Luca Renzi Heinrich Heine und der Schwabenspiegel. In «Studi Urbinati» anni LXXVIII-LXXIX, 2008-2009 Lo Schwabenspiegel nasceva proprio come appendice alla Romantische Schule e fu proprio la reazione dei giovani poeti svevi Schwab e Pfizer all'attacco contenuto in quest'opera al loro maestro Uhland il motivo che indusse Heine a scrivere la postilla. Gustav Schwab si era dimesso dalla direzione del “Musenalmanach, nella cui ottava annata avrebbe dovuto comparire l'immagine di Heine e Gustav Pfizer e pubblicò nello stesso anno 1838 uno scritto polemico rivolto a Heine, dal titolo Heines Schriften und Tendenzen. Nello Schwabenspiegel - come ricordato - Heine risparmiava figure maggiori quali Uhland e Mörike e menzionva positivamente personaggi quali Hegel, Keplero e Schiller (in un'annotazione posteriore anche Wieland) per dedicarsi ampiamente ai giovani poeti. Va ricordato come lo Schwabenspiegel fosse, fra gli scritti polemici, assai più importante dell'anteriore Über den Denunzianten, che si occupava sì di argomenti contemporanei e in particolare dell'affare Menzel, causa principale del Bundesbeschluß del 1832 (con gravissime ripercussioni riguardo alla censura che colpì lo stesso Gutzkow), ma che non aveva toccato livelli così alti come la polemica con Börne e Gutzkow, con i suoi collaboratori Wihl e Beurmann e in parte con l'editore Campe. Lo Schwabenspiegel, il cui nome fu - paradossalmente - con molta probabilità suggerito a Heine da Gutzkow, doveva inizialmente apparire come postfazione di un progetto di pubblicazione che avrebbe dovuto comprendere una riedizione del Buch der Lieder del 1837, alcune liriche, fra le quali Tannhäuser, la tragedia Ratcliff e, appunto come postfazione, lo Schwabenspiegel. Con il fallimento del progetto editoriale (le «Neue Gedichte» apparvero solo nel 1844) l'editore Campe pensò di pubblicare lo scritto nel suo «Jahrbuch der Literatur». Motivo esteriore della composizione del breve scritto fu la reazione del circolo svevo all'uscita della Romantische Schule e in special modo alla maniera con cui vi era rappresentato il loro capo spirituale Ludwig Uhland; ciò causò un boicottaggio delle opere heiniane, in particolare contro l'uscita del «Musenalmanach» del 1837. Un motivo più diretto va ricercato nella necessità per Heine di distanziare il più possibile la sua lirica da quella dei poeti liberal-conservatori svevi: una crisi della produzione lirica nel particolare momento storico può essere stato motivo di riavvicinamento ad una certa prosa polemista; certo il motivo non è scindibile da una polemica più generale di cui Heine è stato contemporaneamente una vittima e un artefice. Non va dimenticato che questa polemica si svolgeva con toni piuttosto forti: Gustav Pfizer aveva pubblicato nella «Deutsche Viertel-Jahrsschrift» del 1838 un articolo polemico alla maniera del Menzel, contemporaneo ad un simile attacco di Ruge intitolato H. Heine, charakterisiert nach seinen Schriften . Pfizer, nella sua polemica, non si faceva scrupolo di attaccare Heine anche dal lato meno nobile (cosa che aveva d’altronde già fatto Menzel); egli scese a livelli molti bassi quando l'origine ebrea di Heine servì per caratterizzarlo come pericoloso nichilista. In verità l'arco dei possibili nemici di Heine era abbastanza ampio e riguardava non solo la censura incombente. Heine dovette guardarsi ad un certo punto anche da antichi amici e colleghi e da una forma di censura interna alla casa editrice di Julius Campe. In particolare questa ulteriore polemica riguardò Gutzkow e le sue oscillazioni in campo politico e intellettuale. Gutzkow si adoperò inizialmente in modo positivo nei confronti di Heine con consigli sull'andamento del mercato e sulla necessità di affievolire alcune polemiche: argomenti che riguardavano in special modo la pubblicazione della nuova raccolta che doveva contenere anche la famosa postilla sveva. Gutzkow e Wihl lavoravano nella redazione di Campe e il primo scriveva nella rivista «Telegraph für Deutschland» dello stesso editore. I consigli redazionali si trasformarono però ben presto in vere censure interne, di cui spesso Heine non venne informato. Questo causò una serie di reazioni a catena, di corrispondenze in forma di botta e risposta polemiche, pubblicate su riviste o rese pubbliche in forma di lettere aperte. Heine contestò le osservazioni di Gutzkow, soprattutto dal punto di vista estetico e della concezione dell'arte, difendendo l'autonomia dell'artista rispetto alle necessità morali. Le forti polemiche, fra le quali l'articolo di Gutzkow Herr Heine und sein Schwabenspiegel sfociarono nelle Schriftstellernöten dello stesso Heine, in forma di lettera aperta al suo editore. Heine si distanziò in parte dalla pubblicazione in una dichiarazione , non per timori nei confronti della censura o delle polemiche che aveva scatenato, ma in quanto l'edizione conteneva numerose difformità rispetto al suo testo. Egli annunciò in seguito una nuova edizione, che non sarebbe però mai più apparsa. Heine si considerò vittima di una censura interna, ancor prima che esterna, perdipiù ad opera di amici. Se la collaborazione con Campe poté sopravvivere a questa crisi, lo stesso non può dirsi con quelli che Heine definì i «Wahlverwandten», poco meno dei complici, dei vari Menzel e Pfizer. Nonostante queste fortissime tensioni, Heine sembrò in più di un'occasione, come annota Galley , volere evitare lo scontro diretto con Gutzkow e tentò di dirigere la sua polemica, soprattutto quella interna alla casa editrice Hoffmann und Campe, verso i collaboratori minori. Solo più tardi la rottura con Gutzkow fu definitiva. Alla fine di questo duro periodo, Heine si trovò sicuramente più isolato come intellettuale, perdipiù in una specie di esilio volontario. Di quella che doveva essere un'unione intellettuale di scrittori dello Junges Deutschland fra lui Gutzkow, Mundt, Laube e Wienbarg non rimaneva più molto e, anzi, buona parte delle polemiche si erano svolte proprio con parte di loro. Lo Schwabenspiegel si è presentato fin dall'inizio come uno scritto doppiamente polemico; in primo luogo in quanto lo scopo principale che aveva mosso Heine era quello di attaccare la scuola dei poeti svevi o comunque di difendersi dagli attacchi di alcuni di essi, come si è visto e si vedrà in seguito, in secondo luogo poiché esso diede l'avvio a una polemica interna alla casa editrice di Julius Campe e a numerose redazioni di giornali, dal «Telegraph», alla «Elegante Zeitung», alla «Augsburger Zeitung», di cui Heine era corrispondente, coinvolgendo la maggior parte dei critici letterari contemporanei. Nei confronti dei poeti svevi esisteva una vera e propria avversione personale da parte di Heine che derivava da una diversa concezione culturale, oltre che artistica. In questa avversione c'era probabilmente anche l'ombra di qualche preconcetto e pregiudizio; sicuramente esisteva però più di un motivo che distaccava la visione artistica di Heine da questi. D’altro canto se esisteva per Heine più di un motivo di polemica ravvicinata nei confronti di Schlegel, suo maestro a Bonn, o di altri romantici che in qualche modo conobbe personalmente, non si può dire lo stesso per i vari Pfizer, Meyer, Schwab. La figura di Uhland godette sicuramente di alcune descrizioni agiografiche, soprattutto nel considerare la sua presa di posizione politica e il suo impegno nelle vicende costituzionali del Württemberg. Questo tipo di considerazione sembra passare in second'ordine per quanto riguarda le considerazioni di Heine su Uhland, non altrettanto, al contrario, nel giudizio che su si lui diede Goethe; giudizio che abbiamo detto essere molto importante per molti altri autori dello Junges Deutschland e non solo per Heine. Goethe condannò esplicitamente questo aspetto della figura di Uhland. Questo tipo di descrizione agiografica la si trova anche nel testo di Storz e se proprio lì viene puntualizzato come merito principale dell'opera di Uhland quell'avvicinamento alla tradizione epica antico-francese, il suo interesse alle chansons de gestes e di conseguenza quel suo particolare romanticismo, per così dire, ‘romanzo’ (ted. romanisch), non resta senza accenno quel suo impegno politico, descritto variamente a seconda delle fonti biografiche, come estremamente liberale o di stampo conservatore. A Storz riesce abbastanza problematico il raffronto con il giudizio di Goethe, non altrettanto con quello di Heine che cita proprio per descrivere l'incongruenza di Uhland fra l'interesse spiccatamente medievale dei suoi temi e l'impegno invece di stampo borghese dello Uhland politico. Di diverso segno è invece la descrizione dell'impegno politico di Uhland fatta da altre fonti. In effetti, durante il periodo delle Befreiungskriege vi furono attorno al 1819 anche nel Württemberg movimenti per l'introduzione di una nuova costituzione. Uhland, giurista fino allora apolitico ma, soprattutto, poeta mosso da intenti prevalentemente estetici, fu per un breve periodo nel movimento di opposizione al re del Württemberg, in quanto egli sosteneva posizioni che Hans-Georg Werner definisce giustamente “idilliaco-illuministiche” , in una concezione che aveva il suo fulcro in una specie di contratto sovrano-popolo. Uhland, fortemente radicato nella tradizione degli Altrechtler, non rappresentava d'altronde in questo richiamo al popolo nessun tipo di chiaro impegno democratico, tantomeno nel conflitto che si evidenziò in seguito fra il re egli Stände . Il richiamo al vecchio era per Uhland equivalente al richiamo a valori patriottici e popolari, ma allo stesso tempo significava diffidenza verso teorie innovatrici in ambito politico e difesa di determinati valori borghesi e lo stesso richiamo ad un patriottismo unitario tedesco era da Uhland inteso a partire da un patriottismo regionalistico, nel quadro di una frammentazione nazionale tedesca. La posizione di conservatorismo liberale di Uhland fu superata in seguito dagli eventi con l'emanazione di una nuova costituzione liberale da parte del re Guglielmo del Württemberg. Kerner, List e Wagenheim, consigliere del re, facevano già parte di quel gruppo cosiddetto dei Volksfreunde, più progressista di Uhland, mentre Rückert e Varnhagen von Ense appartenevano nell'ala ancora più progressista. Heine lodò limitatamente e quindi liquidò Uhland da una prospettiva prevalentemente estetica e la sua morte fu per lui soprattutto ‘artistica’, in concomitanza con la morte di quella sensibilità romantica che egli aveva ormai troppo a lungo portato con sé. D'altro canto, conoscendone le convinzioni (politiche) e la riluttanza a sorvolare su certe posizioni, non si può escludere in questo passaggio un certo accento ironico. Ammettiamo dunque che nella Romantische Schule Heine volle considerare Uhland solo dal punto di vista puramente estetico e gli accenni alla sua presa di posizione politica rimasero appunto solo tali e particolarmente funzionali ad evidenziare l'inadeguatezza artistica sua e dei toni romantici in genere. L'accenno più concreto di Heine è a quei Patrioten del 1813 che egli vuole distinguere dai Vaterlandsfreunde suoi contemporanei. I patrioti, come li intese Uhland, avrebbero potuto godere del suo incedere nostalgico su temi del passato; non però quelli odierni, coloro che non si nutrono della retorica delle cosiddette Freyheitskriege. Il timbro francofilo di questa affermazione di Heine era inequivocabile. D'altronde, pur sconfinando in un'analisi che non riguarda esattamente il tema trattato, è evidente il rapporto a doppio filo tra temi poetici, in particolare quelli popolari e della tradizione medievale, e scelte politiche, che certo Heine non avrebbe potuto non cogliere. Heine considera Uhland per tutte queste ragioni il vero rappresentante della sua epoca, negando già nella Romantische Schule ogni riconoscimento agli altri poeti romantici. Se riserva qualche lode a Eichendorff e Kerner, Schwab e Müller, lo fa con l'intendimento e lo spirito che aveva inteso usare con Uhland. A differenza di quest'ultimo, però, essi non sono riassuntivi e rappresentativi di tutto il romanticismo. Con tutto ciò, Heine giunge alla conclusione che comunque Uhland non fu il padre di una scuola, in quanto il romanticismo, appropriandosi di temi del passato, non poteva ritenersi tale. Nella figura di Wolfgang Menzel si riassume tutta questa variegata costellazione politica che abbiamo visto essere già presente nella biografia di Uhland. Menzel fu, come già ricordato, l'iniziatore della lunga polemica di cui lo Schwabenspiegel rappresenta uno degli ultimi stadi; in lui si riassumono in larga parte e riconducono ad una unione superiore tutte le vicende personali, politiche e artistiche del periodo della restaurazione, dopo le guerre di liberazione, in particolar modo quelle riguardanti la scena letteraria. Ricordiamo che Menzel, considerato una vera autorità letteraria della sua epoca, aveva diretto numerose riviste letterarie, in parte dell'editore Cotta. Benché di origini sassoni, fu ben presto naturalizzato svevo (anche per questo Heine lo pone fra i poeti svevi) e il suo ambito di influenza era prevalentemente la Germania meridionale. Come anche per Pfizer, la sua biografia ebbe diverse svolte. D'altronde una sua linea di continuità è ben precisa se ci si rapporta alla particolare epoca storica; con Heine esistono diversi punti di contatto che da una conoscenza abbastanza superficiale (Heine pubblicò una recensione su Menzel già nel 1828, benché le loro strade si sarebbero ben presto divise) passano ad un distacco e ad una polemica sempre più violenta, a cominciare dalle comune, anche se per Heine assai controversa e discussa, appartenenza ad una Burschenschaft, un’associazione goliardica, durante lo studio a Bonn fino, appunto, alla pubblicazione nel “Literaturblatt” del 1836 di una serie di attacchi più feroci contro gli scrittori dello Junges Deutschland. Proprio la posizione unitaria assunta da tutti i 'giovani tedeschi' nei confronti del critico Menzel all'epoca dei famosi Bundesbeschlüße, è simbolica di quella unità di intenti che sarebbe stata irrimediabilmente compromessa di lì a poco. Avendo Menzel, considerato oramai comunemente l’apologo e l’ispiratore di quei Beschlüße, messo involontariamente in un unico fascio quasi tutti i più giovani autori di simpatie liberali della scena letteraria, egli divenne involontariamente la molla che causò l'unione, anche se di breve respiro, degli stessi, e che si evidenziò con il comune divieto. Si pensi solamente che all'epoca dello scritto di Heine a proposito del Denunziant Menzel già esistevano o stavano per uscire perlomeno altre quattro risposte molto simili nei toni alla sua polemica: dal Menzel der Franzosenfresser di Börne, allo scritto di Gutzkow W. Menzel und dessen deutsche Literatur, alla «Verteidigung» di Strauß e a varie prese di posizione di Wienbarg ed altri. Anche per questo Heine considerò un puro lusso, come egli accenna ancora nello Schwabenspiegel, ritornare sulla polemica dopo quelle che lui chiama le «Bomben» di Strauß e Börne. La posizione di Menzel, come accennato, era tipica per l'epoca e si riassume nel dualismo esistente nel periodo successivo alla Restaurazione e riassumibile nei due poli del liberalismo democratico e in quello del liberalismo patriottico, non sempre disgiunto anche dal richiamo a valori conservatori cristiani. Questo dualismo era evidente anche in Menzel che se da un lato poteva valere come liberale in quanto era appartenuto alle Burschenschaften e dovette subire l'esilio in Svizzera, dall'altro condannava nelle vedute dei nuovi poeti liberali proprio l'eccessivo gallofilismo e la liberalità dei costumi. Non a caso il punto di condanna fondamentale di Menzel era proprio l'aver trascurato i valori fondamentali patriottici. Certo questo problema è insito già nella storia e nelle vicende legate alle Burschenschaften e alla loro doppia valenza rivoluzionaria e patriottica; per questo basti pensare alla lettura storica data alla festa della Wartburg nella storia tedesca . Menzel basò la sua avversione a Goethe anche e soprattutto su questo punto e il punto di distacco maggiore fra lui e Heine, oltre alle vicende letterarie, è proprio nella considerazione di Goethe, considerazione che in Heine va intesa in una certa evoluzione, benché i dissensi fossero numerosi e forti. Heine detestò la ripulsa superficiale di Menzel, e anche di Börne, verso Goethe, mentre tutta la sua polemica con Goethe si svolge su di un piano dialettico sicuramente più alto. Heine, che scorgeva la dimensione rivoluzionaria insita nel rapporto Francia-Germania, come egli l'aveva dedotta dalla dottrina hegeliana, si poneva in una dimensione ultranazionale, dimostrata anche dalla sua biografia e dal suo esilio francese, che non poteva che vedere con estremo rigore e porsi in un atteggiamento perlomeno critico, se non ostile, verso le ultime propaggini di sentimenti nostalgici romantici e idilliaco-nazionalistici . Va tenuto in debita considerazione il fatto che il pathos di emancipazione dei poeti dello Junges Deutschland era senza dubbio correlato anche a un forte cambiamento linguistico. Heine vedeva le origini dell'emancipazione moderna nel rapporto Lessing-Lutero, cioè nel principio protestante-illuminista, anche se con una paradossale quanto inattuale rivalutazione del protestantesimo, secondo la dicotomia heiniana di 'nazarenismo' e di 'ellenismo' o 'spiritualismo' e 'sensualismo'. Heine, al pari di Goethe, considerò il Romanticismo una sorta di aspetto malato dell'arte, anche se proprio in lui sono racchiusi innumerevoli elementi romantici, di cui fu certo consapevole. Se questo non basta per trarre definitive considerazioni estetiche su Heine e sul suo complicato rapporto con tutta l'ala estrema dei giovani tedeschi - compreso Marx - questo basta sicuramente per dare l'immagine del profondo divario che esisteva fra lui e questa schiera di poeti che lui vedeva come una sorta di residuo del passato. Ai francesi, verso i quali Heine, nel suo volontario esilio, si volle porre come mediatore della cultura tedesca - ma anche viceversa - egli intese mostrare due estremi pericoli della situazione tedesca a lui contemporanea; in primo luogo il pericolo insito nel Romanticismo tedesco, in secondo luogo nel radical-democratismo di un Börne. Di qui le due opere Die romantische Schule e il Ludwig Börne.

Heinrich Heine und "Der Schwabenspiegel"

RENZI, LUCA
2009

Abstract

Luca Renzi Heinrich Heine und der Schwabenspiegel. In «Studi Urbinati» anni LXXVIII-LXXIX, 2008-2009 Lo Schwabenspiegel nasceva proprio come appendice alla Romantische Schule e fu proprio la reazione dei giovani poeti svevi Schwab e Pfizer all'attacco contenuto in quest'opera al loro maestro Uhland il motivo che indusse Heine a scrivere la postilla. Gustav Schwab si era dimesso dalla direzione del “Musenalmanach, nella cui ottava annata avrebbe dovuto comparire l'immagine di Heine e Gustav Pfizer e pubblicò nello stesso anno 1838 uno scritto polemico rivolto a Heine, dal titolo Heines Schriften und Tendenzen. Nello Schwabenspiegel - come ricordato - Heine risparmiava figure maggiori quali Uhland e Mörike e menzionva positivamente personaggi quali Hegel, Keplero e Schiller (in un'annotazione posteriore anche Wieland) per dedicarsi ampiamente ai giovani poeti. Va ricordato come lo Schwabenspiegel fosse, fra gli scritti polemici, assai più importante dell'anteriore Über den Denunzianten, che si occupava sì di argomenti contemporanei e in particolare dell'affare Menzel, causa principale del Bundesbeschluß del 1832 (con gravissime ripercussioni riguardo alla censura che colpì lo stesso Gutzkow), ma che non aveva toccato livelli così alti come la polemica con Börne e Gutzkow, con i suoi collaboratori Wihl e Beurmann e in parte con l'editore Campe. Lo Schwabenspiegel, il cui nome fu - paradossalmente - con molta probabilità suggerito a Heine da Gutzkow, doveva inizialmente apparire come postfazione di un progetto di pubblicazione che avrebbe dovuto comprendere una riedizione del Buch der Lieder del 1837, alcune liriche, fra le quali Tannhäuser, la tragedia Ratcliff e, appunto come postfazione, lo Schwabenspiegel. Con il fallimento del progetto editoriale (le «Neue Gedichte» apparvero solo nel 1844) l'editore Campe pensò di pubblicare lo scritto nel suo «Jahrbuch der Literatur». Motivo esteriore della composizione del breve scritto fu la reazione del circolo svevo all'uscita della Romantische Schule e in special modo alla maniera con cui vi era rappresentato il loro capo spirituale Ludwig Uhland; ciò causò un boicottaggio delle opere heiniane, in particolare contro l'uscita del «Musenalmanach» del 1837. Un motivo più diretto va ricercato nella necessità per Heine di distanziare il più possibile la sua lirica da quella dei poeti liberal-conservatori svevi: una crisi della produzione lirica nel particolare momento storico può essere stato motivo di riavvicinamento ad una certa prosa polemista; certo il motivo non è scindibile da una polemica più generale di cui Heine è stato contemporaneamente una vittima e un artefice. Non va dimenticato che questa polemica si svolgeva con toni piuttosto forti: Gustav Pfizer aveva pubblicato nella «Deutsche Viertel-Jahrsschrift» del 1838 un articolo polemico alla maniera del Menzel, contemporaneo ad un simile attacco di Ruge intitolato H. Heine, charakterisiert nach seinen Schriften . Pfizer, nella sua polemica, non si faceva scrupolo di attaccare Heine anche dal lato meno nobile (cosa che aveva d’altronde già fatto Menzel); egli scese a livelli molti bassi quando l'origine ebrea di Heine servì per caratterizzarlo come pericoloso nichilista. In verità l'arco dei possibili nemici di Heine era abbastanza ampio e riguardava non solo la censura incombente. Heine dovette guardarsi ad un certo punto anche da antichi amici e colleghi e da una forma di censura interna alla casa editrice di Julius Campe. In particolare questa ulteriore polemica riguardò Gutzkow e le sue oscillazioni in campo politico e intellettuale. Gutzkow si adoperò inizialmente in modo positivo nei confronti di Heine con consigli sull'andamento del mercato e sulla necessità di affievolire alcune polemiche: argomenti che riguardavano in special modo la pubblicazione della nuova raccolta che doveva contenere anche la famosa postilla sveva. Gutzkow e Wihl lavoravano nella redazione di Campe e il primo scriveva nella rivista «Telegraph für Deutschland» dello stesso editore. I consigli redazionali si trasformarono però ben presto in vere censure interne, di cui spesso Heine non venne informato. Questo causò una serie di reazioni a catena, di corrispondenze in forma di botta e risposta polemiche, pubblicate su riviste o rese pubbliche in forma di lettere aperte. Heine contestò le osservazioni di Gutzkow, soprattutto dal punto di vista estetico e della concezione dell'arte, difendendo l'autonomia dell'artista rispetto alle necessità morali. Le forti polemiche, fra le quali l'articolo di Gutzkow Herr Heine und sein Schwabenspiegel sfociarono nelle Schriftstellernöten dello stesso Heine, in forma di lettera aperta al suo editore. Heine si distanziò in parte dalla pubblicazione in una dichiarazione , non per timori nei confronti della censura o delle polemiche che aveva scatenato, ma in quanto l'edizione conteneva numerose difformità rispetto al suo testo. Egli annunciò in seguito una nuova edizione, che non sarebbe però mai più apparsa. Heine si considerò vittima di una censura interna, ancor prima che esterna, perdipiù ad opera di amici. Se la collaborazione con Campe poté sopravvivere a questa crisi, lo stesso non può dirsi con quelli che Heine definì i «Wahlverwandten», poco meno dei complici, dei vari Menzel e Pfizer. Nonostante queste fortissime tensioni, Heine sembrò in più di un'occasione, come annota Galley , volere evitare lo scontro diretto con Gutzkow e tentò di dirigere la sua polemica, soprattutto quella interna alla casa editrice Hoffmann und Campe, verso i collaboratori minori. Solo più tardi la rottura con Gutzkow fu definitiva. Alla fine di questo duro periodo, Heine si trovò sicuramente più isolato come intellettuale, perdipiù in una specie di esilio volontario. Di quella che doveva essere un'unione intellettuale di scrittori dello Junges Deutschland fra lui Gutzkow, Mundt, Laube e Wienbarg non rimaneva più molto e, anzi, buona parte delle polemiche si erano svolte proprio con parte di loro. Lo Schwabenspiegel si è presentato fin dall'inizio come uno scritto doppiamente polemico; in primo luogo in quanto lo scopo principale che aveva mosso Heine era quello di attaccare la scuola dei poeti svevi o comunque di difendersi dagli attacchi di alcuni di essi, come si è visto e si vedrà in seguito, in secondo luogo poiché esso diede l'avvio a una polemica interna alla casa editrice di Julius Campe e a numerose redazioni di giornali, dal «Telegraph», alla «Elegante Zeitung», alla «Augsburger Zeitung», di cui Heine era corrispondente, coinvolgendo la maggior parte dei critici letterari contemporanei. Nei confronti dei poeti svevi esisteva una vera e propria avversione personale da parte di Heine che derivava da una diversa concezione culturale, oltre che artistica. In questa avversione c'era probabilmente anche l'ombra di qualche preconcetto e pregiudizio; sicuramente esisteva però più di un motivo che distaccava la visione artistica di Heine da questi. D’altro canto se esisteva per Heine più di un motivo di polemica ravvicinata nei confronti di Schlegel, suo maestro a Bonn, o di altri romantici che in qualche modo conobbe personalmente, non si può dire lo stesso per i vari Pfizer, Meyer, Schwab. La figura di Uhland godette sicuramente di alcune descrizioni agiografiche, soprattutto nel considerare la sua presa di posizione politica e il suo impegno nelle vicende costituzionali del Württemberg. Questo tipo di considerazione sembra passare in second'ordine per quanto riguarda le considerazioni di Heine su Uhland, non altrettanto, al contrario, nel giudizio che su si lui diede Goethe; giudizio che abbiamo detto essere molto importante per molti altri autori dello Junges Deutschland e non solo per Heine. Goethe condannò esplicitamente questo aspetto della figura di Uhland. Questo tipo di descrizione agiografica la si trova anche nel testo di Storz e se proprio lì viene puntualizzato come merito principale dell'opera di Uhland quell'avvicinamento alla tradizione epica antico-francese, il suo interesse alle chansons de gestes e di conseguenza quel suo particolare romanticismo, per così dire, ‘romanzo’ (ted. romanisch), non resta senza accenno quel suo impegno politico, descritto variamente a seconda delle fonti biografiche, come estremamente liberale o di stampo conservatore. A Storz riesce abbastanza problematico il raffronto con il giudizio di Goethe, non altrettanto con quello di Heine che cita proprio per descrivere l'incongruenza di Uhland fra l'interesse spiccatamente medievale dei suoi temi e l'impegno invece di stampo borghese dello Uhland politico. Di diverso segno è invece la descrizione dell'impegno politico di Uhland fatta da altre fonti. In effetti, durante il periodo delle Befreiungskriege vi furono attorno al 1819 anche nel Württemberg movimenti per l'introduzione di una nuova costituzione. Uhland, giurista fino allora apolitico ma, soprattutto, poeta mosso da intenti prevalentemente estetici, fu per un breve periodo nel movimento di opposizione al re del Württemberg, in quanto egli sosteneva posizioni che Hans-Georg Werner definisce giustamente “idilliaco-illuministiche” , in una concezione che aveva il suo fulcro in una specie di contratto sovrano-popolo. Uhland, fortemente radicato nella tradizione degli Altrechtler, non rappresentava d'altronde in questo richiamo al popolo nessun tipo di chiaro impegno democratico, tantomeno nel conflitto che si evidenziò in seguito fra il re egli Stände . Il richiamo al vecchio era per Uhland equivalente al richiamo a valori patriottici e popolari, ma allo stesso tempo significava diffidenza verso teorie innovatrici in ambito politico e difesa di determinati valori borghesi e lo stesso richiamo ad un patriottismo unitario tedesco era da Uhland inteso a partire da un patriottismo regionalistico, nel quadro di una frammentazione nazionale tedesca. La posizione di conservatorismo liberale di Uhland fu superata in seguito dagli eventi con l'emanazione di una nuova costituzione liberale da parte del re Guglielmo del Württemberg. Kerner, List e Wagenheim, consigliere del re, facevano già parte di quel gruppo cosiddetto dei Volksfreunde, più progressista di Uhland, mentre Rückert e Varnhagen von Ense appartenevano nell'ala ancora più progressista. Heine lodò limitatamente e quindi liquidò Uhland da una prospettiva prevalentemente estetica e la sua morte fu per lui soprattutto ‘artistica’, in concomitanza con la morte di quella sensibilità romantica che egli aveva ormai troppo a lungo portato con sé. D'altro canto, conoscendone le convinzioni (politiche) e la riluttanza a sorvolare su certe posizioni, non si può escludere in questo passaggio un certo accento ironico. Ammettiamo dunque che nella Romantische Schule Heine volle considerare Uhland solo dal punto di vista puramente estetico e gli accenni alla sua presa di posizione politica rimasero appunto solo tali e particolarmente funzionali ad evidenziare l'inadeguatezza artistica sua e dei toni romantici in genere. L'accenno più concreto di Heine è a quei Patrioten del 1813 che egli vuole distinguere dai Vaterlandsfreunde suoi contemporanei. I patrioti, come li intese Uhland, avrebbero potuto godere del suo incedere nostalgico su temi del passato; non però quelli odierni, coloro che non si nutrono della retorica delle cosiddette Freyheitskriege. Il timbro francofilo di questa affermazione di Heine era inequivocabile. D'altronde, pur sconfinando in un'analisi che non riguarda esattamente il tema trattato, è evidente il rapporto a doppio filo tra temi poetici, in particolare quelli popolari e della tradizione medievale, e scelte politiche, che certo Heine non avrebbe potuto non cogliere. Heine considera Uhland per tutte queste ragioni il vero rappresentante della sua epoca, negando già nella Romantische Schule ogni riconoscimento agli altri poeti romantici. Se riserva qualche lode a Eichendorff e Kerner, Schwab e Müller, lo fa con l'intendimento e lo spirito che aveva inteso usare con Uhland. A differenza di quest'ultimo, però, essi non sono riassuntivi e rappresentativi di tutto il romanticismo. Con tutto ciò, Heine giunge alla conclusione che comunque Uhland non fu il padre di una scuola, in quanto il romanticismo, appropriandosi di temi del passato, non poteva ritenersi tale. Nella figura di Wolfgang Menzel si riassume tutta questa variegata costellazione politica che abbiamo visto essere già presente nella biografia di Uhland. Menzel fu, come già ricordato, l'iniziatore della lunga polemica di cui lo Schwabenspiegel rappresenta uno degli ultimi stadi; in lui si riassumono in larga parte e riconducono ad una unione superiore tutte le vicende personali, politiche e artistiche del periodo della restaurazione, dopo le guerre di liberazione, in particolar modo quelle riguardanti la scena letteraria. Ricordiamo che Menzel, considerato una vera autorità letteraria della sua epoca, aveva diretto numerose riviste letterarie, in parte dell'editore Cotta. Benché di origini sassoni, fu ben presto naturalizzato svevo (anche per questo Heine lo pone fra i poeti svevi) e il suo ambito di influenza era prevalentemente la Germania meridionale. Come anche per Pfizer, la sua biografia ebbe diverse svolte. D'altronde una sua linea di continuità è ben precisa se ci si rapporta alla particolare epoca storica; con Heine esistono diversi punti di contatto che da una conoscenza abbastanza superficiale (Heine pubblicò una recensione su Menzel già nel 1828, benché le loro strade si sarebbero ben presto divise) passano ad un distacco e ad una polemica sempre più violenta, a cominciare dalle comune, anche se per Heine assai controversa e discussa, appartenenza ad una Burschenschaft, un’associazione goliardica, durante lo studio a Bonn fino, appunto, alla pubblicazione nel “Literaturblatt” del 1836 di una serie di attacchi più feroci contro gli scrittori dello Junges Deutschland. Proprio la posizione unitaria assunta da tutti i 'giovani tedeschi' nei confronti del critico Menzel all'epoca dei famosi Bundesbeschlüße, è simbolica di quella unità di intenti che sarebbe stata irrimediabilmente compromessa di lì a poco. Avendo Menzel, considerato oramai comunemente l’apologo e l’ispiratore di quei Beschlüße, messo involontariamente in un unico fascio quasi tutti i più giovani autori di simpatie liberali della scena letteraria, egli divenne involontariamente la molla che causò l'unione, anche se di breve respiro, degli stessi, e che si evidenziò con il comune divieto. Si pensi solamente che all'epoca dello scritto di Heine a proposito del Denunziant Menzel già esistevano o stavano per uscire perlomeno altre quattro risposte molto simili nei toni alla sua polemica: dal Menzel der Franzosenfresser di Börne, allo scritto di Gutzkow W. Menzel und dessen deutsche Literatur, alla «Verteidigung» di Strauß e a varie prese di posizione di Wienbarg ed altri. Anche per questo Heine considerò un puro lusso, come egli accenna ancora nello Schwabenspiegel, ritornare sulla polemica dopo quelle che lui chiama le «Bomben» di Strauß e Börne. La posizione di Menzel, come accennato, era tipica per l'epoca e si riassume nel dualismo esistente nel periodo successivo alla Restaurazione e riassumibile nei due poli del liberalismo democratico e in quello del liberalismo patriottico, non sempre disgiunto anche dal richiamo a valori conservatori cristiani. Questo dualismo era evidente anche in Menzel che se da un lato poteva valere come liberale in quanto era appartenuto alle Burschenschaften e dovette subire l'esilio in Svizzera, dall'altro condannava nelle vedute dei nuovi poeti liberali proprio l'eccessivo gallofilismo e la liberalità dei costumi. Non a caso il punto di condanna fondamentale di Menzel era proprio l'aver trascurato i valori fondamentali patriottici. Certo questo problema è insito già nella storia e nelle vicende legate alle Burschenschaften e alla loro doppia valenza rivoluzionaria e patriottica; per questo basti pensare alla lettura storica data alla festa della Wartburg nella storia tedesca . Menzel basò la sua avversione a Goethe anche e soprattutto su questo punto e il punto di distacco maggiore fra lui e Heine, oltre alle vicende letterarie, è proprio nella considerazione di Goethe, considerazione che in Heine va intesa in una certa evoluzione, benché i dissensi fossero numerosi e forti. Heine detestò la ripulsa superficiale di Menzel, e anche di Börne, verso Goethe, mentre tutta la sua polemica con Goethe si svolge su di un piano dialettico sicuramente più alto. Heine, che scorgeva la dimensione rivoluzionaria insita nel rapporto Francia-Germania, come egli l'aveva dedotta dalla dottrina hegeliana, si poneva in una dimensione ultranazionale, dimostrata anche dalla sua biografia e dal suo esilio francese, che non poteva che vedere con estremo rigore e porsi in un atteggiamento perlomeno critico, se non ostile, verso le ultime propaggini di sentimenti nostalgici romantici e idilliaco-nazionalistici . Va tenuto in debita considerazione il fatto che il pathos di emancipazione dei poeti dello Junges Deutschland era senza dubbio correlato anche a un forte cambiamento linguistico. Heine vedeva le origini dell'emancipazione moderna nel rapporto Lessing-Lutero, cioè nel principio protestante-illuminista, anche se con una paradossale quanto inattuale rivalutazione del protestantesimo, secondo la dicotomia heiniana di 'nazarenismo' e di 'ellenismo' o 'spiritualismo' e 'sensualismo'. Heine, al pari di Goethe, considerò il Romanticismo una sorta di aspetto malato dell'arte, anche se proprio in lui sono racchiusi innumerevoli elementi romantici, di cui fu certo consapevole. Se questo non basta per trarre definitive considerazioni estetiche su Heine e sul suo complicato rapporto con tutta l'ala estrema dei giovani tedeschi - compreso Marx - questo basta sicuramente per dare l'immagine del profondo divario che esisteva fra lui e questa schiera di poeti che lui vedeva come una sorta di residuo del passato. Ai francesi, verso i quali Heine, nel suo volontario esilio, si volle porre come mediatore della cultura tedesca - ma anche viceversa - egli intese mostrare due estremi pericoli della situazione tedesca a lui contemporanea; in primo luogo il pericolo insito nel Romanticismo tedesco, in secondo luogo nel radical-democratismo di un Börne. Di qui le due opere Die romantische Schule e il Ludwig Börne.
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