I princìpi teorici dell’aikidō, in parte osservabili pure in una certa pedagogia attivista, potrebbero senz’altro integrarsi, se non potenziare il quadro pedagogico contemporaneo. Già più di venti anni fa l’allora Dōshu, Kisshomaru Ueshiba (figlio del fondatore), registrava in Giappone un notevole incremento di bambini praticanti rispetto ai tempi in cui lo stesso Morihei Ueshiba pensò all’attivazione di un corso per bambini presso l’Hombu Dōjō, negli anni Sessanta: non furono poche, in quella circostanza, le perplessità sulla riuscita di questa iniziativa, dato che, si pensava, «l’aikidō non solo richiede movimenti fisici, ma richiede prima o poi anche la comprensione della filosofia che contiene». I processi d’insegnamento-apprendimento dovrebbero sempre avere una funzione formativa, evolutiva e trasformativa per il soggetto che impara (come anche per l’insegnante) e non essere un atto passivo meccanizzato. È così anche per l’azione educativa inerente all’aikidō, che non dovrebbe mai tradire un secolare anelito pedagogico le cui finalità formative dell’essere intendono determinare profondamente il percorso di crescita del soggetto quando apprende, per assumere le fattezze di un congegno educativo funzionale ai processi maturativi: i modelli più avanzati di apprendimento ritengono pregnante la funzione non tanto e non solo informativa della didattica, ma anche e soprattutto quella formativa e trasformativa della relazione educativo-didattica.

Per una pedagogia dell’aikidō: un’utopia?

Roberto Travaglini
2018

Abstract

I princìpi teorici dell’aikidō, in parte osservabili pure in una certa pedagogia attivista, potrebbero senz’altro integrarsi, se non potenziare il quadro pedagogico contemporaneo. Già più di venti anni fa l’allora Dōshu, Kisshomaru Ueshiba (figlio del fondatore), registrava in Giappone un notevole incremento di bambini praticanti rispetto ai tempi in cui lo stesso Morihei Ueshiba pensò all’attivazione di un corso per bambini presso l’Hombu Dōjō, negli anni Sessanta: non furono poche, in quella circostanza, le perplessità sulla riuscita di questa iniziativa, dato che, si pensava, «l’aikidō non solo richiede movimenti fisici, ma richiede prima o poi anche la comprensione della filosofia che contiene». I processi d’insegnamento-apprendimento dovrebbero sempre avere una funzione formativa, evolutiva e trasformativa per il soggetto che impara (come anche per l’insegnante) e non essere un atto passivo meccanizzato. È così anche per l’azione educativa inerente all’aikidō, che non dovrebbe mai tradire un secolare anelito pedagogico le cui finalità formative dell’essere intendono determinare profondamente il percorso di crescita del soggetto quando apprende, per assumere le fattezze di un congegno educativo funzionale ai processi maturativi: i modelli più avanzati di apprendimento ritengono pregnante la funzione non tanto e non solo informativa della didattica, ma anche e soprattutto quella formativa e trasformativa della relazione educativo-didattica.
2018
978-88-255-1997-6
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