La decisione Citizens United della Corte suprema statunitense (US Supreme Court, decisione del 21 gennaio 2010, Citizens United v. Federal Election Commission) è probabilmente la decisione più importante del 2009 della Corte suprema. La Corte ha stabilito (con la maggioranza di cinque giudici contro quattro) che certe limitazioni al finanziamento delle campagne elettorali (ed in particolare al finanziamento di messaggi promozionali od altre forme di comunicazione elettorale) sono illegittime per la violazione della libertà di manifestazione del pensiero (ed in particolare del political speech, tutelato dal primo Emendamento della Costituzione statunitense). La Corte ribalta le sue precedenti decisioni Austin, del 1990 e, in parte, McConnell, del 2003, optando per un’interpretazione ancor più stretta e rigorosa delle ammissibili restrizioni alla liberta di manifestazione del pensiero. Quindi la Corte respinge le argomentazioni per cui tali limitazioni potrebbero essere consentite per evitare distorsioni nella campagna elettorale, oppure per evitare la corruzione o per proteggere gli azionisti (delle società finanziatrici) La decisione rappresenta non soltanto un punto di riferimento nel dibattito relativo all’uso del denaro nella politica, ma è destinata ad influenzare profondamente i meccanismi e le strategie elettorali, per il probabile maggiore intervento delle grandi società. Inoltre, la decisione è destinata ad influenzare le future interpretazioni ed applicazioni del principio della libertà di espressione, che potrebbe venire applicata non solo alle persone fisiche, ma anche alle società.

Libertà di espressione e limiti ai finanziamenti alle campagne elettorali: la decisione Citizens United v. Federal Election Commission della Corte suprema statunitense

GNES, MATTEO
2011

Abstract

La decisione Citizens United della Corte suprema statunitense (US Supreme Court, decisione del 21 gennaio 2010, Citizens United v. Federal Election Commission) è probabilmente la decisione più importante del 2009 della Corte suprema. La Corte ha stabilito (con la maggioranza di cinque giudici contro quattro) che certe limitazioni al finanziamento delle campagne elettorali (ed in particolare al finanziamento di messaggi promozionali od altre forme di comunicazione elettorale) sono illegittime per la violazione della libertà di manifestazione del pensiero (ed in particolare del political speech, tutelato dal primo Emendamento della Costituzione statunitense). La Corte ribalta le sue precedenti decisioni Austin, del 1990 e, in parte, McConnell, del 2003, optando per un’interpretazione ancor più stretta e rigorosa delle ammissibili restrizioni alla liberta di manifestazione del pensiero. Quindi la Corte respinge le argomentazioni per cui tali limitazioni potrebbero essere consentite per evitare distorsioni nella campagna elettorale, oppure per evitare la corruzione o per proteggere gli azionisti (delle società finanziatrici) La decisione rappresenta non soltanto un punto di riferimento nel dibattito relativo all’uso del denaro nella politica, ma è destinata ad influenzare profondamente i meccanismi e le strategie elettorali, per il probabile maggiore intervento delle grandi società. Inoltre, la decisione è destinata ad influenzare le future interpretazioni ed applicazioni del principio della libertà di espressione, che potrebbe venire applicata non solo alle persone fisiche, ma anche alle società.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2503064
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