Gli affreschi tardo-duecenteschi delle Palazze, già nel monastero di Santa Maria inter angelos, nei pressi di Spoleto, sono oggi conservati in frammenti in vari musei, soprattutto americani. Nonostante i tanti interventi critici sul ciclo, non esisteva, fino ad oggi, un lavoro complessivo su questo interessante episodio di decorazione monastica medievale, ovvero una lettura integrale degli affreschi nel loro contesto originario, oggi irrimediabilmente compromesso e di indubbia complessità. Per arrivare a formulare un'ipotesi interpretativa della genesi e del significato del ciclo in rapporto agli spazi per i quali fu pensato, gli elementi a disposizione sono stati qui analizzati secondo metodologie focalizzate ora sulla formazione dell'artista e sui suoi possibili modelli di riferimento, tra cui, imprescindibilmente, ma non esclusivamente, il cantiere assisiate, ora sulle particolarità iconografiche delle singole scene del ciclo, o meglio dei cicli, stando a una nuova idea di scansione temporale della decorazione. A questa si è arrivati grazie a un'analisi dell'organizzazione degli spazi, la cui disposizione, apparentemente atipica rispetto a complessi monastici similari, trova una ragione d'essere alla luce di un cambiamento resosi necessario in seguito a un grave evento sismico, fino ad oggi mai preso in considerazione. Si tratta di una congettura ma se non altro fornisce una risposta plausibile agli interrogativi irrisolti, anche relativi alle particolarità iconografiche riscontrate nella decorazione, in primis la precocissima raffigurazione della Madonna che sul manto protegge la comunità. Allo studio storico-artistico è stato fondamentale l'apporto delle tecnologie digitali. Queste hanno permesso la ricollocazione ideale del ciclo sulle pareti, realizzata materialmente dagli informatici del Laboratorio Visit del Cineca di Bologna, che hanno utilizzato riproduzioni degli affreschi ad alta risoluzione fornite dai musei ed effettuato una campagna fotografica in situ. La ricostruzione virtuale si è basata su dati certi e per questo ha un grado di attendibilità elevato. Se, da una parte, l'operazione si è rivelata utilissima alla ricerca, stimolando continui tentativi di messa a fuoco di quel nesso inscindibile tra le opere e il loro luogo di origine, dall'altra, utilizzata elettronicamente come realtà aumentata, sarà di sicuro impatto per la fruizione di un monumento, oggi privo delle immagini che lo completavano, e di immagini, oggi lontane dal monumento al quale appartenevano, finalmente di nuovo congiunti.

Dal monastero al museo e ritorno. Le Palazze di Spoleto tra frammentazione del contesto e ricostruzione virtuale/From the Monastery to the Museum and Back. Le Palazze at Spoleto, from Fragmentation to Virtuale Reconstruction

Grazia Maria Fachechi
2017

Abstract

Gli affreschi tardo-duecenteschi delle Palazze, già nel monastero di Santa Maria inter angelos, nei pressi di Spoleto, sono oggi conservati in frammenti in vari musei, soprattutto americani. Nonostante i tanti interventi critici sul ciclo, non esisteva, fino ad oggi, un lavoro complessivo su questo interessante episodio di decorazione monastica medievale, ovvero una lettura integrale degli affreschi nel loro contesto originario, oggi irrimediabilmente compromesso e di indubbia complessità. Per arrivare a formulare un'ipotesi interpretativa della genesi e del significato del ciclo in rapporto agli spazi per i quali fu pensato, gli elementi a disposizione sono stati qui analizzati secondo metodologie focalizzate ora sulla formazione dell'artista e sui suoi possibili modelli di riferimento, tra cui, imprescindibilmente, ma non esclusivamente, il cantiere assisiate, ora sulle particolarità iconografiche delle singole scene del ciclo, o meglio dei cicli, stando a una nuova idea di scansione temporale della decorazione. A questa si è arrivati grazie a un'analisi dell'organizzazione degli spazi, la cui disposizione, apparentemente atipica rispetto a complessi monastici similari, trova una ragione d'essere alla luce di un cambiamento resosi necessario in seguito a un grave evento sismico, fino ad oggi mai preso in considerazione. Si tratta di una congettura ma se non altro fornisce una risposta plausibile agli interrogativi irrisolti, anche relativi alle particolarità iconografiche riscontrate nella decorazione, in primis la precocissima raffigurazione della Madonna che sul manto protegge la comunità. Allo studio storico-artistico è stato fondamentale l'apporto delle tecnologie digitali. Queste hanno permesso la ricollocazione ideale del ciclo sulle pareti, realizzata materialmente dagli informatici del Laboratorio Visit del Cineca di Bologna, che hanno utilizzato riproduzioni degli affreschi ad alta risoluzione fornite dai musei ed effettuato una campagna fotografica in situ. La ricostruzione virtuale si è basata su dati certi e per questo ha un grado di attendibilità elevato. Se, da una parte, l'operazione si è rivelata utilissima alla ricerca, stimolando continui tentativi di messa a fuoco di quel nesso inscindibile tra le opere e il loro luogo di origine, dall'altra, utilizzata elettronicamente come realtà aumentata, sarà di sicuro impatto per la fruizione di un monumento, oggi privo delle immagini che lo completavano, e di immagini, oggi lontane dal monumento al quale appartenevano, finalmente di nuovo congiunti.
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