Da quando, nel 1974 (Eastman et al., 1974), si è iniziato a scrivere di BDS (Building Description System, poi divenuto Building Information Modeling), la digitalizzazione è entrata in modo sempre più pervasivo e continuativo nel dominio delle costruzioni, alimentando diverse promesse e prefigurando nuove prospettive. Non si è trattato di un percorso soltanto tecnologico, intrapreso sin dall’inizio con l’introduzione di strumenti e ambienti di gestione delle informazioni via via più sofisticati, ma di una dirompente rivoluzione (Azhar, 2011) nei settori della tecnica e dell’economia nelle costruzioni (Goedert and Meadati, 2008). Se il lavoro di Eastman aveva inizialmente la valenza di un metodo pratico immaginato per produrre celermente elaborati grafici a partire da un modello geometrico tridimensionale (Eastman et al., 1975), i principi celati dietro a questo approccio si sono rivelati nel tempo molto più articolati e ricchi di possibili interpretazioni (Arayici et al., 2011). Il sistema si è prestato a supportare l’industria delle costruzioni statunitense, alimentando nuovi canali di produzione, dalla prefabbricazione al decision making in fase progettuale prima e gestionale poi (Lu et al., 2016). Tuttavia, solo quando si è apprezzata appieno la possibilità di collegare l’informazione alla rappresentazione grafica il mercato della produzione edilizia ha immediatamente monetizzato i vantaggi derivanti dalla pianificazione digitale, amplificandone il potere di controllo quantitativo, economico e procedurale (McGraw Hill Construction, 2014). Da allora, regole, norme e linee guida si sono diffuse a livello mondiale (seppure in maniera disorganizzata) distribuendo globalmente sperimentazioni e cogenze, tese a migliorare processi e risultati da essi ottenibili (Solihin et al., 2015). È da constatare, però, come ciò sia accaduto sostanzialmente per le attività riferite alle nuove costruzioni, dove l’informazione generata dai progettisti e dai produttori di componenti è completamente nota in tutte le fasi del processo: l’attributo informativo nel flusso di progetto digitale assume un preciso significato di autorialità e di responsabilità delle parti nel contratto, come auspicato anche in Italia dal quadro normativo nazionale per l’opera pubblica. Per il dominio del già costruito, invece, dove acquisire conoscenza di ciò che è stato edificato è più complicato, il beneficio derivante da un ordinato scambio di informazione, ai vari livelli di un processo BIM, non è stato ancora valutato appieno. I settori disciplinari del disegno e del rilievo, che storicamente sono i maggiori latori del sapere e dell’interesse per la rappresentazione dell’esistente in Italia (non solamente di natura monumentale), si sono avvicinati solo di recente all’approccio BIM, talvolta travisandone le peculiarità o applicandone i precetti solo in misura parziale. Resta il fatto che digitalizzare il costruito studiandone caratteristiche e comportamenti è di primaria importanza, non solo nel contesto nazionale ma in tutte quelle realtà dove la conoscenza di metodi e tradizioni costruttive, unita allo scambio delle informazioni tra gli attori di filiera coinvolti, è fondamentale per la salvaguardia del patrimonio. Negli anni si sono succeduti numerosi sistemi di aggregazione delle informazioni per il restauro, per la documentazione dei luoghi costruiti e per la manutenzione dell’esistente; ciò nonostante in molti di questi approcci si ravvisa ancora una mera catalogazione di dati e mai la valenza di un linguaggio collaborativo di scambio digitale su più livelli (Logothetis et al., 2015). È questo il confine oltre il quale è necessario spingere il BIM per l’esistente, immaginando nuovi percorsi di sperimentazione dove la costruzione digitale, che tanto compiutamente descrive un progetto in fieri, può consentire un coordinato scambio della conoscenza anche per quelle realtà che si conoscono e approfondiscono nel tempo. Solo in questo modo, affidandosi alla più intima comprensione delle modalità costruttive di fabbricati e spazi per mezzo di duali digitali, il termine Building di BIM potrà assumere il significato di “atto del costruire” più che di “costruzione”, ripercorrendo la genesi etimologica del verbo to build anglosassone, dal quale l’acronimo trae origine.
Il BIM dell’esistente. Verso la digitalizzazione evoluta del patrimonio costruito
Garagnani, Simone
2019
Abstract
Da quando, nel 1974 (Eastman et al., 1974), si è iniziato a scrivere di BDS (Building Description System, poi divenuto Building Information Modeling), la digitalizzazione è entrata in modo sempre più pervasivo e continuativo nel dominio delle costruzioni, alimentando diverse promesse e prefigurando nuove prospettive. Non si è trattato di un percorso soltanto tecnologico, intrapreso sin dall’inizio con l’introduzione di strumenti e ambienti di gestione delle informazioni via via più sofisticati, ma di una dirompente rivoluzione (Azhar, 2011) nei settori della tecnica e dell’economia nelle costruzioni (Goedert and Meadati, 2008). Se il lavoro di Eastman aveva inizialmente la valenza di un metodo pratico immaginato per produrre celermente elaborati grafici a partire da un modello geometrico tridimensionale (Eastman et al., 1975), i principi celati dietro a questo approccio si sono rivelati nel tempo molto più articolati e ricchi di possibili interpretazioni (Arayici et al., 2011). Il sistema si è prestato a supportare l’industria delle costruzioni statunitense, alimentando nuovi canali di produzione, dalla prefabbricazione al decision making in fase progettuale prima e gestionale poi (Lu et al., 2016). Tuttavia, solo quando si è apprezzata appieno la possibilità di collegare l’informazione alla rappresentazione grafica il mercato della produzione edilizia ha immediatamente monetizzato i vantaggi derivanti dalla pianificazione digitale, amplificandone il potere di controllo quantitativo, economico e procedurale (McGraw Hill Construction, 2014). Da allora, regole, norme e linee guida si sono diffuse a livello mondiale (seppure in maniera disorganizzata) distribuendo globalmente sperimentazioni e cogenze, tese a migliorare processi e risultati da essi ottenibili (Solihin et al., 2015). È da constatare, però, come ciò sia accaduto sostanzialmente per le attività riferite alle nuove costruzioni, dove l’informazione generata dai progettisti e dai produttori di componenti è completamente nota in tutte le fasi del processo: l’attributo informativo nel flusso di progetto digitale assume un preciso significato di autorialità e di responsabilità delle parti nel contratto, come auspicato anche in Italia dal quadro normativo nazionale per l’opera pubblica. Per il dominio del già costruito, invece, dove acquisire conoscenza di ciò che è stato edificato è più complicato, il beneficio derivante da un ordinato scambio di informazione, ai vari livelli di un processo BIM, non è stato ancora valutato appieno. I settori disciplinari del disegno e del rilievo, che storicamente sono i maggiori latori del sapere e dell’interesse per la rappresentazione dell’esistente in Italia (non solamente di natura monumentale), si sono avvicinati solo di recente all’approccio BIM, talvolta travisandone le peculiarità o applicandone i precetti solo in misura parziale. Resta il fatto che digitalizzare il costruito studiandone caratteristiche e comportamenti è di primaria importanza, non solo nel contesto nazionale ma in tutte quelle realtà dove la conoscenza di metodi e tradizioni costruttive, unita allo scambio delle informazioni tra gli attori di filiera coinvolti, è fondamentale per la salvaguardia del patrimonio. Negli anni si sono succeduti numerosi sistemi di aggregazione delle informazioni per il restauro, per la documentazione dei luoghi costruiti e per la manutenzione dell’esistente; ciò nonostante in molti di questi approcci si ravvisa ancora una mera catalogazione di dati e mai la valenza di un linguaggio collaborativo di scambio digitale su più livelli (Logothetis et al., 2015). È questo il confine oltre il quale è necessario spingere il BIM per l’esistente, immaginando nuovi percorsi di sperimentazione dove la costruzione digitale, che tanto compiutamente descrive un progetto in fieri, può consentire un coordinato scambio della conoscenza anche per quelle realtà che si conoscono e approfondiscono nel tempo. Solo in questo modo, affidandosi alla più intima comprensione delle modalità costruttive di fabbricati e spazi per mezzo di duali digitali, il termine Building di BIM potrà assumere il significato di “atto del costruire” più che di “costruzione”, ripercorrendo la genesi etimologica del verbo to build anglosassone, dal quale l’acronimo trae origine.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.