Questo saggio vuol essere uno strumento per la lettura del Tractatus di Wittgenstein. È stato concepito per studenti. È, dunque, un manuale. Ma, forse, potrà servire anche al lettore esperto. Infatti ormai innumerevoli sono le opere di introduzione al Tractatus ma solo una (quella di Max Black) raccoglie la sfida di spiegare, passo passo, l’opera. Quell’opera — pur pregevole — non solo è ormai invecchiata ma non resisteva alla tentazione di far combaciare i mattoni (le proposizioni) del Tractatus con generosi strati di cemento. A questa tentazione abbiamo costantemente resistito e, se abbiamo usato cemento, questo è stato preso dall’opera di Wittgenstein precedente e successiva al Tractatus. In questa maniera si potrà vedere (ma non è questa la principale preoccupazione del saggio) anche le linee di confine tra il Tractatus e la successiva opera di Wittgenstein. Non ho notizia se altri hanno tentato questa strada. In caso ce ne fossero possiamo dire, per continuare la metafora dei mattoni e del cemento, che possono vedere se il mio lavoro soddisfa non un’interpretazione, ma la coerenza dell’opera ed è questo soltanto l’omaggio che dedichiamo a questo singolare signore, con cui abbiamo passato ormai molti anni della nostra vita, un omaggio che crede all’impresa di chiarificazione del nostro strumento di comunicazione principale: il linguaggio. La nostra “interpretazione” vorrebbe essere una “lettura” anche se inevitabilmente anche l’indicare semplicemente una parte rispetto ad un’altra come abbiamo fatto nel capitolo indicante il “cuore” del Tractatus non può essere considerata come una semplice lettura. Tutta l’impresa di Wittgenstein e non solo quella del Tractatus può compendiarsi nel paradosso di come possiamo capire — logicamente — il modo normale della nostra comprensione. Ed è questa malgrado le fragili certezze dell’ermeneutica (oggi messe in forse dai neo– realisti) un’ impresa difficilissima. Può non essere disperata solo se ci affidiamo, con speranza, al linguaggio comune. La guida alla lettura è data dai capitoli che non seguono la numerazione di Wittgenstein, non nel senso della sequenza dello scritto che è la stessa, ma nella volontà di “forma” che le sottocaratterizzazioni (1.1.1.. etc) pensavano di introdurre (o forse è una volontà di armonia musicale?). La mia proposta di lettura dunque è infedele all’intenzione del Tractatus, perché per noi, le divisioni in numeri e sottonumeri di Wittgenstein, lungi dal contribuire alla comprensione, sezionano il testo in inevitabili aforismi. Le parti in cui abbiamo segmentato l’opera, (i titoli dei capitoli) hanno dunque un andamento narrativo e anche un ufficio didattico. Potrà forse stupire il finale che collega Wittgenstein all’informatica; essa tuttavia non è affatto giustapposta; è legata appunto al “cuore” del Tractatus. Le riflessioni possibili su questo tratto sono molteplici, ma non possono essere minimamente accennate in questo lavoro.

Wittgenstein interpreta Wittgenstein. Il "secondo" Wittgenstein legge il Tractatus

DI CARO, ALESSANDRO
2015

Abstract

Questo saggio vuol essere uno strumento per la lettura del Tractatus di Wittgenstein. È stato concepito per studenti. È, dunque, un manuale. Ma, forse, potrà servire anche al lettore esperto. Infatti ormai innumerevoli sono le opere di introduzione al Tractatus ma solo una (quella di Max Black) raccoglie la sfida di spiegare, passo passo, l’opera. Quell’opera — pur pregevole — non solo è ormai invecchiata ma non resisteva alla tentazione di far combaciare i mattoni (le proposizioni) del Tractatus con generosi strati di cemento. A questa tentazione abbiamo costantemente resistito e, se abbiamo usato cemento, questo è stato preso dall’opera di Wittgenstein precedente e successiva al Tractatus. In questa maniera si potrà vedere (ma non è questa la principale preoccupazione del saggio) anche le linee di confine tra il Tractatus e la successiva opera di Wittgenstein. Non ho notizia se altri hanno tentato questa strada. In caso ce ne fossero possiamo dire, per continuare la metafora dei mattoni e del cemento, che possono vedere se il mio lavoro soddisfa non un’interpretazione, ma la coerenza dell’opera ed è questo soltanto l’omaggio che dedichiamo a questo singolare signore, con cui abbiamo passato ormai molti anni della nostra vita, un omaggio che crede all’impresa di chiarificazione del nostro strumento di comunicazione principale: il linguaggio. La nostra “interpretazione” vorrebbe essere una “lettura” anche se inevitabilmente anche l’indicare semplicemente una parte rispetto ad un’altra come abbiamo fatto nel capitolo indicante il “cuore” del Tractatus non può essere considerata come una semplice lettura. Tutta l’impresa di Wittgenstein e non solo quella del Tractatus può compendiarsi nel paradosso di come possiamo capire — logicamente — il modo normale della nostra comprensione. Ed è questa malgrado le fragili certezze dell’ermeneutica (oggi messe in forse dai neo– realisti) un’ impresa difficilissima. Può non essere disperata solo se ci affidiamo, con speranza, al linguaggio comune. La guida alla lettura è data dai capitoli che non seguono la numerazione di Wittgenstein, non nel senso della sequenza dello scritto che è la stessa, ma nella volontà di “forma” che le sottocaratterizzazioni (1.1.1.. etc) pensavano di introdurre (o forse è una volontà di armonia musicale?). La mia proposta di lettura dunque è infedele all’intenzione del Tractatus, perché per noi, le divisioni in numeri e sottonumeri di Wittgenstein, lungi dal contribuire alla comprensione, sezionano il testo in inevitabili aforismi. Le parti in cui abbiamo segmentato l’opera, (i titoli dei capitoli) hanno dunque un andamento narrativo e anche un ufficio didattico. Potrà forse stupire il finale che collega Wittgenstein all’informatica; essa tuttavia non è affatto giustapposta; è legata appunto al “cuore” del Tractatus. Le riflessioni possibili su questo tratto sono molteplici, ma non possono essere minimamente accennate in questo lavoro.
2015
978-88-548-8760-2
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2628987
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