La “sineddoche Auschwitz”, così abusata nel discorso pubblico dopo anni di inflazione memoriale, s’intreccia oggi con la crescente incapacità di usare l’apprendimento storico come strumento per la comprensione del presente, materia viva di conoscenza, sfondo sul quale, malgrado il distanziamento storico e fattuale rispetto a quegli eventi, far risaltare le contraddizioni, le aporie, la violenza della contemporaneità. In tal senso, la “monumentalizzazione” (letterale e non) della Shoah funziona troppo come metafora politica unificante e troppo poco come antidoto concreto al fascismo, al razzismo, alla possibilità sempre attuale di un ritorno della barbarie. Operare una vera e propria decostruzione dell’“industria della memoria”, che può realizzarsi soltanto mettendo in luce e analizzando le forme di socializzazione della Shoah che sono oggi al centro dell’attenzione pubblica e della produzione culturale seriale, è uno dei compiti di questo saggio. Infatti, svelare i meccanismi di appropriazione-manipolazione della storia, nonché l’uso pubblico-politico spregiudicato che sempre più spesso si fa di essa, rappresenta un’urgenza epistemologica non solo per coloro che si occupano di storia, ma anche di didattica, di filosofia, di estetica, di mass-media, di studi culturali. Decostruire, allora, significa riappropriarsi degli strumenti culturali che consentano di distinguere la spettacolarizzazione rispetto alla riflessione critica, dopo che per troppo tempo si è lasciato che la prima prendesse ad occupare uno spazio eccessivo nell’opera di elaborazione della memoria collettiva intorno allo sterminio degli ebrei d’Europa.

Consumare memoria: la Shoah, tra mito commerciale e sconfitta dell'io

BELLEI, CRISTIANO MARIA
2016

Abstract

La “sineddoche Auschwitz”, così abusata nel discorso pubblico dopo anni di inflazione memoriale, s’intreccia oggi con la crescente incapacità di usare l’apprendimento storico come strumento per la comprensione del presente, materia viva di conoscenza, sfondo sul quale, malgrado il distanziamento storico e fattuale rispetto a quegli eventi, far risaltare le contraddizioni, le aporie, la violenza della contemporaneità. In tal senso, la “monumentalizzazione” (letterale e non) della Shoah funziona troppo come metafora politica unificante e troppo poco come antidoto concreto al fascismo, al razzismo, alla possibilità sempre attuale di un ritorno della barbarie. Operare una vera e propria decostruzione dell’“industria della memoria”, che può realizzarsi soltanto mettendo in luce e analizzando le forme di socializzazione della Shoah che sono oggi al centro dell’attenzione pubblica e della produzione culturale seriale, è uno dei compiti di questo saggio. Infatti, svelare i meccanismi di appropriazione-manipolazione della storia, nonché l’uso pubblico-politico spregiudicato che sempre più spesso si fa di essa, rappresenta un’urgenza epistemologica non solo per coloro che si occupano di storia, ma anche di didattica, di filosofia, di estetica, di mass-media, di studi culturali. Decostruire, allora, significa riappropriarsi degli strumenti culturali che consentano di distinguere la spettacolarizzazione rispetto alla riflessione critica, dopo che per troppo tempo si è lasciato che la prima prendesse ad occupare uno spazio eccessivo nell’opera di elaborazione della memoria collettiva intorno allo sterminio degli ebrei d’Europa.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2641988
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