L’interpretazione favorevole alla possibilità di praticare la trasfusione di sangue consapevolmente rifiutata è comunemente negata anche per il timore che possa aprire una pericolosa breccia dagli sviluppi non facilmente contenibili verso un sistema di controlli e di limiti allo stile di vita adottato dai singoli, volto ad imporre ab exerno uno standard ottimale della qualità della vita. A ben vedere, troppo spesso si è gridato a presunti attentati alla libertà individuale e all’estrinsecazione della personalità rispetto alle previsioni che impongono ai soggetti una precisa condotta al fine di tutelare la loro stessa salute, se si considera che la stessa Corte Costituzionale, sollecitata a pronunciarsi sulla legittimità di tali prescrizioni, le ha pienamente giustificate in base al conclusivo rilievo che “la salute dell’individuo è anche interesse della collettività”. La compressione della sfera di autodeterminazione quindi, si giustifica, ed anzi si impone, quando nel bilanciamento fra principi e valori costituzionalmente rilevanti emergono prioritarie esigenze di tutela della salute, dell’integrità e della vita umana. Ma, soprattutto, il rischio che si paventa appare scongiurato se si precisano le condizioni di liceità alle quali è indefettibilmente subordinata la trasfusione “coattiva”: in primo luogo è necessario che la trasfusione di sangue risulti assolutamente improrogabile, indispensabile ed infungibile per salvare la vita del soggetto; sicché l’eventuale rifiuto della trasfusione si porrebbe in rapporto di causalità certa, diretta ed immediata con la morte del paziente; in secondo luogo il trattamento non deve presentare alcun rischio ulteriore, o quanto meno rischi irrisori, per la salute di chi lo subisce; infine, è necessario che il medico “si trovi” ad assistere il paziente, sia cioè da questi o da altri chiamato ad intervenire.
Riflessioni in tema di rifiuto delle trasfusioni di sangue
DI BONA, LAURA
2005
Abstract
L’interpretazione favorevole alla possibilità di praticare la trasfusione di sangue consapevolmente rifiutata è comunemente negata anche per il timore che possa aprire una pericolosa breccia dagli sviluppi non facilmente contenibili verso un sistema di controlli e di limiti allo stile di vita adottato dai singoli, volto ad imporre ab exerno uno standard ottimale della qualità della vita. A ben vedere, troppo spesso si è gridato a presunti attentati alla libertà individuale e all’estrinsecazione della personalità rispetto alle previsioni che impongono ai soggetti una precisa condotta al fine di tutelare la loro stessa salute, se si considera che la stessa Corte Costituzionale, sollecitata a pronunciarsi sulla legittimità di tali prescrizioni, le ha pienamente giustificate in base al conclusivo rilievo che “la salute dell’individuo è anche interesse della collettività”. La compressione della sfera di autodeterminazione quindi, si giustifica, ed anzi si impone, quando nel bilanciamento fra principi e valori costituzionalmente rilevanti emergono prioritarie esigenze di tutela della salute, dell’integrità e della vita umana. Ma, soprattutto, il rischio che si paventa appare scongiurato se si precisano le condizioni di liceità alle quali è indefettibilmente subordinata la trasfusione “coattiva”: in primo luogo è necessario che la trasfusione di sangue risulti assolutamente improrogabile, indispensabile ed infungibile per salvare la vita del soggetto; sicché l’eventuale rifiuto della trasfusione si porrebbe in rapporto di causalità certa, diretta ed immediata con la morte del paziente; in secondo luogo il trattamento non deve presentare alcun rischio ulteriore, o quanto meno rischi irrisori, per la salute di chi lo subisce; infine, è necessario che il medico “si trovi” ad assistere il paziente, sia cioè da questi o da altri chiamato ad intervenire.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.