Bella ciao è universalmente riconosciuta come il più noto inno partigiano. Tuttavia in questi ultimi anni il suo significato è andato oltre alla pura e semplice rappresentazione simbolica della Resistenza per divenire il canto nel quale si riconoscono, oggi, quanti credono negli ideali della democrazia e della libertà. In questo senso Bella ciao riassume in sé oltre due secoli di storia di quei canti che, a partire dalla Rivoluzione francese, hanno accompagnato le lotte di emancipazione e di affermazione della sovranità popolare. Dai primi fermenti giacobini al Risorgimento, dalle lotte ottocentesche del movimento operaio all’antifascismo, dal secondo dopoguerra al Sessantotto il canto ha accompagnato lo svolgersi della politica. Con la «crisi della politica», a partire dagli anni Ottanta, tutto il bagaglio e gli strumenti (canti sociali compresi) di una stagione che aveva eletto la politica a primato vengono messi «in soffitta». Ma a tenere viva la tradizione del canto di ispirazione politica, sia pure attraverso modalità e forme di comunicazione diverse, è tutta una generazione di cantautori (da Guccini a De Gregori, da De André a Fossati) le cui canzoni,spesso, ripercorrono gli stessi temi del canto sociale ottocentesco. Come a dire che un «filo rosso» congiunge la tradizione del canto sociale ottocentesco a quella, più recente, di una canzone permeata dagli stessi temi che, a cominciare da due secoli fa, hanno accompagnato l’ascesa della politica: la solidarietà, la giustizia, i diritti calpestati delle minoranze, le sofferenze degli emarginati, sono temi che dopo decenni di oblìo tornano nelle canzoni, nei concerti e nelle hit-parade assieme a Bella ciao. In definitiva il canto è un documento che della politica rivela non tanto, o non solo, gli aspetti dottrinari ma quelli più legati alla partecipazione emotiva e sentimentale della gente comune (il «coro») alla politica. Sotto questo profilo il libro non è dunque una storia del canto sociale quanto, piuttosto, il tentativo di raccontare l’evoluzione della politica attraverso il canto. Lo scopo del libro è offrire una lettura generale del fenomeno della canzone popolare, politica e di protesta, che ha accompagnato come un filo rosso - meglio sarebbe dire come una colonna sonora - tutti gli eventi e le fasi più significative della storia dell’Italia contemporanea. Stefano Pivato insegna storia contemporanea presso l’Università di Urbino «Carlo Bo». Si occupa del rapporto fra culture popolari e culture politiche. Fra i suoi più recenti libri: Il nome e la storia. Onomastica e religioni politiche nell’Italia contemporanea (Bologna, 1999); La storia leggera. L’uso pubblico della storia nella canzone italiana (Bologna, 2002); Lo sport nel Ventesimo secolo (Firenze, 2005).
Bella ciao. Canto e politica nella storia d'Italia
PIVATO, STEFANO
2005
Abstract
Bella ciao è universalmente riconosciuta come il più noto inno partigiano. Tuttavia in questi ultimi anni il suo significato è andato oltre alla pura e semplice rappresentazione simbolica della Resistenza per divenire il canto nel quale si riconoscono, oggi, quanti credono negli ideali della democrazia e della libertà. In questo senso Bella ciao riassume in sé oltre due secoli di storia di quei canti che, a partire dalla Rivoluzione francese, hanno accompagnato le lotte di emancipazione e di affermazione della sovranità popolare. Dai primi fermenti giacobini al Risorgimento, dalle lotte ottocentesche del movimento operaio all’antifascismo, dal secondo dopoguerra al Sessantotto il canto ha accompagnato lo svolgersi della politica. Con la «crisi della politica», a partire dagli anni Ottanta, tutto il bagaglio e gli strumenti (canti sociali compresi) di una stagione che aveva eletto la politica a primato vengono messi «in soffitta». Ma a tenere viva la tradizione del canto di ispirazione politica, sia pure attraverso modalità e forme di comunicazione diverse, è tutta una generazione di cantautori (da Guccini a De Gregori, da De André a Fossati) le cui canzoni,spesso, ripercorrono gli stessi temi del canto sociale ottocentesco. Come a dire che un «filo rosso» congiunge la tradizione del canto sociale ottocentesco a quella, più recente, di una canzone permeata dagli stessi temi che, a cominciare da due secoli fa, hanno accompagnato l’ascesa della politica: la solidarietà, la giustizia, i diritti calpestati delle minoranze, le sofferenze degli emarginati, sono temi che dopo decenni di oblìo tornano nelle canzoni, nei concerti e nelle hit-parade assieme a Bella ciao. In definitiva il canto è un documento che della politica rivela non tanto, o non solo, gli aspetti dottrinari ma quelli più legati alla partecipazione emotiva e sentimentale della gente comune (il «coro») alla politica. Sotto questo profilo il libro non è dunque una storia del canto sociale quanto, piuttosto, il tentativo di raccontare l’evoluzione della politica attraverso il canto. Lo scopo del libro è offrire una lettura generale del fenomeno della canzone popolare, politica e di protesta, che ha accompagnato come un filo rosso - meglio sarebbe dire come una colonna sonora - tutti gli eventi e le fasi più significative della storia dell’Italia contemporanea. Stefano Pivato insegna storia contemporanea presso l’Università di Urbino «Carlo Bo». Si occupa del rapporto fra culture popolari e culture politiche. Fra i suoi più recenti libri: Il nome e la storia. Onomastica e religioni politiche nell’Italia contemporanea (Bologna, 1999); La storia leggera. L’uso pubblico della storia nella canzone italiana (Bologna, 2002); Lo sport nel Ventesimo secolo (Firenze, 2005).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.