"L’uomo tra stato di natura e civiltà", capitolo 6, porta vanti la tesi esplicitata nel titolo, appoggiandosi alle teorie di alcuni filosofi del passato proprio per suffragare l’idea che l’uomo oscilli, costitutivamente, tra due estremi: uno stato ferino in cui si comporta da animale feroce e uno stato “civilizzato” in cui agisce in modo morale: “L’uomo nasce animale selvaggio, si trasforma in un essere morale e civile, ma questa condizione non è mai acquisita una volta per tutte e anzi la ricaduta allo “stato di natura” è sempre in agguato ed è sempre possibile. Se è così, allora l’unico antidoto per questo “veleno”, l’unico strumento per evitare questo rischio consiste nella corretta educazione”. Ricorrendo alle teorizzazioni di Platone e Hobbes, l’autrice pone l’accento sulla necessità dell’educazione e delle buone leggi dello Stato, per fare in modo che l’uomo possa essere homini deus e non homini lupus.
"L'uomo tra stato di natura e civiltà"
Raffaella Santi
2024
Abstract
"L’uomo tra stato di natura e civiltà", capitolo 6, porta vanti la tesi esplicitata nel titolo, appoggiandosi alle teorie di alcuni filosofi del passato proprio per suffragare l’idea che l’uomo oscilli, costitutivamente, tra due estremi: uno stato ferino in cui si comporta da animale feroce e uno stato “civilizzato” in cui agisce in modo morale: “L’uomo nasce animale selvaggio, si trasforma in un essere morale e civile, ma questa condizione non è mai acquisita una volta per tutte e anzi la ricaduta allo “stato di natura” è sempre in agguato ed è sempre possibile. Se è così, allora l’unico antidoto per questo “veleno”, l’unico strumento per evitare questo rischio consiste nella corretta educazione”. Ricorrendo alle teorizzazioni di Platone e Hobbes, l’autrice pone l’accento sulla necessità dell’educazione e delle buone leggi dello Stato, per fare in modo che l’uomo possa essere homini deus e non homini lupus.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.