La tesi di dottorato del dottor Giuseppe Stefano Azzarà, "Martin Heidegger: La questione della tecnica tra Rivoluzione Conservatrice e fine della politica", affronta il problema dello statuto politico della filosofia di Martin Heidegger da un punto di vista di "critica dell'ideologia". Nelle considerazioni introduttive alla ricerca il dottorando mostra la rilevanza della problematica della tecnica nel determinare la valenza politica del pensiero di Heidegger. Proprio attraverso il tema della tecnica moderna Heidegger affronta criticamente lo statuto contraddittorio che caratterizza la tarda modernità. Il concetto di Ge-stell viene inteso qui come una metafora del funzionamento dei processi sociali informati dal modo di produzione capitalistico. E' possibile cogliere in ciò la grande maturità ideologica della riflessione di Heidegger. Questi non si limita a riflettere implicitamente i movimenti con i quali le sfere dell'essere sociale rispondono alle sollecitazioni sistemiche ma arriva a tematizzare direttamente le strutture relazionali fondamentali che soggiacciono alla loro coordinazione e che ne guidano lo sviluppo storico. Partendo da questa capacità di analisi di Heidegger sorge quindi il problema di una comprensione della sua effettiva posizione politica rispetto ai movimenti in atto. Il tema della tecnica, in quanto immagine dei movimenti dei processi di modernizzazione interni al modo di produzione capitalistico, diventa in questa prospettiva lo strumento privilegiato per individuare l'intenzionalità politica del discorso filosofico. Al fine di preparare tale comprensione, nella prima parte della ricerca il candidato imposta un lavoro di contestualizzazione storica del discorso di Heidegger. Viene analizzato qui il dibattito ideologico sulla questione della tecnica che durante la prima parte del secolo vede impegnati i ceti intellettuali della destra tedesca. Il dottorando propone un'interpretazione della cosiddetta "rivoluzione conservatrice" nei termini di un movimento dialettico interno alla sfera ideologica borghese, attraverso il quale alle tradizionali forme di Kulturkritik proprie delle correnti neoromantiche di stampo voelkisch e Blut-und-Boden si oppone un massiccio recupero del tema della tecnica da parte del "modernismo reazionario". Si tratta di un movimento di ristrutturazione della sfera ideologica tedesca stimolato dall'incapacità del tradizionale antimodernismo a supportare la grande modernizzazione novecentesca dell'apparato produttivo, parallela alla costituzione di una società di massa e di consumo. Il tema della tecnica, dapprima respinto e demonizzato dagli ideologi tedeschi come elemento interno alla Gesellschaft borghese materialistica e mercantilistica, viene recuperato in funzione fortemente antidemocratica ed autoritaria a partire dalla seconda guerra mondiale, mediante una trasfigurazione eroica che ne esalta le capacità di potenza e di dominio. Per illustrare questo movimento dialettico della sfera ideologica il candidato segue le posizioni assunte da tre fra gli autori più significativi di questo periodo. Se in Sombart è ancora chiara l'ostilità ai processi di modernizzazione della società tedesca, in Spengler la nostalgia verso gli assetti precapitalistici è già del tutto piegata alla necesità della razionalizzazione, espressa nei termini di un destino della Zivilisation. In Juenger poi si assiste alla totale accettazione dei processi sistemici trasfigurati, proprio a partire dall'esaltazione del dispiegamento della tecnica, nei termini di una vera e propria rivoluzione epocale. Poiché non risulta possibile ridurre la portata del pensiero di Heidegger a nessuna delle posizioni ideologiche della "rivoluzione conservatrice", si rende necessaria una ricostruzione dell'evoluzione interna della sua valutazione della tecnica. Nella seconda parte della ricerca il candidato ripercorre tale evoluzione fino agli anni 1933-34, gli anni dell'assunzione da parte di Heidegger della carica di rettore dell'Università di Friburgo. La scelta di assumere un impegno istituzionale diretto legandosi al regime nazionalsocialista è infatti l'esito di una riflessione decennale che Heidegger conduce intorno ai problemi dell'assetto della sfera del sapere nel mondo moderno. Già molto presto Heidegger si interroga sullo statuto della scienza moderna e sulla relazione che essa intrattiene con la filosofia. Muovendo dalla constatazione dello stato di crisi delle scienze, Heidegger propone una rifondazione complessiva della sfera del sapere a partire da una rinnovata consapevolezza filosofica. Questo tema assume però nella sua riflessione una rilevanza politica concreta e diretta quando arriva ad investire il problema dell'assetto tecnico dell'Università moderna all'interno dello Stato liberale. L'assetto tecnico del sapere è in effetti una conseguenza dell'organizzazione tecnica dell'intera società, richiesta dalla funzionalizzazione dei suoi diversi ambiti all'interno del modo di produzione capitalistico. L'idea di una rifondazione filosofica del sapere assume poi una portata storica rivoluzionaria, diventando per Heidegger la consapevole preparazione ideologica di una chiusura dell'età moderna volta all'inizio di una nuova epoca storica per l'Occidente. Alla luce di questo percorso diventa più semplice comprendere la possibilità dell'incontro di Heidegger con il nazionalsocialismo. Nel discorso di rettorato l'idea della "autoaffermazione dell'Università tedesca" è tutt'uno con quella di un rivoluzionamento globale dell'intera società, attraverso il quale le diverse sfere dell'essere sociale vengano ricondotte ad un saldo radicamento spirituale e l'organizzazione tecnica cessi di essere il fulcro della società tedesca, ricollocandosi all'interno di una più originaria rete di relazioni. Nella terza parte della ricerca il dottorando ripercorre l'evoluzione della posizione politica di Heidegger dalla metà degli anni Trenta sino al periodo immediatamente successivo alla Seconda guerra mondiale. La prospettiva di un superamento dell'età moderna e dell'inizio di una nuova storia dell'Occidente nella quale la tecnica perda la sua funzione totalizzante resta fino alla fine degli anni Trenta il cuore del discorso di Heidegger. L'età moderna appare ormai qui come "l'età della tecnica", e il movimento metafisico da essa espresso è il "nichilismo" del livellamento sociale proprio delle democrazie di massa e del socialismo sovietico, dell'esaurimento di ogni dimensione qualitativa dell'esistenza, della manipolazione dell'opinione pubblica da parte dell'"industria culturale" e delle "visioni del mondo". Heidegger porta avanti le proprie riflessioni in un intreccio continuo di analisi politica e di indagine storico-metafisica, che trova nel confronto con Nietzsche il suo nucleo di addensamento. E' di fronte alle vittorie fulminee della Germania nazista all'inizio della guerra che il quadro di filosofia della storia di Heidegger si modifica. L'idea di un superamento della modernità viene adesso mediata da quella di un suo preliminare e necessario "compimento" ed esaurimento. Di questo stadio intermedio il pensiero di Nietzsche è ai suoi occhi la prefigurazione metafisica mentre il "nichilismo attivo" delle armate tedesche è l'attuazione materiale, nella forma del padroneggiamento del dispiegamento planetario della tecnica. Se in questo momento Heidegger è convinto della necessità storica del nichilismo attivo e si dispone a commentare come un evento decisivo le vittorie tedesche in guerra, nel momento in cui le sorti di quest'ultima si volgono in senso avverso alla Germania il suo quadro di filosofia della storia si modifica ulteriormente. Non si tratterà più a questo punto di "compiere" il nichilismo per preparare il "nuovo inizio" ma di opporsi a tutti i costi alla volontà di potenza, impegnandosi fino al sacrificio estremo per testimoniare la verità dell'essere e l'essenza della verità contro lo scatenamento del dominio tecnico di cui sono portatrici la Russia bolscevica e gli USA. Heidegger rinuncia a vedere a questo punto nella guerra mondiale la decisione storica sulle sorti del mondo moderno e la interpreta come il totale dispiegamento del delirio planetario della volontà di potenza. In questo delirio tutti i soggetti statali in lotta sono coinvolti con pari responsabilità e colpe, ma agiscono tutto sommato come attori inconsapevoli di una storia più profonda, attraverso la quale la Seinsgeschichte percorre il suo destino epocale. E' in questo quadro di totale negazione di ogni capacità umana di agire sulla storia e di modificarne il corso che Heidegger elabora l'interpretazione conclusiva dell'essenza della tecnica come Ge-stell. Nell'idea di un'insuperabile "gabbia d'acciaio" che rinserra ogni relazione sociale rendendola immediatamente funzionale al processo produttivo, Heidegger rispecchia lo stato di totale subordinazione della sfera ideologica alle esigenze sistemiche del modo di produzione, arrivando a negare la legittimità stessa della prassi politica come consapevole assunzione di responsabilità del soggetto nei confronti del mondo.
Martin Heidegger. La questione della tecnica tra Rivoluzione Conservatrice e fine della politica
AZZARA'
1996
Abstract
La tesi di dottorato del dottor Giuseppe Stefano Azzarà, "Martin Heidegger: La questione della tecnica tra Rivoluzione Conservatrice e fine della politica", affronta il problema dello statuto politico della filosofia di Martin Heidegger da un punto di vista di "critica dell'ideologia". Nelle considerazioni introduttive alla ricerca il dottorando mostra la rilevanza della problematica della tecnica nel determinare la valenza politica del pensiero di Heidegger. Proprio attraverso il tema della tecnica moderna Heidegger affronta criticamente lo statuto contraddittorio che caratterizza la tarda modernità. Il concetto di Ge-stell viene inteso qui come una metafora del funzionamento dei processi sociali informati dal modo di produzione capitalistico. E' possibile cogliere in ciò la grande maturità ideologica della riflessione di Heidegger. Questi non si limita a riflettere implicitamente i movimenti con i quali le sfere dell'essere sociale rispondono alle sollecitazioni sistemiche ma arriva a tematizzare direttamente le strutture relazionali fondamentali che soggiacciono alla loro coordinazione e che ne guidano lo sviluppo storico. Partendo da questa capacità di analisi di Heidegger sorge quindi il problema di una comprensione della sua effettiva posizione politica rispetto ai movimenti in atto. Il tema della tecnica, in quanto immagine dei movimenti dei processi di modernizzazione interni al modo di produzione capitalistico, diventa in questa prospettiva lo strumento privilegiato per individuare l'intenzionalità politica del discorso filosofico. Al fine di preparare tale comprensione, nella prima parte della ricerca il candidato imposta un lavoro di contestualizzazione storica del discorso di Heidegger. Viene analizzato qui il dibattito ideologico sulla questione della tecnica che durante la prima parte del secolo vede impegnati i ceti intellettuali della destra tedesca. Il dottorando propone un'interpretazione della cosiddetta "rivoluzione conservatrice" nei termini di un movimento dialettico interno alla sfera ideologica borghese, attraverso il quale alle tradizionali forme di Kulturkritik proprie delle correnti neoromantiche di stampo voelkisch e Blut-und-Boden si oppone un massiccio recupero del tema della tecnica da parte del "modernismo reazionario". Si tratta di un movimento di ristrutturazione della sfera ideologica tedesca stimolato dall'incapacità del tradizionale antimodernismo a supportare la grande modernizzazione novecentesca dell'apparato produttivo, parallela alla costituzione di una società di massa e di consumo. Il tema della tecnica, dapprima respinto e demonizzato dagli ideologi tedeschi come elemento interno alla Gesellschaft borghese materialistica e mercantilistica, viene recuperato in funzione fortemente antidemocratica ed autoritaria a partire dalla seconda guerra mondiale, mediante una trasfigurazione eroica che ne esalta le capacità di potenza e di dominio. Per illustrare questo movimento dialettico della sfera ideologica il candidato segue le posizioni assunte da tre fra gli autori più significativi di questo periodo. Se in Sombart è ancora chiara l'ostilità ai processi di modernizzazione della società tedesca, in Spengler la nostalgia verso gli assetti precapitalistici è già del tutto piegata alla necesità della razionalizzazione, espressa nei termini di un destino della Zivilisation. In Juenger poi si assiste alla totale accettazione dei processi sistemici trasfigurati, proprio a partire dall'esaltazione del dispiegamento della tecnica, nei termini di una vera e propria rivoluzione epocale. Poiché non risulta possibile ridurre la portata del pensiero di Heidegger a nessuna delle posizioni ideologiche della "rivoluzione conservatrice", si rende necessaria una ricostruzione dell'evoluzione interna della sua valutazione della tecnica. Nella seconda parte della ricerca il candidato ripercorre tale evoluzione fino agli anni 1933-34, gli anni dell'assunzione da parte di Heidegger della carica di rettore dell'Università di Friburgo. La scelta di assumere un impegno istituzionale diretto legandosi al regime nazionalsocialista è infatti l'esito di una riflessione decennale che Heidegger conduce intorno ai problemi dell'assetto della sfera del sapere nel mondo moderno. Già molto presto Heidegger si interroga sullo statuto della scienza moderna e sulla relazione che essa intrattiene con la filosofia. Muovendo dalla constatazione dello stato di crisi delle scienze, Heidegger propone una rifondazione complessiva della sfera del sapere a partire da una rinnovata consapevolezza filosofica. Questo tema assume però nella sua riflessione una rilevanza politica concreta e diretta quando arriva ad investire il problema dell'assetto tecnico dell'Università moderna all'interno dello Stato liberale. L'assetto tecnico del sapere è in effetti una conseguenza dell'organizzazione tecnica dell'intera società, richiesta dalla funzionalizzazione dei suoi diversi ambiti all'interno del modo di produzione capitalistico. L'idea di una rifondazione filosofica del sapere assume poi una portata storica rivoluzionaria, diventando per Heidegger la consapevole preparazione ideologica di una chiusura dell'età moderna volta all'inizio di una nuova epoca storica per l'Occidente. Alla luce di questo percorso diventa più semplice comprendere la possibilità dell'incontro di Heidegger con il nazionalsocialismo. Nel discorso di rettorato l'idea della "autoaffermazione dell'Università tedesca" è tutt'uno con quella di un rivoluzionamento globale dell'intera società, attraverso il quale le diverse sfere dell'essere sociale vengano ricondotte ad un saldo radicamento spirituale e l'organizzazione tecnica cessi di essere il fulcro della società tedesca, ricollocandosi all'interno di una più originaria rete di relazioni. Nella terza parte della ricerca il dottorando ripercorre l'evoluzione della posizione politica di Heidegger dalla metà degli anni Trenta sino al periodo immediatamente successivo alla Seconda guerra mondiale. La prospettiva di un superamento dell'età moderna e dell'inizio di una nuova storia dell'Occidente nella quale la tecnica perda la sua funzione totalizzante resta fino alla fine degli anni Trenta il cuore del discorso di Heidegger. L'età moderna appare ormai qui come "l'età della tecnica", e il movimento metafisico da essa espresso è il "nichilismo" del livellamento sociale proprio delle democrazie di massa e del socialismo sovietico, dell'esaurimento di ogni dimensione qualitativa dell'esistenza, della manipolazione dell'opinione pubblica da parte dell'"industria culturale" e delle "visioni del mondo". Heidegger porta avanti le proprie riflessioni in un intreccio continuo di analisi politica e di indagine storico-metafisica, che trova nel confronto con Nietzsche il suo nucleo di addensamento. E' di fronte alle vittorie fulminee della Germania nazista all'inizio della guerra che il quadro di filosofia della storia di Heidegger si modifica. L'idea di un superamento della modernità viene adesso mediata da quella di un suo preliminare e necessario "compimento" ed esaurimento. Di questo stadio intermedio il pensiero di Nietzsche è ai suoi occhi la prefigurazione metafisica mentre il "nichilismo attivo" delle armate tedesche è l'attuazione materiale, nella forma del padroneggiamento del dispiegamento planetario della tecnica. Se in questo momento Heidegger è convinto della necessità storica del nichilismo attivo e si dispone a commentare come un evento decisivo le vittorie tedesche in guerra, nel momento in cui le sorti di quest'ultima si volgono in senso avverso alla Germania il suo quadro di filosofia della storia si modifica ulteriormente. Non si tratterà più a questo punto di "compiere" il nichilismo per preparare il "nuovo inizio" ma di opporsi a tutti i costi alla volontà di potenza, impegnandosi fino al sacrificio estremo per testimoniare la verità dell'essere e l'essenza della verità contro lo scatenamento del dominio tecnico di cui sono portatrici la Russia bolscevica e gli USA. Heidegger rinuncia a vedere a questo punto nella guerra mondiale la decisione storica sulle sorti del mondo moderno e la interpreta come il totale dispiegamento del delirio planetario della volontà di potenza. In questo delirio tutti i soggetti statali in lotta sono coinvolti con pari responsabilità e colpe, ma agiscono tutto sommato come attori inconsapevoli di una storia più profonda, attraverso la quale la Seinsgeschichte percorre il suo destino epocale. E' in questo quadro di totale negazione di ogni capacità umana di agire sulla storia e di modificarne il corso che Heidegger elabora l'interpretazione conclusiva dell'essenza della tecnica come Ge-stell. Nell'idea di un'insuperabile "gabbia d'acciaio" che rinserra ogni relazione sociale rendendola immediatamente funzionale al processo produttivo, Heidegger rispecchia lo stato di totale subordinazione della sfera ideologica alle esigenze sistemiche del modo di produzione, arrivando a negare la legittimità stessa della prassi politica come consapevole assunzione di responsabilità del soggetto nei confronti del mondo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.