L’agire etico dell’impresa e nell’impresa rappresenta un tema difficile e delicato, molto dibattuto in letteratura, coinvolgendo argomenti attinenti alla stessa natura della scienza economica e al suo rapporto con la morale e toccando problemi di valenza interdisciplinare. Sono migliaia i volumi e gli articoli pubblicati nell’ambito dei filoni di studio della Corporate Social Responsibility (Responsabilità sociale d’impresa), della Corporate Social Responsiveness (traducibile come “rispondenza” o “sensibilità” sociale d’impresa) e della Business Ethic, negli ultimi 50 anni, per non parlare degli innumerevoli accesi dibattiti che si sono via via sviluppati tra gli studiosi e gli operatori economici delle aree più disparate. Occorre riconoscere che il ricorso ad argomentazioni etiche in campo economico (ma anche in quello politico) rischia di ridursi facilmente ad operazioni spesso puramente ideologiche, finalizzate per lo più a dare patente di legittimità al proprio agire, senza essere disposti a metterlo eventualmente in discussione (senza, cioè, ripensare criticamente il proprio agire economico alla luce di valori extra-economici). Spesso al valore reputazionale di un’azienda, cioè all’immagine esterna di eticità che un’azienda dà di sé, non corrisponde un comportamento morale, quindi un valore etico dell’azienda stessa (la famosa Enron aveva un codice etico strepitoso e passava per l’impresa che trattava meglio i propri dipendenti, fondando su questo la costruzione di una certa immagine di sé da comunicare all’esterno). Il motivo di questa ambiguità di fondo non dipende, innanzitutto, da una intenzione ideologica dei singoli, quanto piuttosto dal fatto che, nel contesto delle società secolarizzate, al concetto di etica si sono dati significati equivoci che ne hanno contraddetto il senso originario. In particolare, nel campo delle imprese e più in generale dell’economia (ma il discorso vale per tutti i campi dell’agire umano) sembra che l’etica possa fare a meno o comunque non poggiare in toto su una concezione del bene comune che dovrebbe animare gli imprenditori, i manager e in genere tutti gli attori del contesto aziendale, in sé considerato e nel rapporto con il contesto esterno. Questo rapporto fra etica, responsabilità e concezione del bene comune risale al mondo greco e ha trovato nella tradizione cristiana grande motivo di studio e di approfondimento. Un esempio è dato proprio dal padre della contabilità moderna in partita doppia, Luca Pacioli, a cui ancor oggi occorre attingere sapientemente

La coscienza del bene comune nel governo delle imprese

Massimo Ciambotti
2021

Abstract

L’agire etico dell’impresa e nell’impresa rappresenta un tema difficile e delicato, molto dibattuto in letteratura, coinvolgendo argomenti attinenti alla stessa natura della scienza economica e al suo rapporto con la morale e toccando problemi di valenza interdisciplinare. Sono migliaia i volumi e gli articoli pubblicati nell’ambito dei filoni di studio della Corporate Social Responsibility (Responsabilità sociale d’impresa), della Corporate Social Responsiveness (traducibile come “rispondenza” o “sensibilità” sociale d’impresa) e della Business Ethic, negli ultimi 50 anni, per non parlare degli innumerevoli accesi dibattiti che si sono via via sviluppati tra gli studiosi e gli operatori economici delle aree più disparate. Occorre riconoscere che il ricorso ad argomentazioni etiche in campo economico (ma anche in quello politico) rischia di ridursi facilmente ad operazioni spesso puramente ideologiche, finalizzate per lo più a dare patente di legittimità al proprio agire, senza essere disposti a metterlo eventualmente in discussione (senza, cioè, ripensare criticamente il proprio agire economico alla luce di valori extra-economici). Spesso al valore reputazionale di un’azienda, cioè all’immagine esterna di eticità che un’azienda dà di sé, non corrisponde un comportamento morale, quindi un valore etico dell’azienda stessa (la famosa Enron aveva un codice etico strepitoso e passava per l’impresa che trattava meglio i propri dipendenti, fondando su questo la costruzione di una certa immagine di sé da comunicare all’esterno). Il motivo di questa ambiguità di fondo non dipende, innanzitutto, da una intenzione ideologica dei singoli, quanto piuttosto dal fatto che, nel contesto delle società secolarizzate, al concetto di etica si sono dati significati equivoci che ne hanno contraddetto il senso originario. In particolare, nel campo delle imprese e più in generale dell’economia (ma il discorso vale per tutti i campi dell’agire umano) sembra che l’etica possa fare a meno o comunque non poggiare in toto su una concezione del bene comune che dovrebbe animare gli imprenditori, i manager e in genere tutti gli attori del contesto aziendale, in sé considerato e nel rapporto con il contesto esterno. Questo rapporto fra etica, responsabilità e concezione del bene comune risale al mondo greco e ha trovato nella tradizione cristiana grande motivo di studio e di approfondimento. Un esempio è dato proprio dal padre della contabilità moderna in partita doppia, Luca Pacioli, a cui ancor oggi occorre attingere sapientemente
2021
978-88-68536-43-5
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2690278
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