1.1 Introduzione Ai sensi della Legge del 18 ottobre 155/2017 con cui il Parlamento ha delegato il Governo a riformare “le discipline della crisi d'impresa e dell'insolvenza” nella quale si specifica che lo stato di crisi è lo stadio antecedente l'insolvenza, si pone una particolare attenzione alle “procedure di allerta e alla composizione assistita della crisi” (art. 4). Tale impianto normativo sottolinea la necessità di intervenire in modo tempestivo sull’emergere dei sintomi dello stato di crisi al fine di evitare che degenerino in uno stato di insolvenza, in alcuni casi irreversibile. A tal proposito, in Italia, a partire dagli anni ’70, numerosi sono gli studi sviluppati aventi ad oggetto la previsione di default aziendale. Due sono gli approcci di analisi seguiti: il primo basato su tecniche di analisi univariata; il secondo utilizza un approccio di tipo multivariato. In ambito internazionale, a partire dallo Z-Score di Altman (1968) sono stati sviluppati numerosi modelli previsionali. In Italia nel 2004 Bottani, Cipriani e Serao hanno realizzato uno studio che ha avuto come obiettivo quello di applicare il modello Z-Score alle piccole e medie imprese (PMI) italiane, cercando di ridefinire le variabili discriminanti più adatte. In letteratura è dimostrato (Madonna e Cestari, 2015) che l’accuratezza dei modelli diminuisce qualora siano applicati a campioni di aziende con caratteristiche differenti (dimensione, area territoriale, settore, stato giuridico ecc.) rispetto ai campioni originari, dai quali hanno avuto origine i modelli stessi. 1.2 Obiettivo della ricerca Lo studio si configura come un’analisi ex-post volta ad esaminare l’efficacia dello Z’Score di Altman (1984) e dello Z di Bottani et al. (2004) nel prevedere il default di un gruppo di PMI italiane di cui si conosce già l’esito, ossia l’assoggettamento a procedure giudiziali e stragiudiziali. L’obiettivo della ricerca è verificare se, negli anni precedenti l’insolvenza dell’azienda, il management avrebbe potuto prevedere e quindi evitare la crisi, utilizzando i suddetti modelli previsionali, e se gli studi di origine italiana di Bottani et al. (2004), essendo stati adeguatamente costruiti per fare fronte alle specificità delle aziende italiane, siano effettivamente migliori dei modelli americani nel prevedere il default delle PMI italiane. Inoltre, la ricerca è volta a far emergere eventuali limiti dei modelli analizzati, specialmente con riferimento alle PMI, per le quali l’utilizzo esclusivo di indicatori economico-finanziari potrebbe ridurre l’efficacia predittiva. 1.3 Metodologia della ricerca L’analisi empirica è stata condotta attraverso l’applicazione dello Z’ Score di Altman (1984) e lo Z di Bottani et al. (2004) su due campioni composti da PMI italiane, selezionate avvalendosi della banca dati AIDA (Bureau Van Dijk) ed esaminate nell’arco temporale 2006-2016. Il primo campione è formato dalle cd. aziende insolventi selezionate secondo i seguenti criteri: il verificarsi dello stato di insolvenza; la dimensione aziendale, ossia un valore di ricavi inferiore a 50 milioni di euro; infine, la localizzazione nel territorio italiano. Il secondo è formato dalle aziende cd. sane, ossia in condizioni economiche tali da non aver ancora avviato una procedura concorsuale o stragiudiziale, alla data di estrazione dei dati. Si è cercato così di ottenere due campioni le cui aziende fossero paragonabili per settore (con riferimento al codice Ateco 2007), dimensioni e localizzazione geografica (Alberici, 1975). 1.4 Risultati principali I primi risultati mostrano l’adeguatezza dello Z’ Score nell’individuare le aziende insolventi, (con livelli di precisione che oscillano tra l’80% e il 90%) ed evidenziano sostanziali differenze tra le aziende che hanno preso parte a procedure diverse; i soggetti che hanno stipulato gli accordi di ristrutturazione dei debiti, ad esempio, hanno valori più alti dell’indicatore rispetto alle aziende sottoposte a fallimento o concordato preventivo. Le differenze persistono anche tra classi dimensionali. Dall’analisi del campione di controllo emerge che il modello non riesce a classificare come sane un numero soddisfacente di aziende. Tuttavia, selezionando solo quei soggetti, all’interno del campione, che hanno avuto negli ultimi dieci anni delle performance superiori alla media in termini di redditività, liquidità e indebitamento, i risultati mostrano effettivamente un miglioramento in termini di accuratezza in entrambi i campioni. I risultati emersi dall’applicazione dello Z di Bottani, Cipriani e Serao (2004) evidenziano un’accuratezza nell’individuare le aziende insolventi oscillante tra il 70% e l’80%, inferiore allo Z’Score. Invece, l’applicazione al gruppo di aziende attive mostra un netto miglioramento (rispetto al modello Z’ Score) della capacità di classificare come sane un numero soddisfacente di aziende. Un’accuratezza che, anche in questo caso, cresce quando si considerano solo le imprese con performance superiori alla media. Si deduce che il modello di Altman (1984) è un strumento più efficace in termini di individuazione delle aziende insolventi, rispetto a quello di Bottani, Cipriani e Serao (2004), che risulta invece essere più accurato nell’individuazione di aziende sane. Pertanto, lo Z’ Score commette più errori di secondo tipo (Altman et al., 2013; Madonna et al., 2016) mentre lo Z di Bottani, Cipriani e Serao ne commette del primo tipo. 1.5 Conclusioni Dall’applicazione dei due modelli previsionali si evidenzia che le condizioni economico-finanziarie che determinano l’insolvenza di una PMI sono meglio colte dallo Z’ Score, rispetto allo Z di Bottani et al., anche se sviluppato con l’intento di cogliere le specificità delle PMI italiane. Alla luce di quanto emerge dalla letteratura (Ciampi e Gordini, 2013), l’integrazione dei modelli previsionali (basati unicamente su indicatori economico-finanziari) con variabili qualitative relative alla relazione impresa-ambiente avrebbe un effetto positivo sull’efficacia predittiva dei modelli, con una riduzione degli errori di tipo 1 e di tipo 2. Pertanto, è consigliabile un utilizzo prudente dei modelli predittivi, da integrare con variabili qualitative che dovrebbero emergere dall’informativa di bilancio. Infatti, le PMI italiane sono fortemente legate al contesto territoriale in cui operano, subiscono le condizioni economiche generali e di settore, sono contraddistinte da regimi di proprietà e governance peculiari, elementi dai quali non si può prescindere nel valutare il rischio aziendale e stimare la probabilità di default. A tale proposito, è necessario arricchire l’informativa di bilancio con elementi relativi alla dinamica impresa-ambiente al fine di salvaguardare la continuità aziendale e preservare i benefici che essa produce a vantaggio della comunità di riferimento.

L'efficacia dei modelli predittivi dell'insolvenza aziendale: un'applicazione sul territorio nazionale. La rilevanza dell'informativa di bilancio di tipo qualitativo.

Palazzi F.;Sgrò F;Ciambotti M
2018

Abstract

1.1 Introduzione Ai sensi della Legge del 18 ottobre 155/2017 con cui il Parlamento ha delegato il Governo a riformare “le discipline della crisi d'impresa e dell'insolvenza” nella quale si specifica che lo stato di crisi è lo stadio antecedente l'insolvenza, si pone una particolare attenzione alle “procedure di allerta e alla composizione assistita della crisi” (art. 4). Tale impianto normativo sottolinea la necessità di intervenire in modo tempestivo sull’emergere dei sintomi dello stato di crisi al fine di evitare che degenerino in uno stato di insolvenza, in alcuni casi irreversibile. A tal proposito, in Italia, a partire dagli anni ’70, numerosi sono gli studi sviluppati aventi ad oggetto la previsione di default aziendale. Due sono gli approcci di analisi seguiti: il primo basato su tecniche di analisi univariata; il secondo utilizza un approccio di tipo multivariato. In ambito internazionale, a partire dallo Z-Score di Altman (1968) sono stati sviluppati numerosi modelli previsionali. In Italia nel 2004 Bottani, Cipriani e Serao hanno realizzato uno studio che ha avuto come obiettivo quello di applicare il modello Z-Score alle piccole e medie imprese (PMI) italiane, cercando di ridefinire le variabili discriminanti più adatte. In letteratura è dimostrato (Madonna e Cestari, 2015) che l’accuratezza dei modelli diminuisce qualora siano applicati a campioni di aziende con caratteristiche differenti (dimensione, area territoriale, settore, stato giuridico ecc.) rispetto ai campioni originari, dai quali hanno avuto origine i modelli stessi. 1.2 Obiettivo della ricerca Lo studio si configura come un’analisi ex-post volta ad esaminare l’efficacia dello Z’Score di Altman (1984) e dello Z di Bottani et al. (2004) nel prevedere il default di un gruppo di PMI italiane di cui si conosce già l’esito, ossia l’assoggettamento a procedure giudiziali e stragiudiziali. L’obiettivo della ricerca è verificare se, negli anni precedenti l’insolvenza dell’azienda, il management avrebbe potuto prevedere e quindi evitare la crisi, utilizzando i suddetti modelli previsionali, e se gli studi di origine italiana di Bottani et al. (2004), essendo stati adeguatamente costruiti per fare fronte alle specificità delle aziende italiane, siano effettivamente migliori dei modelli americani nel prevedere il default delle PMI italiane. Inoltre, la ricerca è volta a far emergere eventuali limiti dei modelli analizzati, specialmente con riferimento alle PMI, per le quali l’utilizzo esclusivo di indicatori economico-finanziari potrebbe ridurre l’efficacia predittiva. 1.3 Metodologia della ricerca L’analisi empirica è stata condotta attraverso l’applicazione dello Z’ Score di Altman (1984) e lo Z di Bottani et al. (2004) su due campioni composti da PMI italiane, selezionate avvalendosi della banca dati AIDA (Bureau Van Dijk) ed esaminate nell’arco temporale 2006-2016. Il primo campione è formato dalle cd. aziende insolventi selezionate secondo i seguenti criteri: il verificarsi dello stato di insolvenza; la dimensione aziendale, ossia un valore di ricavi inferiore a 50 milioni di euro; infine, la localizzazione nel territorio italiano. Il secondo è formato dalle aziende cd. sane, ossia in condizioni economiche tali da non aver ancora avviato una procedura concorsuale o stragiudiziale, alla data di estrazione dei dati. Si è cercato così di ottenere due campioni le cui aziende fossero paragonabili per settore (con riferimento al codice Ateco 2007), dimensioni e localizzazione geografica (Alberici, 1975). 1.4 Risultati principali I primi risultati mostrano l’adeguatezza dello Z’ Score nell’individuare le aziende insolventi, (con livelli di precisione che oscillano tra l’80% e il 90%) ed evidenziano sostanziali differenze tra le aziende che hanno preso parte a procedure diverse; i soggetti che hanno stipulato gli accordi di ristrutturazione dei debiti, ad esempio, hanno valori più alti dell’indicatore rispetto alle aziende sottoposte a fallimento o concordato preventivo. Le differenze persistono anche tra classi dimensionali. Dall’analisi del campione di controllo emerge che il modello non riesce a classificare come sane un numero soddisfacente di aziende. Tuttavia, selezionando solo quei soggetti, all’interno del campione, che hanno avuto negli ultimi dieci anni delle performance superiori alla media in termini di redditività, liquidità e indebitamento, i risultati mostrano effettivamente un miglioramento in termini di accuratezza in entrambi i campioni. I risultati emersi dall’applicazione dello Z di Bottani, Cipriani e Serao (2004) evidenziano un’accuratezza nell’individuare le aziende insolventi oscillante tra il 70% e l’80%, inferiore allo Z’Score. Invece, l’applicazione al gruppo di aziende attive mostra un netto miglioramento (rispetto al modello Z’ Score) della capacità di classificare come sane un numero soddisfacente di aziende. Un’accuratezza che, anche in questo caso, cresce quando si considerano solo le imprese con performance superiori alla media. Si deduce che il modello di Altman (1984) è un strumento più efficace in termini di individuazione delle aziende insolventi, rispetto a quello di Bottani, Cipriani e Serao (2004), che risulta invece essere più accurato nell’individuazione di aziende sane. Pertanto, lo Z’ Score commette più errori di secondo tipo (Altman et al., 2013; Madonna et al., 2016) mentre lo Z di Bottani, Cipriani e Serao ne commette del primo tipo. 1.5 Conclusioni Dall’applicazione dei due modelli previsionali si evidenzia che le condizioni economico-finanziarie che determinano l’insolvenza di una PMI sono meglio colte dallo Z’ Score, rispetto allo Z di Bottani et al., anche se sviluppato con l’intento di cogliere le specificità delle PMI italiane. Alla luce di quanto emerge dalla letteratura (Ciampi e Gordini, 2013), l’integrazione dei modelli previsionali (basati unicamente su indicatori economico-finanziari) con variabili qualitative relative alla relazione impresa-ambiente avrebbe un effetto positivo sull’efficacia predittiva dei modelli, con una riduzione degli errori di tipo 1 e di tipo 2. Pertanto, è consigliabile un utilizzo prudente dei modelli predittivi, da integrare con variabili qualitative che dovrebbero emergere dall’informativa di bilancio. Infatti, le PMI italiane sono fortemente legate al contesto territoriale in cui operano, subiscono le condizioni economiche generali e di settore, sono contraddistinte da regimi di proprietà e governance peculiari, elementi dai quali non si può prescindere nel valutare il rischio aziendale e stimare la probabilità di default. A tale proposito, è necessario arricchire l’informativa di bilancio con elementi relativi alla dinamica impresa-ambiente al fine di salvaguardare la continuità aziendale e preservare i benefici che essa produce a vantaggio della comunità di riferimento.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2661685
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