L'articolo è stato scritto in occasione della giornata di studio svoltasi all'Università di Urbino “Carlo Bo”del 21 ottobre 2010 dedicata al testo di Carl Schmitt Il nomos della Terra, 60 dopo la sua pubblicazione. Dunque, una celebrazione. Ma i rimandi interessanti e contemporanei che in quella giornata avevano determinato la discussione, soprattutto in direzione di un'attualità di Schmitt per la costruzione dell'identità europea contemporanea, hanno spinto l'autore verso un concetto, il kat-echon da tradurre come forza frenante (il significato più prossimo alla parola tedesca Aufhalter) che spicca come guadagno nuovo per la contemporaneità del pensiero politico di Schmitt. La forza frenante il kat-echon non è però un concetto filosofico, ideologico o semplicemente morale. Si oppone per esempio all'idea della giusta causa che applicata al liceità della guerra diventa un concetto mediato dalla teologia ma foriero, come già aveva detto Alberico da Gentile, di guerre di annientamento. La forza frenante deriva in primo luogo dalla prossimitù spaziale degli Stati e quindi dalla loro reciproca limitazione. E', certo, anche un conetto giuridico ma proveniente dal diritto pubblico, quello che promana dallo jus publicum europeum.Questa distinzione non è di poco conto; il diritto internazionale di fatto non nasce dal diritto interstatuale ma dal diritto privato. Su esso si innesta l'economia e lo spazio globale. Cioè si innesta un nomos-non nomos: il nomos del mare. Viceversa esso prende alimento dal vero nomos: quello della terra. Che la parola nomos non sia una parola definitoria o un concetto solo logico o linguistico o giuridico appare chiaro al lettore di Schmitt non prevenuto. Anche nelle sue etimologie abboracciate (nomos proverebbe dal noos omerico) Schmitt vive una ricchezza di suggestioni che eleva il testo dal suo ambito disciplinare (il giuridico), alla filosofia, alla sociologia fino alla letteratura (il suo impareggiabile stile), quella letteratura che deve parlare secondo il magistero di Carlo Bo alla vita umana, semplicemente. Il nomos è appropriazione, divisione e produzione, ordinamento e localizzazione, ogni sostantivo con cui Schmitt descive il nomos rimanda al suo fondo terraneo, del tutto lontano dalla nozione “spirituale” della norma.Solo il nomos della terra è però naturalmente connesso alla forza frenante del kat-echon. Il nomos del mare e dell'aria è invece squilibrio non solo perchè i confini marini o aerei non esistono (se non connessi alla terra) ma anche perchè la tecnica della guerra viene stravolta. La guerra terranea che contempla occupazione, protezione e obbedienza si oppone alla guerra marittima che proprio per la sua natura di spazio libero comporta l'idea non dell'occupazione ma semmai, se la nave non viene distrutta, della preda. Un esercito che occupa il territorio è naturalmente interessato a mantenere in esso l'ordine; la battaglia navale trasforma in economia questa limitazione, utilizzando la preda della nave. Ma all'avvento della guerra aerea questi confini saltano. O per meglio dire esaltano le potenzialità annientatrici che vi erano già nella guerra marina (bombardamento e blocco navale). L'aereo non può limitarsi allo spazio aereo che dovrebbe tradurre in altezza le convenzioni terrestri e marine. Il suo unico obiettivo (l'unico praticabile oltre a quello della ricognizione) è l'annientamento. Le categorie protofilosofiche di Schmitt (gli elementi di Empedocle di Agrigento:terra,acqua,aria,fuoco) sorprendentemente servono a capire la politica della forza e della forza frenante in epoca moderna e - vorremmo soggiungere – contemporanea (aria e fuoco, missili a gittata intercontinentale). Rispetto alla forza dispiegata delle categorie del politico qui le forze si equilibrano, o si dovrebbero equilibrare se non fosse presente lo squilibrio del nomos del mare e dell'aria. Ma quello che dovrebbe essere chiaro è che non si parla qui affatto di un ideale valoriale come quello della pace, non si demanda al volontarismo dei significati o alla forza “spirituale” del diritto o all'esile concettualizzazione del relativismo dei valori la responsabilità dell'ordine politico mondiale. Le forze si devono equilibrare. Non in nome di un principio spirituale ma dall'effettiva consistenza della forza. Del resto una riflessione non prevenuta ci dovrebbe avvertire che un conflitto è tanto meno probabile quanto più le forze in campo si temono, quanto più la paura della proprio annientamento supera l'hýbris del dominio. Significa dare il suo vero nome alla ragione della deterrenza atomica. La nostra interpretazione salva il quadro generale del pensiero di Schmitt che è, indubitabilmente conservatore, sempre, anche nel Nomos della terra, C'è di più: cio che sembra cogliere il Nomos della Terra è il tentativo di superare una condizione naturale (il nomos della terra) con lo sviluppo di tecniche del tutto diverse (il nomos del mare, dell'aria). Certo Schmitt non lo dice esplicitamente, ma, - guardando lo sviluppo della narrazione - a queste tecniche si oppone la stessa natura umana, che da questo punto di vista non si differenzia dalla natura del mondo e, se vogliamo, dalla natura della terra. Questo superamento o tentativo di superamento conduce non al progresso ma appunto al regresso, al passato. Il tema della negatività della tecnica è chiarito da questo movimento, che non è affatto dialettico, se la dialettica è conservazione ma anche innalzamento e accrescimento (aufheben). Il movimento è quello tipico dell'inconscio freudiano: il ritorno del rimosso. Nel momento stesso che la tecnica pensa di poter superare questa natura il risultato storico emette giudizi terribili che sembrano far emergere il rimosso della storia, la sua barbarie. Stiamo parlando di quel momento cruciale della storia europea (e della storia di Schmitt) dell'esaltazione della tecnica moderna compiuta dalla Germania nazista. Qui si narra un tema che il Novecento ha coniugato con devastante precisione dal punto di vista sociologico e con confuse e contraddittori sentieri da punto di vista filosofico (domande confusamente impostate, molti dubbi, tentazioni e tendenze); il ritorno della barbarie (il passato che ritorna) dell'Olocausto, propiziato proprio dalla tecnica – la tecnica scientifica, comunicativa, biologica, gli esperimenti sugli esseri umani, è dovuto a questo tentativo della cultura umana di superare i suoi limiti naturali. Da questo punto di vista il tema della tecnica e della sua negatività non è terminato con la sconfitta del nazismo.Alla risposta poetante di Heidegger o a quella eternizzante di Severino, il superamento della tecnica viene posto da Schmitt nel rafforzamento del kat-echon, della forza frenante, l'elemento fondamentale del Nomos della terra.

Nomos e kat-echon

DI CARO, ALESSANDRO
2011

Abstract

L'articolo è stato scritto in occasione della giornata di studio svoltasi all'Università di Urbino “Carlo Bo”del 21 ottobre 2010 dedicata al testo di Carl Schmitt Il nomos della Terra, 60 dopo la sua pubblicazione. Dunque, una celebrazione. Ma i rimandi interessanti e contemporanei che in quella giornata avevano determinato la discussione, soprattutto in direzione di un'attualità di Schmitt per la costruzione dell'identità europea contemporanea, hanno spinto l'autore verso un concetto, il kat-echon da tradurre come forza frenante (il significato più prossimo alla parola tedesca Aufhalter) che spicca come guadagno nuovo per la contemporaneità del pensiero politico di Schmitt. La forza frenante il kat-echon non è però un concetto filosofico, ideologico o semplicemente morale. Si oppone per esempio all'idea della giusta causa che applicata al liceità della guerra diventa un concetto mediato dalla teologia ma foriero, come già aveva detto Alberico da Gentile, di guerre di annientamento. La forza frenante deriva in primo luogo dalla prossimitù spaziale degli Stati e quindi dalla loro reciproca limitazione. E', certo, anche un conetto giuridico ma proveniente dal diritto pubblico, quello che promana dallo jus publicum europeum.Questa distinzione non è di poco conto; il diritto internazionale di fatto non nasce dal diritto interstatuale ma dal diritto privato. Su esso si innesta l'economia e lo spazio globale. Cioè si innesta un nomos-non nomos: il nomos del mare. Viceversa esso prende alimento dal vero nomos: quello della terra. Che la parola nomos non sia una parola definitoria o un concetto solo logico o linguistico o giuridico appare chiaro al lettore di Schmitt non prevenuto. Anche nelle sue etimologie abboracciate (nomos proverebbe dal noos omerico) Schmitt vive una ricchezza di suggestioni che eleva il testo dal suo ambito disciplinare (il giuridico), alla filosofia, alla sociologia fino alla letteratura (il suo impareggiabile stile), quella letteratura che deve parlare secondo il magistero di Carlo Bo alla vita umana, semplicemente. Il nomos è appropriazione, divisione e produzione, ordinamento e localizzazione, ogni sostantivo con cui Schmitt descive il nomos rimanda al suo fondo terraneo, del tutto lontano dalla nozione “spirituale” della norma.Solo il nomos della terra è però naturalmente connesso alla forza frenante del kat-echon. Il nomos del mare e dell'aria è invece squilibrio non solo perchè i confini marini o aerei non esistono (se non connessi alla terra) ma anche perchè la tecnica della guerra viene stravolta. La guerra terranea che contempla occupazione, protezione e obbedienza si oppone alla guerra marittima che proprio per la sua natura di spazio libero comporta l'idea non dell'occupazione ma semmai, se la nave non viene distrutta, della preda. Un esercito che occupa il territorio è naturalmente interessato a mantenere in esso l'ordine; la battaglia navale trasforma in economia questa limitazione, utilizzando la preda della nave. Ma all'avvento della guerra aerea questi confini saltano. O per meglio dire esaltano le potenzialità annientatrici che vi erano già nella guerra marina (bombardamento e blocco navale). L'aereo non può limitarsi allo spazio aereo che dovrebbe tradurre in altezza le convenzioni terrestri e marine. Il suo unico obiettivo (l'unico praticabile oltre a quello della ricognizione) è l'annientamento. Le categorie protofilosofiche di Schmitt (gli elementi di Empedocle di Agrigento:terra,acqua,aria,fuoco) sorprendentemente servono a capire la politica della forza e della forza frenante in epoca moderna e - vorremmo soggiungere – contemporanea (aria e fuoco, missili a gittata intercontinentale). Rispetto alla forza dispiegata delle categorie del politico qui le forze si equilibrano, o si dovrebbero equilibrare se non fosse presente lo squilibrio del nomos del mare e dell'aria. Ma quello che dovrebbe essere chiaro è che non si parla qui affatto di un ideale valoriale come quello della pace, non si demanda al volontarismo dei significati o alla forza “spirituale” del diritto o all'esile concettualizzazione del relativismo dei valori la responsabilità dell'ordine politico mondiale. Le forze si devono equilibrare. Non in nome di un principio spirituale ma dall'effettiva consistenza della forza. Del resto una riflessione non prevenuta ci dovrebbe avvertire che un conflitto è tanto meno probabile quanto più le forze in campo si temono, quanto più la paura della proprio annientamento supera l'hýbris del dominio. Significa dare il suo vero nome alla ragione della deterrenza atomica. La nostra interpretazione salva il quadro generale del pensiero di Schmitt che è, indubitabilmente conservatore, sempre, anche nel Nomos della terra, C'è di più: cio che sembra cogliere il Nomos della Terra è il tentativo di superare una condizione naturale (il nomos della terra) con lo sviluppo di tecniche del tutto diverse (il nomos del mare, dell'aria). Certo Schmitt non lo dice esplicitamente, ma, - guardando lo sviluppo della narrazione - a queste tecniche si oppone la stessa natura umana, che da questo punto di vista non si differenzia dalla natura del mondo e, se vogliamo, dalla natura della terra. Questo superamento o tentativo di superamento conduce non al progresso ma appunto al regresso, al passato. Il tema della negatività della tecnica è chiarito da questo movimento, che non è affatto dialettico, se la dialettica è conservazione ma anche innalzamento e accrescimento (aufheben). Il movimento è quello tipico dell'inconscio freudiano: il ritorno del rimosso. Nel momento stesso che la tecnica pensa di poter superare questa natura il risultato storico emette giudizi terribili che sembrano far emergere il rimosso della storia, la sua barbarie. Stiamo parlando di quel momento cruciale della storia europea (e della storia di Schmitt) dell'esaltazione della tecnica moderna compiuta dalla Germania nazista. Qui si narra un tema che il Novecento ha coniugato con devastante precisione dal punto di vista sociologico e con confuse e contraddittori sentieri da punto di vista filosofico (domande confusamente impostate, molti dubbi, tentazioni e tendenze); il ritorno della barbarie (il passato che ritorna) dell'Olocausto, propiziato proprio dalla tecnica – la tecnica scientifica, comunicativa, biologica, gli esperimenti sugli esseri umani, è dovuto a questo tentativo della cultura umana di superare i suoi limiti naturali. Da questo punto di vista il tema della tecnica e della sua negatività non è terminato con la sconfitta del nazismo.Alla risposta poetante di Heidegger o a quella eternizzante di Severino, il superamento della tecnica viene posto da Schmitt nel rafforzamento del kat-echon, della forza frenante, l'elemento fondamentale del Nomos della terra.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2513775
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