Partendo dalla premessa, innegabile, di una mancanza di contatti diretti dimostrabili tra Leonardo e Giovanni Pico, il confronto tra i due viene impostato e proposto sul tema della parola pronunciata, del nesso parola/pensiero (come parola muta) e della conseguente idea di cultura. La lettera di Pico a Ermolao Barbaro, e la sua Oratio de hominis dignitate vengono analizzate come testimonianze di una consapevole e lucida fondazione del primato della lingua mentale, o angelica, dunque universale, rispetto alle loquele storiche, contingenti e particolari, risuonanti nel tempo e nei luoghi. Ciò si riflette e condensa, in Pico, in una immagine – la filosofia «stat puncto insectili et individuo» – di cui, grazie a una accurata escussione delle fonti (Aristotele, Euclide, la prospettiva albertiana), si dimostra il ruolo strategico nel definire una concezione stabile, indeducibile e astratto della verità per Giovanni Pico. Per lui dunque la filosofia è un dispositivo che trova nella forma, nella spiritualità della verità, la propria saldezza e la propria potenza: la potenza di ciò che rende tutto possibile senza essere da nulla condizionato, di un luogo in uno spazio ideale, che organizza questo spazio proprio in quanto è sottratto ad esso sia in quanto “luogo”, sia in quanto mera estensione. A fronte di questo modello compatto e culturalmente raffinato, le riflessioni vinciane sul nesso e la sfida tra immagine e parola, consegnate al cosidetto “Paragone delle arti” costituiscono, in modo assai più incerto, ma anche mosso e stimolante, un tentativo di far poggiare il primato della pittura sulle arti della parola sopra una concezione magico-mimetica dell’iconicità del segno pittorico. A questa prima presa di posizione, si mostra però come faccia seguito, dall’inizio del Cinquecento, una progressiva, radicale rimessa in discussione, fino a giungere a un completo rovesciamento e a una concezione “verbale” dello stesso segno visivo. In questo modo Leonardo da Vinci sembra costituirsi in alternativa al modello di cultura proposto dal Conte della Concordia.

Umanesimo e immagine dell'uomo

FROSINI, FABIO
2005

Abstract

Partendo dalla premessa, innegabile, di una mancanza di contatti diretti dimostrabili tra Leonardo e Giovanni Pico, il confronto tra i due viene impostato e proposto sul tema della parola pronunciata, del nesso parola/pensiero (come parola muta) e della conseguente idea di cultura. La lettera di Pico a Ermolao Barbaro, e la sua Oratio de hominis dignitate vengono analizzate come testimonianze di una consapevole e lucida fondazione del primato della lingua mentale, o angelica, dunque universale, rispetto alle loquele storiche, contingenti e particolari, risuonanti nel tempo e nei luoghi. Ciò si riflette e condensa, in Pico, in una immagine – la filosofia «stat puncto insectili et individuo» – di cui, grazie a una accurata escussione delle fonti (Aristotele, Euclide, la prospettiva albertiana), si dimostra il ruolo strategico nel definire una concezione stabile, indeducibile e astratto della verità per Giovanni Pico. Per lui dunque la filosofia è un dispositivo che trova nella forma, nella spiritualità della verità, la propria saldezza e la propria potenza: la potenza di ciò che rende tutto possibile senza essere da nulla condizionato, di un luogo in uno spazio ideale, che organizza questo spazio proprio in quanto è sottratto ad esso sia in quanto “luogo”, sia in quanto mera estensione. A fronte di questo modello compatto e culturalmente raffinato, le riflessioni vinciane sul nesso e la sfida tra immagine e parola, consegnate al cosidetto “Paragone delle arti” costituiscono, in modo assai più incerto, ma anche mosso e stimolante, un tentativo di far poggiare il primato della pittura sulle arti della parola sopra una concezione magico-mimetica dell’iconicità del segno pittorico. A questa prima presa di posizione, si mostra però come faccia seguito, dall’inizio del Cinquecento, una progressiva, radicale rimessa in discussione, fino a giungere a un completo rovesciamento e a una concezione “verbale” dello stesso segno visivo. In questo modo Leonardo da Vinci sembra costituirsi in alternativa al modello di cultura proposto dal Conte della Concordia.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/1888633
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