Il testo prende in considerazione alcuni luoghi dei «Principia Cartesii» di Spinoza (1663) nei quali diviene sensibile lo spostamento concettuale verso un pensiero della potentia operato dal filosofo olandese sui «fondamenta» della fisica cartesiana. Limitandosi alla semplice ‘riscrittura’ «more geometrico, via synthetica» del testo cartesiano, Spinoza ne lascia emergere, infatti, aspetti problematici, incongruenze, ambivalenze, riservando a pochissimi luoghi una diretta confutazione. L’articolo propone l’analisi puntuale della esposizione ‘critica’ che Spinoza fa di alcuni concetti in particolare: la natura discontinua del tempo, l’indefinita divisibilità della materia, la creazione continua, la natura ‘inerte’ dell’estensione, il ricorso alle ipotesi. Nello Spinoza ‘lettore’ della fisica di Descartes è già operativa una concezione del movimento come realtà immanente alla infinita natura e privo di una causa ‘esterna’. Si argomenta dunque come plausibile che tale concezione del moto, funzionale a un’idea dinamica dell’«estensione» nel contesto di una teoria dell’immanenza e della autoproduttività del reale, abbia potuto trovare una fonte ispiratrice nel concetto hobbesiano di «conatus», definito come inizio infinitesimale e impercettibile del moto e moto esso stesso (indiviso, ma non indivisibile). Pur nell’essenzialità che la caratterizza, la fisica della ‘continuità’ che Spinoza proporrà nel “trattatello” della Seconda parte dell’«Ethica» rivela, infatti, indizi di sintonia con la concezione hobbesiana e discordanza con il concetto di materia «inerte» che supporta il meccanicismo cartesiano. Su questa idea, invece, come su quella della natura discontinua del tempo (rifiutata da Spinoza sin dai «Principia Cartesii») – entrambe funzionali a pensare una totale soggezione della materia alla imperscrutabile volontà divina – hanno insistito gli «occasionalisti», negli stessi anni in cui Spinoza lavorava ai «Principia Cartesii», per neutralizzare la forza dirompente del pensiero meccanicista e disinnescare il potenziale di autonomia della materia in esso contenuto.

Spinoza lettore e interprete della fisica di Descartes. Dai "Principia philosophiae cartesianae" al trattato sui corpi dell'"Ethica"

SANTINELLI, CRISTINA
2008

Abstract

Il testo prende in considerazione alcuni luoghi dei «Principia Cartesii» di Spinoza (1663) nei quali diviene sensibile lo spostamento concettuale verso un pensiero della potentia operato dal filosofo olandese sui «fondamenta» della fisica cartesiana. Limitandosi alla semplice ‘riscrittura’ «more geometrico, via synthetica» del testo cartesiano, Spinoza ne lascia emergere, infatti, aspetti problematici, incongruenze, ambivalenze, riservando a pochissimi luoghi una diretta confutazione. L’articolo propone l’analisi puntuale della esposizione ‘critica’ che Spinoza fa di alcuni concetti in particolare: la natura discontinua del tempo, l’indefinita divisibilità della materia, la creazione continua, la natura ‘inerte’ dell’estensione, il ricorso alle ipotesi. Nello Spinoza ‘lettore’ della fisica di Descartes è già operativa una concezione del movimento come realtà immanente alla infinita natura e privo di una causa ‘esterna’. Si argomenta dunque come plausibile che tale concezione del moto, funzionale a un’idea dinamica dell’«estensione» nel contesto di una teoria dell’immanenza e della autoproduttività del reale, abbia potuto trovare una fonte ispiratrice nel concetto hobbesiano di «conatus», definito come inizio infinitesimale e impercettibile del moto e moto esso stesso (indiviso, ma non indivisibile). Pur nell’essenzialità che la caratterizza, la fisica della ‘continuità’ che Spinoza proporrà nel “trattatello” della Seconda parte dell’«Ethica» rivela, infatti, indizi di sintonia con la concezione hobbesiana e discordanza con il concetto di materia «inerte» che supporta il meccanicismo cartesiano. Su questa idea, invece, come su quella della natura discontinua del tempo (rifiutata da Spinoza sin dai «Principia Cartesii») – entrambe funzionali a pensare una totale soggezione della materia alla imperscrutabile volontà divina – hanno insistito gli «occasionalisti», negli stessi anni in cui Spinoza lavorava ai «Principia Cartesii», per neutralizzare la forza dirompente del pensiero meccanicista e disinnescare il potenziale di autonomia della materia in esso contenuto.
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