Si propone un'interpretazione dell'intreccio di favola, politica e ontologia nella bruniana "Cabala del cavallo pegaseo". "Favola" rinvia in Bruno a un'estrema latitudine semantica, le cui potenzialità sono nella Cabala fortemente valorizzate. Favola significa infatti nella Cabala racconto non vero, ma anche (come era accaduto nello "Spaccio") espressione di una verità nascosta, che si tratta di far riemergere. D'altra parte, la struttura scenica e teatrale della Cabala rende l'interazione della favola con la verità uno degli elementi in gioco, in un rinvio continuo di prospettive e significati, che viene lasciato volutamente aperto. Se l'obbiettivo dell'opera è distruggere la credenza nella differenza essenziale tra uomini, animali e "coste stimate senz'anima", da ciò risulta necessariamente una riformulazione dell'intero universo morale. Questa riformulazione, come si mostra, è realizzata mediante l'iscrizione della verità dentro le prospettive dei vari personaggi, il cui risultato è il ripensamento della stessa nozione di "perfezione". Quest'ultima finisce per essere pensata nella tensione tra ciò che è paragonabile perché operativamente prossimo, ed entro questa limitata prospettiva gerarchizzabile ed eticamente trattabile secondo una scala di valori, e ciò che, per essere operativamente 'altro', non è assoggettabile a tali supposizioni (Bruno ricorda che Mosè disse il serpente "sapientissimo tra tutte l’altre bestie de la terra"). Ne risulta una sorta di tassonomia operativa su base regionale, che fa scaturire la classificazione direttamente dal paragone tra operazioni di specie prossime, mentre pone una barriera a qualsiasi pretesa a una stabilizzazione ontologica di queste classificazioni, che rimangono provvisorie e destinate a cambiare.

« Se dunque non m’ascolti sotto specie di dottrina e disciplina, ascoltami per spasso ». Favola, politica, ontologia nella Cabala bruniana

FROSINI, FABIO
2013

Abstract

Si propone un'interpretazione dell'intreccio di favola, politica e ontologia nella bruniana "Cabala del cavallo pegaseo". "Favola" rinvia in Bruno a un'estrema latitudine semantica, le cui potenzialità sono nella Cabala fortemente valorizzate. Favola significa infatti nella Cabala racconto non vero, ma anche (come era accaduto nello "Spaccio") espressione di una verità nascosta, che si tratta di far riemergere. D'altra parte, la struttura scenica e teatrale della Cabala rende l'interazione della favola con la verità uno degli elementi in gioco, in un rinvio continuo di prospettive e significati, che viene lasciato volutamente aperto. Se l'obbiettivo dell'opera è distruggere la credenza nella differenza essenziale tra uomini, animali e "coste stimate senz'anima", da ciò risulta necessariamente una riformulazione dell'intero universo morale. Questa riformulazione, come si mostra, è realizzata mediante l'iscrizione della verità dentro le prospettive dei vari personaggi, il cui risultato è il ripensamento della stessa nozione di "perfezione". Quest'ultima finisce per essere pensata nella tensione tra ciò che è paragonabile perché operativamente prossimo, ed entro questa limitata prospettiva gerarchizzabile ed eticamente trattabile secondo una scala di valori, e ciò che, per essere operativamente 'altro', non è assoggettabile a tali supposizioni (Bruno ricorda che Mosè disse il serpente "sapientissimo tra tutte l’altre bestie de la terra"). Ne risulta una sorta di tassonomia operativa su base regionale, che fa scaturire la classificazione direttamente dal paragone tra operazioni di specie prossime, mentre pone una barriera a qualsiasi pretesa a una stabilizzazione ontologica di queste classificazioni, che rimangono provvisorie e destinate a cambiare.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2564575
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