Il presente contributo intende fornire un’analisi critica della disciplina relativa all’acquisizione delle dichiarazioni delle vittime “vulnerabili” del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro in sede di incidente probatorio. Dopo aver ricostruito brevemente la genesi della normativa, l’Autore si concentra sulle ipotesi di acquisizione incidentale dedicate alle vittime con specifiche esigenze di protezione (art. 392, co. 1-bis, c.p.p.). Il contributo mette in evidenza come il codice di rito penale non consenta di inferire una vulnerabilità presunta delle persone offese da tale reato, dovendo il pubblico ministero, il difensore o il giudice accertare siffatta caratteristica, secondo un approccio casistico, al fine di acquisire le dichiarazioni della vittima. Poiché per reati similari, invece, tale vulnerabilità è ritenuta sussistere iuris et de iure, tale ulteriore passaggio procedimentale sarebbe foriero di frizioni costituzionali con il principio di uguaglianza. Viene quindi criticata la “normazione per catalogo” operata dal legislatore, che avrebbe indebitamente ristretto il campo di applicazione della vulnerabilità presunta, escludendo così le vittime di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Al fine di emendare la normativa, l’Autore suggerisce, in conclusione, qualche intervento correttivo, in prospettiva de iure condendo. -- This article embarks on a meticulous critique of the legal framework governing the acquisition of statements from ‘vulnerable’ victims in cases of illicit intermediation and labor exploitation during special evidentiary hearings. The Author initially sketches the historical evolution of the relevant legislation, before delving into the procedural nuances for gathering statements from victims requiring enhanced protective measures (Article 392(1-bis) of the Italian Code of Criminal Procedure). The analysis critically underscores a significant lacuna in the aforementioned Code – it does not presume vulnerability for victims of this crime, necessitating case-by-case assessments by public prosecutors, defense attorneys, or judges to ascertain such a characteristic for evidentiary purposes. This additional procedural requirement stands in stark contrast to the iuris et de iure presumed vulnerability for analogous crimes, potentially precipitating constitutional discrepancies with the principle of equality. The Author notably critiques the Italian legislator’s ‘catalog-based norm-setting’, which has unduly narrowed the scope of presumed vulnerability, thereby sidelining the victims of illicit intermediation and labor exploitation. To remedy these legislative shortcomings, the Author posits several corrective measures, suggesting an overhaul that would realign the legal approach with the principle of equality and comprehensive victim protection.
Vittime di caporalato e incidente probatorio: aporie sistemiche di una disciplina a geometria variabile
Lorenzo Bernardini
2024
Abstract
Il presente contributo intende fornire un’analisi critica della disciplina relativa all’acquisizione delle dichiarazioni delle vittime “vulnerabili” del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro in sede di incidente probatorio. Dopo aver ricostruito brevemente la genesi della normativa, l’Autore si concentra sulle ipotesi di acquisizione incidentale dedicate alle vittime con specifiche esigenze di protezione (art. 392, co. 1-bis, c.p.p.). Il contributo mette in evidenza come il codice di rito penale non consenta di inferire una vulnerabilità presunta delle persone offese da tale reato, dovendo il pubblico ministero, il difensore o il giudice accertare siffatta caratteristica, secondo un approccio casistico, al fine di acquisire le dichiarazioni della vittima. Poiché per reati similari, invece, tale vulnerabilità è ritenuta sussistere iuris et de iure, tale ulteriore passaggio procedimentale sarebbe foriero di frizioni costituzionali con il principio di uguaglianza. Viene quindi criticata la “normazione per catalogo” operata dal legislatore, che avrebbe indebitamente ristretto il campo di applicazione della vulnerabilità presunta, escludendo così le vittime di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Al fine di emendare la normativa, l’Autore suggerisce, in conclusione, qualche intervento correttivo, in prospettiva de iure condendo. -- This article embarks on a meticulous critique of the legal framework governing the acquisition of statements from ‘vulnerable’ victims in cases of illicit intermediation and labor exploitation during special evidentiary hearings. The Author initially sketches the historical evolution of the relevant legislation, before delving into the procedural nuances for gathering statements from victims requiring enhanced protective measures (Article 392(1-bis) of the Italian Code of Criminal Procedure). The analysis critically underscores a significant lacuna in the aforementioned Code – it does not presume vulnerability for victims of this crime, necessitating case-by-case assessments by public prosecutors, defense attorneys, or judges to ascertain such a characteristic for evidentiary purposes. This additional procedural requirement stands in stark contrast to the iuris et de iure presumed vulnerability for analogous crimes, potentially precipitating constitutional discrepancies with the principle of equality. The Author notably critiques the Italian legislator’s ‘catalog-based norm-setting’, which has unduly narrowed the scope of presumed vulnerability, thereby sidelining the victims of illicit intermediation and labor exploitation. To remedy these legislative shortcomings, the Author posits several corrective measures, suggesting an overhaul that would realign the legal approach with the principle of equality and comprehensive victim protection.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.