Il saggio verte sul nesso concettuale e storico-politico di potere pastorale e ragion di stato nel pensiero di Foucault. Cerca innanzitutto di comprendere cosa il filosofo voleva significare con l'affermazione che la teoria politica fosse rimasta ossessionata dal personaggio del sovrano. E di rispondere all'esigenza che egli avvertiva di una filosofia politica che non fosse costruita intorno al problema della sovranità, dunque della legge, dell'interdizione. Non si comprenderebbe la genesi dell’idea economica di governo elaborata dal pensatore francese in opposizione oppure come complemento di quella giuridico-politica di Stato. In particolare si indaga un suo corso di lezione del 1977-1978 dal titolo "Sicurezza, territorio, popolazione", e lo si introduce nel cantiere biopolitico che il filosofo aveva aperto in quegli anni. Sullo sfondo il vecchio il libro di Meinecke "L’idea della ragion di stato nella storia moderna" e i tanti trattati del tacitismo politico del seicento; in primo piano l’interpretazione da parte di Foucault di Machiavelli e Hobbes. È il pensatore inglese del Leviatano – la rappresentazione del potere che tiene in mano la spada e il pastorale - il termine di confronto decisivo del saggio come sarà in "Bisogna difendere la società" l'idea di guerra e di guerra civile. È la sua idea di religione, ma, soprattutto, di Stato cristiano, ad essere posti in tensione con la genealogia della governamentalità di marca foucaultiana. Emergono aporie e direzioni impreviste dell’ordine del discorso. All’inizio e alla fine del saggio l'assedio concerne l’idea del nome proprio in politica, mosso attraverso l’antica festa di poplifugia, che i Romani celebravano a commemorazione dell’apoteosi di Romolo, nella leggenda della fondazione di Roma. Un rito evocato da Tito Livio e raccontato da Michel Serres in un libro decisivo, benché poco letto e misconosciuto, sulla genesi della politica, "Roma, il libro della fondazione". Evento della nascita dei nomi nella notte del mondo che il saggio riprende e a cui corrisponde distinguendo tra la fondazione che non cessa di aver luogo e il punto di insorgenza dell'origine che trascina nel proprio ritmo il materiale della sua nascita.

L'assedio dei nomi. Foucault, la ragion di stato, il potere pastorale.

Domenico Scalzo
2020

Abstract

Il saggio verte sul nesso concettuale e storico-politico di potere pastorale e ragion di stato nel pensiero di Foucault. Cerca innanzitutto di comprendere cosa il filosofo voleva significare con l'affermazione che la teoria politica fosse rimasta ossessionata dal personaggio del sovrano. E di rispondere all'esigenza che egli avvertiva di una filosofia politica che non fosse costruita intorno al problema della sovranità, dunque della legge, dell'interdizione. Non si comprenderebbe la genesi dell’idea economica di governo elaborata dal pensatore francese in opposizione oppure come complemento di quella giuridico-politica di Stato. In particolare si indaga un suo corso di lezione del 1977-1978 dal titolo "Sicurezza, territorio, popolazione", e lo si introduce nel cantiere biopolitico che il filosofo aveva aperto in quegli anni. Sullo sfondo il vecchio il libro di Meinecke "L’idea della ragion di stato nella storia moderna" e i tanti trattati del tacitismo politico del seicento; in primo piano l’interpretazione da parte di Foucault di Machiavelli e Hobbes. È il pensatore inglese del Leviatano – la rappresentazione del potere che tiene in mano la spada e il pastorale - il termine di confronto decisivo del saggio come sarà in "Bisogna difendere la società" l'idea di guerra e di guerra civile. È la sua idea di religione, ma, soprattutto, di Stato cristiano, ad essere posti in tensione con la genealogia della governamentalità di marca foucaultiana. Emergono aporie e direzioni impreviste dell’ordine del discorso. All’inizio e alla fine del saggio l'assedio concerne l’idea del nome proprio in politica, mosso attraverso l’antica festa di poplifugia, che i Romani celebravano a commemorazione dell’apoteosi di Romolo, nella leggenda della fondazione di Roma. Un rito evocato da Tito Livio e raccontato da Michel Serres in un libro decisivo, benché poco letto e misconosciuto, sulla genesi della politica, "Roma, il libro della fondazione". Evento della nascita dei nomi nella notte del mondo che il saggio riprende e a cui corrisponde distinguendo tra la fondazione che non cessa di aver luogo e il punto di insorgenza dell'origine che trascina nel proprio ritmo il materiale della sua nascita.
2020
978-88-32241-06-8
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2677834
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