L'articolo mira ad indagare il lavoro agricolo straniero nei territori di Noto e Ragusa, ove le Caritas diocesane hanno instaurato appositi presidi di legalità a sostegno dei prestatori di lavoro nell'ambito del Progetto Presidio di Caritas italiana. Nella parte ascrivibile all'Autrice, la ricerca disegna, dapprima, alcuni tratti dell'economia e della filiera agricola locale; poi, si addentra nell'analisi delle condizioni dei lavoratori stranieri nelle due province. Forte di un intreccio tra analisi teorica e ricerca sul campo, lo studio giunge a ravvisare un nesso diretto tra tipo di produzione agricola locale e provenienza geografica del personale ivi impiegato: lavoratrici e lavoratori comunitari rumeni di neoinsediamento (famiglie, donne sole o con prole) nell'ambito della serricoltura ragusana, bisognosa di una presenza permanente di manodopera a basso costo nelle serre; lavoratori extracomunitari magrebini, di più risalente presenza (uomini soli o con donne casalinghe) nel contesto dell'agricoltura siracusana, dove una maggiore propensione verso colture stagionali "a campo aperto" ha consentito alla comunità nordafricana, specie tunisina, di resistere alla concorrenza al ribasso da parte degli stranieri provenienti dall'Est Europa, anche se non propriamente a quella, più recente, dei giovani ospiti dei centri di accoglienza della zona. E' generale, tuttavia, la tendenza di entrambe le economie locali a produrre sulla scorta di un sistema fondato su una vera e propria gerarchia dello sfruttamento, dalla fase costitutiva del rapporto sino a quella estintiva, non di rado monopolizzata, quest'ultima, da episodi di violenza sessuale a danno delle donne rumene, ingaggiate in vere e proprie forme di lavoro servile e per questo oggetto di attenzione da parte delle stesse istituzioni europee. All'interno di questo contesto è osservabile una positiva tendenza di istituzioni, sindacati e società civile a cooperare per la messa a punto di progetti innovativi, fondati su pratiche di microconcertazione territoriale, nelle quali spicca l'attivismo delle istituzioni prefettizie, ma la totale assenza degli enti locali. In questa cornice sono osservabili nuove pratiche sindacali e iniziative d'inclusività ad alto valore culturale e sociale, sovente dedicate ai figli delle lavoratrici rumene. Restano invece senz'esito i tentativi di governo concertato della filiera attraverso la promozione sul territorio della Rete del lavoro agricolo di qualità.

I Presidi di Noto e di Ragusa

Piera Campanella;Stefania Battistelli;COMITO, VINCENZO;PAPA, VERONICA;
2018

Abstract

L'articolo mira ad indagare il lavoro agricolo straniero nei territori di Noto e Ragusa, ove le Caritas diocesane hanno instaurato appositi presidi di legalità a sostegno dei prestatori di lavoro nell'ambito del Progetto Presidio di Caritas italiana. Nella parte ascrivibile all'Autrice, la ricerca disegna, dapprima, alcuni tratti dell'economia e della filiera agricola locale; poi, si addentra nell'analisi delle condizioni dei lavoratori stranieri nelle due province. Forte di un intreccio tra analisi teorica e ricerca sul campo, lo studio giunge a ravvisare un nesso diretto tra tipo di produzione agricola locale e provenienza geografica del personale ivi impiegato: lavoratrici e lavoratori comunitari rumeni di neoinsediamento (famiglie, donne sole o con prole) nell'ambito della serricoltura ragusana, bisognosa di una presenza permanente di manodopera a basso costo nelle serre; lavoratori extracomunitari magrebini, di più risalente presenza (uomini soli o con donne casalinghe) nel contesto dell'agricoltura siracusana, dove una maggiore propensione verso colture stagionali "a campo aperto" ha consentito alla comunità nordafricana, specie tunisina, di resistere alla concorrenza al ribasso da parte degli stranieri provenienti dall'Est Europa, anche se non propriamente a quella, più recente, dei giovani ospiti dei centri di accoglienza della zona. E' generale, tuttavia, la tendenza di entrambe le economie locali a produrre sulla scorta di un sistema fondato su una vera e propria gerarchia dello sfruttamento, dalla fase costitutiva del rapporto sino a quella estintiva, non di rado monopolizzata, quest'ultima, da episodi di violenza sessuale a danno delle donne rumene, ingaggiate in vere e proprie forme di lavoro servile e per questo oggetto di attenzione da parte delle stesse istituzioni europee. All'interno di questo contesto è osservabile una positiva tendenza di istituzioni, sindacati e società civile a cooperare per la messa a punto di progetti innovativi, fondati su pratiche di microconcertazione territoriale, nelle quali spicca l'attivismo delle istituzioni prefettizie, ma la totale assenza degli enti locali. In questa cornice sono osservabili nuove pratiche sindacali e iniziative d'inclusività ad alto valore culturale e sociale, sovente dedicate ai figli delle lavoratrici rumene. Restano invece senz'esito i tentativi di governo concertato della filiera attraverso la promozione sul territorio della Rete del lavoro agricolo di qualità.
2018
978-88-255-1747-7
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