Nel suo intervento Cesare Luporini indica in meccanica e scienza della pittura le due polarità della mente di Leonardo, i due momenti nei quali la sua multiforme ricerca si condensa in modo primario e decisivo, ma in cui, allo stesso tempo, si va divaricando. Per Luporini, con Leonardo abbamo dinnanzi l’artista-scienziato quattrocentesco che va oltre sé stesso, fino alla sua propria messa in questione. Questo “andare oltre” è precisamente l’oggetto della ricerca, che quindi si muove sul duplice tracciato delle indagini fisico-meccaniche del Vinciano, e della sua riflessione estetica sulla pittura come “scienza”. La tesi di Luporini può essere al proposito così riassunta: se sul terreno dell’indagine propriamente scientifica Leonardo, in mezzo a mille difficoltà, si muove nella direzione giusta di un rifiuto della metafisica nell’indagine della natura, e di uno sviluppo (ancora embrionale) dello strumentario astrattivo-sperimentale per la sua “dissezione”, su quello della riflessione estetica il suo itinerario è per un verso più lineare (ed è riflesso della mentalità scientifica che Leonardo si va forgiando), per un altro verso è latore di ambivalenze reali assenti in Leonardo scienziato. Queste ambivalenze sono secondo Luporini tali, che nel gesto pittorico di Leonardo può essere individuata quella sintesi riflessa e “filosofica”, che né lo scienziato, né l’autore del Libro di pittura riescono a pensare. Il dossier de La mente di Leonardo va riaperto precisamente a partire da questo luogo, che, come si mostrerà, non è esplicitamente posto da Luporini a baricentro della propria ricerca. Le recensioni che ne registrarono l’uscita o si limitarono a variamente valutare le pagine sullo scienziato e lo scopritore del “principio di inerzia” (con il conseguente isolamento degli aspetti più marcatamente ideologici dello schema “progressivo” che accomuna il Leonardo al Leopardi e al Voltaire), o misero in evidenza l’incapacità dell’autore di cogliere il modo in cui anche nella scienza di Leonardo vi sia molto del Leonardo artista (l’importanza dell’immagine, da Luporini rifiutata in polemica con Cassirer). Infatti La mente di Leonardo non produsse quasi effetti nella posteriore ricerca vinciana: o costretto in uno schema idelogico presto dinvetato obsoleto, o posto fuori del mainstream che – con Keele e quindi Kemp – prenderà le mosse proprio dall’intreccio indissolubile di parola e immagine, così esplorando le possibilità di una rinnovata storia della scienza non più costretta entro i binari canonici della fisica cartesiana e galileiana. Riaprire oggi questo libro vuole dire dunque interrogarlo a partire da una prospettiva non contenuta né nell’intenzione dell’autore, né in quella dei suoi lettori, ma in esso tuttavia presentissima: l’idea di una “prospettiva di movimento” (acutamente rilevata da Anna Maria Brizio nella sua recensione) come apprensione filosofica della natura in quanto “storia”, e della città umana in quanto radicata nei ritmi della natura. A questo proposito, la tesi di Luporini, sconvolgente nella sua semplicità, è che Leonardo non si libera semplicemente della spazialità quattrocentesca, né la oltrepassa, ma la traduce e la integra in una sintesi concreta di tempo e spazio, cioè in una temporalità in modo mai generico investita in moduli spaziali concreti, da essi “nascente” in modi specifici, che Luporini indaga dalla forma del tratto leonardesco all’integrazione di disegno e dipinto, alla volumetria delle composizioni, fino alla poetica dell’indefinito e del non-finito. In questa temporalità come sintesi di tempo e spazio sta il realismo e anzi il materialismo di Leonardo. Se si smonta La mente di Leonardo, viene portata alla luce un’infrastruttura non immediatamente apparente: il problema della spazio-temporalità, con cui Luporini si è travagliato in forme diverse per tutta la vita, dal libro esistenzialistico del 1941 fino al Naufragio senza spettatore (1988).

Cesare Luporini e la mente di Leonardo tra temporalità e spazializzazione

FROSINI, FABIO
2013

Abstract

Nel suo intervento Cesare Luporini indica in meccanica e scienza della pittura le due polarità della mente di Leonardo, i due momenti nei quali la sua multiforme ricerca si condensa in modo primario e decisivo, ma in cui, allo stesso tempo, si va divaricando. Per Luporini, con Leonardo abbamo dinnanzi l’artista-scienziato quattrocentesco che va oltre sé stesso, fino alla sua propria messa in questione. Questo “andare oltre” è precisamente l’oggetto della ricerca, che quindi si muove sul duplice tracciato delle indagini fisico-meccaniche del Vinciano, e della sua riflessione estetica sulla pittura come “scienza”. La tesi di Luporini può essere al proposito così riassunta: se sul terreno dell’indagine propriamente scientifica Leonardo, in mezzo a mille difficoltà, si muove nella direzione giusta di un rifiuto della metafisica nell’indagine della natura, e di uno sviluppo (ancora embrionale) dello strumentario astrattivo-sperimentale per la sua “dissezione”, su quello della riflessione estetica il suo itinerario è per un verso più lineare (ed è riflesso della mentalità scientifica che Leonardo si va forgiando), per un altro verso è latore di ambivalenze reali assenti in Leonardo scienziato. Queste ambivalenze sono secondo Luporini tali, che nel gesto pittorico di Leonardo può essere individuata quella sintesi riflessa e “filosofica”, che né lo scienziato, né l’autore del Libro di pittura riescono a pensare. Il dossier de La mente di Leonardo va riaperto precisamente a partire da questo luogo, che, come si mostrerà, non è esplicitamente posto da Luporini a baricentro della propria ricerca. Le recensioni che ne registrarono l’uscita o si limitarono a variamente valutare le pagine sullo scienziato e lo scopritore del “principio di inerzia” (con il conseguente isolamento degli aspetti più marcatamente ideologici dello schema “progressivo” che accomuna il Leonardo al Leopardi e al Voltaire), o misero in evidenza l’incapacità dell’autore di cogliere il modo in cui anche nella scienza di Leonardo vi sia molto del Leonardo artista (l’importanza dell’immagine, da Luporini rifiutata in polemica con Cassirer). Infatti La mente di Leonardo non produsse quasi effetti nella posteriore ricerca vinciana: o costretto in uno schema idelogico presto dinvetato obsoleto, o posto fuori del mainstream che – con Keele e quindi Kemp – prenderà le mosse proprio dall’intreccio indissolubile di parola e immagine, così esplorando le possibilità di una rinnovata storia della scienza non più costretta entro i binari canonici della fisica cartesiana e galileiana. Riaprire oggi questo libro vuole dire dunque interrogarlo a partire da una prospettiva non contenuta né nell’intenzione dell’autore, né in quella dei suoi lettori, ma in esso tuttavia presentissima: l’idea di una “prospettiva di movimento” (acutamente rilevata da Anna Maria Brizio nella sua recensione) come apprensione filosofica della natura in quanto “storia”, e della città umana in quanto radicata nei ritmi della natura. A questo proposito, la tesi di Luporini, sconvolgente nella sua semplicità, è che Leonardo non si libera semplicemente della spazialità quattrocentesca, né la oltrepassa, ma la traduce e la integra in una sintesi concreta di tempo e spazio, cioè in una temporalità in modo mai generico investita in moduli spaziali concreti, da essi “nascente” in modi specifici, che Luporini indaga dalla forma del tratto leonardesco all’integrazione di disegno e dipinto, alla volumetria delle composizioni, fino alla poetica dell’indefinito e del non-finito. In questa temporalità come sintesi di tempo e spazio sta il realismo e anzi il materialismo di Leonardo. Se si smonta La mente di Leonardo, viene portata alla luce un’infrastruttura non immediatamente apparente: il problema della spazio-temporalità, con cui Luporini si è travagliato in forme diverse per tutta la vita, dal libro esistenzialistico del 1941 fino al Naufragio senza spettatore (1988).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2549776
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