Il saggio verte sul terrore e la guerra come fenomeno e come idea. La riflessione riceve il suo colpo di avvio dall’evento terroristico dell’11 settembre. Sullo sfondo le considerazioni filosofiche, politiche, di analisi del linguaggio politico, che fecero attorno all’attentato delle torri gemelli Baudrillard e Virilio, ma anche Habermas, Derrida e Girard. In primo piano la metamorfosi del Leviatano che ogni evento fondamentale della storia determina. La storia del suo concetto. Il saggio si costruisce attorno alla figura dell’uomo artificiale che tiene in una mano la spada e in un’altra mano il pastorale. Indaga la fenomenologia hobbesiana della paura, in particolare segue quest’ultima ascendere agli estremi e divenire terrore. Terrore di cui la ricerca promuove una genealogia filologica ancor prima che concettuale. Lo stato di natura e la fondazione della sovranità, la loro nera riunione nel patto è assunta come una scena originaria della politica moderna. Suoi interpreti, a volte simpatetici, a volte critici, sono stati Freud e Foucault, Schmitt e Bobbio, Simone Weil ed Elias Canetti. Il saggio valorizza l’apporto che all’idea dello stato di natura come guerra di tutti contro tutti dà “La Guerra del Peloponneso” di Tucidide; un testo con il quale Hobbes si misurò in gioventù. In particolare è l’evento della peste di Atene che chiude il primo anno di ostilità il testo in cui occorrono per la prima volta, nella traduzione di Hobbes, i termini che nella maturità qualificheranno l’esperienza della politica del pensatore inglese. Ne scaturisce una diversa interpretazione della guerra civile in Hobbes e della stasiologia nel mondo moderno, fino agli attuali scenari di crisi nelle relazioni internazionali tra Stati, cui il saggio intende dare un contributo di comprensione sulla scia del dibattito aperto in Italia al riguardo da Agamben e Roberto Esposito.

Metamorfosi del Leviatano. Il terrore e la guerra

Domenico Scalzo
2020

Abstract

Il saggio verte sul terrore e la guerra come fenomeno e come idea. La riflessione riceve il suo colpo di avvio dall’evento terroristico dell’11 settembre. Sullo sfondo le considerazioni filosofiche, politiche, di analisi del linguaggio politico, che fecero attorno all’attentato delle torri gemelli Baudrillard e Virilio, ma anche Habermas, Derrida e Girard. In primo piano la metamorfosi del Leviatano che ogni evento fondamentale della storia determina. La storia del suo concetto. Il saggio si costruisce attorno alla figura dell’uomo artificiale che tiene in una mano la spada e in un’altra mano il pastorale. Indaga la fenomenologia hobbesiana della paura, in particolare segue quest’ultima ascendere agli estremi e divenire terrore. Terrore di cui la ricerca promuove una genealogia filologica ancor prima che concettuale. Lo stato di natura e la fondazione della sovranità, la loro nera riunione nel patto è assunta come una scena originaria della politica moderna. Suoi interpreti, a volte simpatetici, a volte critici, sono stati Freud e Foucault, Schmitt e Bobbio, Simone Weil ed Elias Canetti. Il saggio valorizza l’apporto che all’idea dello stato di natura come guerra di tutti contro tutti dà “La Guerra del Peloponneso” di Tucidide; un testo con il quale Hobbes si misurò in gioventù. In particolare è l’evento della peste di Atene che chiude il primo anno di ostilità il testo in cui occorrono per la prima volta, nella traduzione di Hobbes, i termini che nella maturità qualificheranno l’esperienza della politica del pensatore inglese. Ne scaturisce una diversa interpretazione della guerra civile in Hobbes e della stasiologia nel mondo moderno, fino agli attuali scenari di crisi nelle relazioni internazionali tra Stati, cui il saggio intende dare un contributo di comprensione sulla scia del dibattito aperto in Italia al riguardo da Agamben e Roberto Esposito.
2020
978-88-32241-06-8
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2677829
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