislatore (art. 5 d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368; art. 3, co. 2, d.P.R. 20 agosto 2001, n. 384; artt. 107, co. 1 e 3, lett. a), e 109, co. 2, T.U.F.), si vuole impedire, allo stesso modo, che l’imprenditore, per sottrarsi agli obblighi previsti dalla particolare disciplina, proceda al frazionamento del contratto in una molteplicità di atti (rapporti) distinti che singolarmente considerati sfuggono alle maglie della normativa di tutela prevista dalla legge. Le fattispecie esaminate segnalano l’emersione sul piano normativo di una categoria negoziale non ancora compiutamente indagata, anche se non sconosciuta al diritto dei contratti, ponendo una serie di interrogativi, sintetizzabili nel problema della ricerca del suo fondamento all’interno della disciplina generale del contratto. La rassegna di fattispecie di “frazionamento negoziale” operata nei capitoli introduttivi del volume ha messo in risalto come il problema centrale stia nel valutare la ragione giustificativa della suddivisione dell’operazione in una molteplicità di frazioni. Ove il frazionamento si inserisca nel piano programmatorio che i contraenti disegnano dell’operazione economica, esso deve divenire oggetto di una valutazione di ammissibilità dell’atto negoziale da parte dell’ordinamento giuridico, secondo i principi ed i limiti comuni preposti ai controlli del contenuto del contratto. Il problema di valutare se la funzione dell’operazione di frazionamento sia o meno lecita dipende da una valutazione di conformità alla legge, che pur potendo intersecarsi con quella sulla divisibilità dell’oggetto della prestazione, può anche prescinderne. Pare evidente infatti che, mentre con quest’ultima si regola la possibilità di frazionamento di beni e/o di obbligazioni in rapporto all’oggetto del rapporto giuridico, il frazionamento come tecnica negoziale impone un controllo di meritevolezza, in rapporto al contenuto dell’operazione. L’aver collocato il frazionamento all’interno della tematica della libertà contrattuale conduce ad una verifica sistematica, che attinge, nella teorica del negozio, alla distinzione fra causa motivi e intento, e si esplica – nella formulazione del principio di infrazionabilità funzionale del tipo legale (qui il contratto frazionato) – mediante l’analisi distintiva rispetto alla tecnica speculare del collegamento negoziale. Nel collegamento, accertata la interdipendenza funzionale fra i distinti negozi, si tratta di individuare contenuto e limiti della relazione funzionale di collegamento, e cioé dell’intento ulteriore che li accomuna, e che comporta una modifica, non essenziale, del loro contenuto tipico. Nel frazionamento i singoli negozi svolgono una funzione ulteriore rispetto a quella loro tipica, solo nel caso in cui l’operazione sia finalizzata a realizzare una finalità illecita. Ove, invece, sempre a seguito di una ricostruzione unitaria della fattispecie sotto il profilo funzionale, si accerti che il frazionamento è fondato su una giustificazione causale meritevole di tutela, allora la relazione fra i diversi contratti, parimenti autonomi e distinti, si esaurirà nella fase genetica, e cioè al momento del loro frazionamento. A questa stregua, ove ricorra un’operazione di frazionamento di contratti non si dà alternativa: fra l’ipotesi in cui la scomposizione della fattispecie contrattuale risponde ad una finalità lecita, - ed in tal caso la funzione svolta dai singoli frammenti assolverà, pro quota, a quella che avrebbe svolto l’intera operazione, ed i singoli negozi avranno una perfetta autonomia funzionale, riducendosi la loro relazione al mero momento genetico -; e l’ipotesi in cui il frazionamento sia contrario (o elusivo) di una regola o di un principio (propri del contratto frazionato), caso in cui l’operazione dovrà essere ricostruita – per quanto di ragione - in una dimensione funzionale (e strutturale unitaria) che dia conto e neutralizzi l’intento, o scopo (mediato), “ulteriore”, con le conseguenze che ne discendono, in primis, sulla disciplina applicabile (alla fattispecie complessa). Modulando a questa stregua gli effetti in ragione, appunto, del diverso spessore illecito dell’intento ulteriore, fino all’ipotesi limite in cui esso contamini a tal punto la funzione causale da rendere l’intera operazione retta da una causa illecita, e per l’effetto radicalmente nulla. Dal piano di osservazione dei contratti frazionati, tanto significa che essi mantengono la propria autonomia funzionale, fintanto e nei limiti in cui il frazionamento del contratto originario da cui derivano non sia o finalizzato a violarne, o eluderne, la disciplina. Il controllo di meritevolezza conduce, in tal modo, a due risultati: da un lato, in ragione del giudizio funzionale, accertare la struttura unitaria o plurima della fattispecie e, dall’altro, e conseguentemente, individuare la disciplina applicabile all’operazione. Il frazionamento contrattuale rifluisce, in tal modo, nella tematica della libertà contrattuale, ed in specie di quella sua forma espressiva consistente nel definire il contenuto dell’operazione economica, mediante la determinazione del contenuto di una pluralità di negozi. In tal senso, i risultati raggiunti conducono ad una ulteriore verifica sistematica, che si esplica nell’analisi distintiva rispetto alla diversa ma, speculare, tecnica negoziale del collegamento contrattuale. A tutta prima, la differenza fondamentale viene rintracciata nel fatto che, se mediante il frazionamento si opera una scomposizione di un negozio che, per sua natura, o in ragione di un determinato interesse tutelato dall’ordinamento, avrebbe, di norma, una configurazione unitaria, con il collegamento, al contrario, si pongono in relazione entità negoziali che, di per sé, attengono ad un diverso schema tipico. Se netta è la distinzione in linea teorica, più difficile ne è l’accertamento sul piano pratico, posto che in entrambi i casi medesimo è il dato di partenza: la presenza nell’operazione economica di una pluralità di contratti, le cui parti possono anche non coincidere. Trovandosi di fronte ad una operazione a struttura complessa, l’interprete deve analizzare la fattispecie, in primo luogo per valutare se, ed in che limiti, esista una relazione funzionale fra i diversi negozi, e se essa sia ammissibile in relazione ai limiti posti dalla legge. Tale indagine conduce, evidentemente, a risultati diversi, a seconda che vi sia un frazionamento o un collegamento: nel collegamento, accertata la interdipendenza funzionale fra i distinti negozi, si tratta di individuare contenuto e limiti della relazione di collegamento, e cioé dell’intento (o scopo mediato) “ulteriore” che li accomuna, e che comporta una modifica, non essenziale, del loro contenuto tipico. Nel frazionamento i singoli negozi svolgono una funzione ulteriore, rispetto a quella loro tipica, - misurabile nella “differenza” tra causa concreta e “intento ulteriore” - che rileva solo nel caso in cui l’operazione di frazionamento sia finalizzata a realizzare una finalità illecita. Ove, invece, sempre a seguito di una ricostruzione unitaria della fattispecie sotto il profilo funzionale, si accerti che il frazionamento è fondato su una giustificazione causale meritevole di tutela, allora la relazione fra i diversi contratti, parimenti autonomi e distinti, si esaurirà nella fase genetica, e cioè al momento del loro frazionamento. Ed allora, ove ricorra un’operazione di frazionamento di contratti non si dà alternativa fra l’ipotesi in cui la scomposizione della fattispecie contrattuale risponde ad una finalità lecita, - ed in tal caso la funzione svolta dai singoli frammenti assolverà, pro quota, a quella che avrebbe svolto l’intera operazione, ed i singoli negozi avranno una perfetta autonomia funzionale, riducendosi la loro relazione al mero momento genetico -; e l’ipotesi in cui il frazionamento sia contrario (o elusivo) di una regola o di un principio posti dall’ordinamento, caso in cui la fattispecie dovrà essere ricostruita – per quanto di ragione - in una dimensione funzionale (e strutturale) unitaria, poiché, essendo la causa del frazionamento illecita, verrà meno la (apparente) autonomia funzionale dei singoli contratti, che sono in concreto volti a violare, o eludere, l’interesse che, invece, verrebbe salvaguardato dall’operazione unitariamente considerata. Il controllo di meritevolezza conduce, dunque, a due risultati: da un lato, nei limiti del giudizio funzionale, accertare la struttura unitaria o plurima della fattispecie e, dall’altro, e conseguentemente, individuare la disciplina applicabile all’operazione. Operazione che deve ritenersi unitaria o plurima, a seconda che tra i distinti negozi esista una relazione funzionale, (in ipotesi) lecita nel collegamento, illecita nel frazionamento, diversa ed ulteriore rispetto al rispettivo schema tipico.
2007
9788859801382
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