I processi di internazionalizzazione delle imprese in Italia presentano caratteri di forte specificità, dovuti soprattutto alla prevalenza di piccole e medie imprese (PMI) e all’influenza esercitata dai distretti industriali in cui esse si inseriscono. Si tratta di un modello di sviluppo certamente in antitesi rispetto a quelli centrati sulla funzione primaria e trainante delle grandi multinazionali. Nonostante questo, e nonostante i limiti derivanti dalla carenza di risorse (finanziarie, organizzative, culturali), la capacità delle imprese di sostenere il confronto competitivo sui mercati internazionali non è in passato venuta meno, grazie anche al ruolo svolto dai distretti industriali, la cui appartenenza ha potuto in buona parte compensare i limiti individuali (soprattutto in relazione alle dimensioni di scala conseguibili e alla capacità di investimento per l’innovazione) e, nello stesso tempo, ha permesso di amplificare i fattori di successo delle singole imprese, prevalentemente in termini di trasferimento di conoscenze, dinamismo e capacità di rapido adattamento ai cambiamenti dei mercati. Tale condizione si è verificata più agevolmente nei settori maggiormente sensibili alle componenti di flessibilità e nei quali minore, viceversa, risulta il peso degli investimenti in ricerca e sviluppo. Tipicamente, i settori tradizionali, a minor contenuto tecnologico e maggiormente caratterizzati da rapidi cambiamenti della domanda sono quelli in cui meglio è stato espresso il potenziale delle PMI nazionali. I cambiamenti nello scenario competitivo degli ultimi anni stanno tuttavia modificando radicalmente i termini del confronto e richiedono che siano verificate le condizioni di successo finora ritenute valide, fra cui la funzione svolta dai distretti. Alla luce di tale prospettiva, occorre riconsiderare i modelli strategici adottati dalle imprese in passato e riflettere su quali nuovi assetti esse dovranno costruire le strategie in futuro. Obiettivo di questo lavoro è quello di focalizzare l’attenzione sui cambiamenti intervenuti, sia in merito ai fattori critici di successo per le imprese, sia in relazione alle opzioni strategiche in grado di preservarne e rafforzarne la capacità competitiva. Tale ottica, funzionale a una visione complessiva della caratterizzazione dei distretti e delle condizioni di competitività in cui si muovono le singole unità al loro interno, permette di evidenziare i vincoli e le potenzialità attualmente esistenti per la formulazione delle strategie. Da essa può inoltre essere tratto un riferimento per individuare possibili fronti di stimolo e sostegno alle imprese, a partire dai limiti da esse dimostrati nell’azione individuale in campo internazionale. L’articolo analizza le condizioni di competitività delle imprese distrettuali italiane, individuando i limiti al loro sviluppo di fronte ai mutamenti dello scenario economico internazionale, con l’obiettivo di delineare le strategie adottabili. Tali strategie possono valorizzare i legami distrettuali a favore di un ruolo di coordinamento di filiere internazionalizzate, nelle quali il distretto può mantenere al suo interno le funzioni chiave e a maggior valore aggiunto. Inoltre, vengono individuate le esigenze di supporto esterno alle imprese, secondo priorità equilibrate fra medie imprese, per il ruolo trainante da esse svolto, e piccole e piccolissime imprese, che devono evolvere per non frenare i network di cui sono parte.

Strategie di internazionalizzazione fra economie distrettuali e filiere estese

MUSSO, FABIO
2006

Abstract

I processi di internazionalizzazione delle imprese in Italia presentano caratteri di forte specificità, dovuti soprattutto alla prevalenza di piccole e medie imprese (PMI) e all’influenza esercitata dai distretti industriali in cui esse si inseriscono. Si tratta di un modello di sviluppo certamente in antitesi rispetto a quelli centrati sulla funzione primaria e trainante delle grandi multinazionali. Nonostante questo, e nonostante i limiti derivanti dalla carenza di risorse (finanziarie, organizzative, culturali), la capacità delle imprese di sostenere il confronto competitivo sui mercati internazionali non è in passato venuta meno, grazie anche al ruolo svolto dai distretti industriali, la cui appartenenza ha potuto in buona parte compensare i limiti individuali (soprattutto in relazione alle dimensioni di scala conseguibili e alla capacità di investimento per l’innovazione) e, nello stesso tempo, ha permesso di amplificare i fattori di successo delle singole imprese, prevalentemente in termini di trasferimento di conoscenze, dinamismo e capacità di rapido adattamento ai cambiamenti dei mercati. Tale condizione si è verificata più agevolmente nei settori maggiormente sensibili alle componenti di flessibilità e nei quali minore, viceversa, risulta il peso degli investimenti in ricerca e sviluppo. Tipicamente, i settori tradizionali, a minor contenuto tecnologico e maggiormente caratterizzati da rapidi cambiamenti della domanda sono quelli in cui meglio è stato espresso il potenziale delle PMI nazionali. I cambiamenti nello scenario competitivo degli ultimi anni stanno tuttavia modificando radicalmente i termini del confronto e richiedono che siano verificate le condizioni di successo finora ritenute valide, fra cui la funzione svolta dai distretti. Alla luce di tale prospettiva, occorre riconsiderare i modelli strategici adottati dalle imprese in passato e riflettere su quali nuovi assetti esse dovranno costruire le strategie in futuro. Obiettivo di questo lavoro è quello di focalizzare l’attenzione sui cambiamenti intervenuti, sia in merito ai fattori critici di successo per le imprese, sia in relazione alle opzioni strategiche in grado di preservarne e rafforzarne la capacità competitiva. Tale ottica, funzionale a una visione complessiva della caratterizzazione dei distretti e delle condizioni di competitività in cui si muovono le singole unità al loro interno, permette di evidenziare i vincoli e le potenzialità attualmente esistenti per la formulazione delle strategie. Da essa può inoltre essere tratto un riferimento per individuare possibili fronti di stimolo e sostegno alle imprese, a partire dai limiti da esse dimostrati nell’azione individuale in campo internazionale. L’articolo analizza le condizioni di competitività delle imprese distrettuali italiane, individuando i limiti al loro sviluppo di fronte ai mutamenti dello scenario economico internazionale, con l’obiettivo di delineare le strategie adottabili. Tali strategie possono valorizzare i legami distrettuali a favore di un ruolo di coordinamento di filiere internazionalizzate, nelle quali il distretto può mantenere al suo interno le funzioni chiave e a maggior valore aggiunto. Inoltre, vengono individuate le esigenze di supporto esterno alle imprese, secondo priorità equilibrate fra medie imprese, per il ruolo trainante da esse svolto, e piccole e piccolissime imprese, che devono evolvere per non frenare i network di cui sono parte.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2507505
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