Meditare l’infinito è il titolo del saggio centrale del testo (pp. 89-200), in cui si propone una lettura di alcuni nodi teorici del pensiero di Nicolas Malebranche alla luce delle sollecitazioni offerte dalla breve corrispondenza intrattenuta dal filosofo con Dortous de Mairan, qui presentata nella prima traduzione italiana (pp. 41-88). Ampiamente introdotta (pp. 1-35) e corredata di note storico-critiche, la traduzione costituisce dunque la prima parte del volume, che si chiude con una appendice, In margine all’epistolario (pp. 201-212), dove si fa il punto sullo stato della ricerca a proposito della questione dello ‘spinozismo’ di Malebranche. Il testo va infatti a completare un progetto di ricerca sul rapporto tra Malebranche e lo spinozismo, avviato con la traduzione (con introduzione e note) – anch’essa la prima in italiano – della Conversazione di un filosofo cristiano e un filosofo cinese sull’esistenza e la natura di Dio (Pisa 2000). Il saggio critico – al centro del quale sta il concetto di «estensione intelligibile» – mette in luce, in particolare, la possibilità di una lettura in chiave ‘barocca’ del rapporto tra infinito e finito nel pensiero di Malebranche, il valore filosofico fondamentale delle idee di attenzione e di occasione, il ‘riscatto’ del ruolo del corpo nell’economia dell’‘ordine’ divino. Il breve epistolario (8 lettere in tutto) tra il padre oratoriano e il giovane Dortous de Mairan (1678-1771), spirito brillante e curioso, allora agli esordi della sua fortunata carriera di scrittore e di divulgatore scientifico, si svolge tra il settembre del 1713 e il settembre del 1714. Affascinato e turbato insieme dalla lettura dell’Ethica di Spinoza, Dortous ne chiede una confutazione ‘more geometrico’ a quello che era considerato il maggior filosofo di Francia. Tra le audaci insistenze del giovane Dortous e i tentennamenti dell’anziano Malebranche, l’epistolario si concentra sul concetto di «estensione». Come anni prima il teologo Arnauld, Dortous accusa di oscurità il concetto malebrancheano di «estensione intelligibile», ma ritiene che esso possa chiarirsi alla luce della dottrina spinoziana: l’incomprensibile ‘duplicazione’ che Malebranche fa dell’estensione in «intelligibile» e «materiale» diviene perciò chiara se intesa nei termini del rapporto tra infinito «attributo» divino e insieme dei suoi «modi» finiti. Dortous pone Malebranche di fronte all’alternativa: o spinozismo (l’estensione è in Dio) o autonomia ontologica dell’estensione (eterna, infinita, necessaria). Di fronte a queste argomentazioni Malebranche redige una lettera di sintesi del proprio sistema (la terza, la più vivace e completa dell’epistolario), ripresentandone i nodi teorici fondamentali. Nella lettera successiva, recepito l’invito dell’oratoriano ad abbandonare l’inconsistente paragone dell’«estensione intelligibile» con l’attributo spinoziano per pensarla invece come «idea», Mairan proseguirà la sua polemica appellandosi al principio cartesiano di chiarezza e distinzione – che implica l’esistenza necessaria dell’ideato di una «idea chiara e distinta» –, ponendo così Malebranche di fronte a un secondo dilemma: se l’«estensione intelligibile» ha un ideato corrispondente – come ogni idea chiara e distinta –, questo avrà dunque le sue stesse caratteristiche di infinità, eternità e necessità, se invece non ha un ideato corrispondente, non esistono i corpi: o spinozismo o immaterialismo, o spinozismo o fenomenismo. Il breve epistolario – che, in età moderna, può essere collocato accanto a quelli, più famosi, tra Descartes e More o tra Leibniz e Clarke – sta nel fatto che per la prima volta Malebranche si trova costretto a entrare in modo diretto – benché sempre con la consueta prudenza – nel merito del pensiero spinoziano, che egli ha sempre considerato un temibile «abisso» e nei confronti del quale si era fino ad allora limitato a dichiarare la propria «avversione», forse avvertendone la pericolosa ‘vicinanza’.
Meditare l'infinito. La corrispondenza di N. Malebranche con J.-J. Dortous de Mairan
SANTINELLI, CRISTINA
2004
Abstract
Meditare l’infinito è il titolo del saggio centrale del testo (pp. 89-200), in cui si propone una lettura di alcuni nodi teorici del pensiero di Nicolas Malebranche alla luce delle sollecitazioni offerte dalla breve corrispondenza intrattenuta dal filosofo con Dortous de Mairan, qui presentata nella prima traduzione italiana (pp. 41-88). Ampiamente introdotta (pp. 1-35) e corredata di note storico-critiche, la traduzione costituisce dunque la prima parte del volume, che si chiude con una appendice, In margine all’epistolario (pp. 201-212), dove si fa il punto sullo stato della ricerca a proposito della questione dello ‘spinozismo’ di Malebranche. Il testo va infatti a completare un progetto di ricerca sul rapporto tra Malebranche e lo spinozismo, avviato con la traduzione (con introduzione e note) – anch’essa la prima in italiano – della Conversazione di un filosofo cristiano e un filosofo cinese sull’esistenza e la natura di Dio (Pisa 2000). Il saggio critico – al centro del quale sta il concetto di «estensione intelligibile» – mette in luce, in particolare, la possibilità di una lettura in chiave ‘barocca’ del rapporto tra infinito e finito nel pensiero di Malebranche, il valore filosofico fondamentale delle idee di attenzione e di occasione, il ‘riscatto’ del ruolo del corpo nell’economia dell’‘ordine’ divino. Il breve epistolario (8 lettere in tutto) tra il padre oratoriano e il giovane Dortous de Mairan (1678-1771), spirito brillante e curioso, allora agli esordi della sua fortunata carriera di scrittore e di divulgatore scientifico, si svolge tra il settembre del 1713 e il settembre del 1714. Affascinato e turbato insieme dalla lettura dell’Ethica di Spinoza, Dortous ne chiede una confutazione ‘more geometrico’ a quello che era considerato il maggior filosofo di Francia. Tra le audaci insistenze del giovane Dortous e i tentennamenti dell’anziano Malebranche, l’epistolario si concentra sul concetto di «estensione». Come anni prima il teologo Arnauld, Dortous accusa di oscurità il concetto malebrancheano di «estensione intelligibile», ma ritiene che esso possa chiarirsi alla luce della dottrina spinoziana: l’incomprensibile ‘duplicazione’ che Malebranche fa dell’estensione in «intelligibile» e «materiale» diviene perciò chiara se intesa nei termini del rapporto tra infinito «attributo» divino e insieme dei suoi «modi» finiti. Dortous pone Malebranche di fronte all’alternativa: o spinozismo (l’estensione è in Dio) o autonomia ontologica dell’estensione (eterna, infinita, necessaria). Di fronte a queste argomentazioni Malebranche redige una lettera di sintesi del proprio sistema (la terza, la più vivace e completa dell’epistolario), ripresentandone i nodi teorici fondamentali. Nella lettera successiva, recepito l’invito dell’oratoriano ad abbandonare l’inconsistente paragone dell’«estensione intelligibile» con l’attributo spinoziano per pensarla invece come «idea», Mairan proseguirà la sua polemica appellandosi al principio cartesiano di chiarezza e distinzione – che implica l’esistenza necessaria dell’ideato di una «idea chiara e distinta» –, ponendo così Malebranche di fronte a un secondo dilemma: se l’«estensione intelligibile» ha un ideato corrispondente – come ogni idea chiara e distinta –, questo avrà dunque le sue stesse caratteristiche di infinità, eternità e necessità, se invece non ha un ideato corrispondente, non esistono i corpi: o spinozismo o immaterialismo, o spinozismo o fenomenismo. Il breve epistolario – che, in età moderna, può essere collocato accanto a quelli, più famosi, tra Descartes e More o tra Leibniz e Clarke – sta nel fatto che per la prima volta Malebranche si trova costretto a entrare in modo diretto – benché sempre con la consueta prudenza – nel merito del pensiero spinoziano, che egli ha sempre considerato un temibile «abisso» e nei confronti del quale si era fino ad allora limitato a dichiarare la propria «avversione», forse avvertendone la pericolosa ‘vicinanza’.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.