Il muro, considerato tra le opere più inquietanti e rappresentative di Jean-Paul Sartre, uscì per la prima volta in Italia nel 1947, dove venne sequestrato dall’autorità giudiziaria per oltraggio al pudore. Un libro da nascondere, un libro pericoloso, un libro dalle potenzialità destabilizzanti per una società che preferiva distogliere lo sguardo piuttosto che interrogarsi sul suo tragico passato. Ma cosa c’è di così scandaloso in quest’opera? Nulla, se non la minuziosa descrizione delle debolezze umane. Cinque racconti che parlano di una difficoltà di vivere che diventa diversità negata, logica omicida, agire politico. Cinque racconti che ci obbligano a confrontarci con noi stessi sino ad oltrepassare il limite del dolore: quel confine dove le certezze si annul- lano trasformandosi in paura. La cella in cui Pablo Ibbieta e i suoi compagni attendono la morte trasuda terrore. La casa di Pietro ed Eva è un universo allucinato attraverso il quale fuggire dalla normalità. La follia di Erostrato è tutt’uno con la tragica incapacità di amare l’altro da noi. Il letto di Lulù ed Enrico diviene il palcoscenico in cui la carne e lo spirito combattono la loro ciclica guerra. Ma è nell’ultimo racconto, L’infanzia di un capo, che Sartre delinea la formazione interiore e ideologica di un giovane borghese, Luciano Fleurier, con uno stile narrativo che non solo anticipa le logiche del- l’adesione totalitaria, ma mette in scena in forma clinica la crisi dell’i- dentità moderna. Quello che in apparenza potrebbe sembrare un rac- conto sulla crescita o sulla politica, si rivela un’accurata esplorazione delle profondità dell’essere, delle sue incertezze ontologiche e delle strategie, spesso fallimentari, che l’individuo adotta per fuggire dal- l’instabilità della propria condizione. Al cuore di questo dramma non c’è tanto il conflitto tra individuo e società, quanto la tensione, tra l’essere umano e la sua stessa libertà. Luciano non sa chi è, ma sa che dovrebbe essere: è questa scissione, questo vuoto che si apre tra l’urgenza di definirsi e l’impossibilità di fondarsi, che struttura l’intero racconto. Ed è qui che la letteratura si fa filosofia: l’identità, lungi dall’essere un dato, si mostra come un compito, un campo di forze, un nodo in cui si intrecciano corpo, de- siderio, sguardo sociale, linguaggio e potere.

IL MALE DELL’ESSERE. Caduta, desiderio e metamorfosi ne l’Infanzia di un capo di Sartre

Cristiano Maria Bellei
2025

Abstract

Il muro, considerato tra le opere più inquietanti e rappresentative di Jean-Paul Sartre, uscì per la prima volta in Italia nel 1947, dove venne sequestrato dall’autorità giudiziaria per oltraggio al pudore. Un libro da nascondere, un libro pericoloso, un libro dalle potenzialità destabilizzanti per una società che preferiva distogliere lo sguardo piuttosto che interrogarsi sul suo tragico passato. Ma cosa c’è di così scandaloso in quest’opera? Nulla, se non la minuziosa descrizione delle debolezze umane. Cinque racconti che parlano di una difficoltà di vivere che diventa diversità negata, logica omicida, agire politico. Cinque racconti che ci obbligano a confrontarci con noi stessi sino ad oltrepassare il limite del dolore: quel confine dove le certezze si annul- lano trasformandosi in paura. La cella in cui Pablo Ibbieta e i suoi compagni attendono la morte trasuda terrore. La casa di Pietro ed Eva è un universo allucinato attraverso il quale fuggire dalla normalità. La follia di Erostrato è tutt’uno con la tragica incapacità di amare l’altro da noi. Il letto di Lulù ed Enrico diviene il palcoscenico in cui la carne e lo spirito combattono la loro ciclica guerra. Ma è nell’ultimo racconto, L’infanzia di un capo, che Sartre delinea la formazione interiore e ideologica di un giovane borghese, Luciano Fleurier, con uno stile narrativo che non solo anticipa le logiche del- l’adesione totalitaria, ma mette in scena in forma clinica la crisi dell’i- dentità moderna. Quello che in apparenza potrebbe sembrare un rac- conto sulla crescita o sulla politica, si rivela un’accurata esplorazione delle profondità dell’essere, delle sue incertezze ontologiche e delle strategie, spesso fallimentari, che l’individuo adotta per fuggire dal- l’instabilità della propria condizione. Al cuore di questo dramma non c’è tanto il conflitto tra individuo e società, quanto la tensione, tra l’essere umano e la sua stessa libertà. Luciano non sa chi è, ma sa che dovrebbe essere: è questa scissione, questo vuoto che si apre tra l’urgenza di definirsi e l’impossibilità di fondarsi, che struttura l’intero racconto. Ed è qui che la letteratura si fa filosofia: l’identità, lungi dall’essere un dato, si mostra come un compito, un campo di forze, un nodo in cui si intrecciano corpo, de- siderio, sguardo sociale, linguaggio e potere.
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
Il male di esistere Bellei.pdf

solo utenti autorizzati

Descrizione: Saggio dal titolo: IL MALE DELL’ESSERE. Caduta, desiderio e metamorfosi ne l’Infanzia di un capo di Sartre
Tipologia: Versione editoriale
Licenza: Copyright (tutti i diritti riservati)
Dimensione 255.13 kB
Formato Adobe PDF
255.13 kB Adobe PDF   Visualizza/Apri   Richiedi una copia

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2764895
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact