Questo lavoro propone una prima ricognizione concernente le origini della psicologia clinica statunitense, tra ‘800 e ‘900, sullo sfondo di una interpretazione storiografica che ipotizza una ‘pluralità di matrici’ della stessa psicologia clinica, legata alle differenti prospettive teoriche e ai diversi contesti socio-culturali. Vengono in particolare prese in esame le principali questioni fondative della disciplina, ricorrendo ad alcuni scritti di Lightner Witmer, al quale si deve la fondazione della prima ‘clinica psicologica’ per soggetti in età evolutiva caratterizzati da «retardation or physical defects interfering with school progress», e di uno studioso meno noto, John E.W. Wallin. Entrambi gli autori si preoccupano infatti di definire la psicologia clinica, differenziandola da altre branche mediche e psicologiche, di stabilire qual è l’ambito di competenza dello psicologo clinico, di delineare la sua formazione e di precisare scopi e contenuti del suo intervento. Viene poi trattato il rapporto psicologi-psichiatri al suo emergere, facendo specifico riferimento a un documento della Società Psichiatrica newyorkese, che rappresenta uno dei primi tentativi di escludere gli psicologi clinici dal campo della salute mentale, riferendo altresì sulla replica a tale presa di posizione firmata da Shepherd Franz. Dopo un accenno alla situazione italiana dagli anni ’50 ad oggi, l’articolo si conclude sottolineando come almeno alcuni degli interrogativi di base che la psicologia clinica si è trovata ad affrontare alla sua nascita siano tuttora attuali, pur filtrati attraverso l’intenso dibattito che si è svolto nel corso degli anni, e sostenendo di conseguenza l’importanza di una componente storica nella formazione degli psicologi clinici contemporanei.

Questioni fondative agli esordi della psicologia clinica

CECCARELLI, GLAUCO
2013

Abstract

Questo lavoro propone una prima ricognizione concernente le origini della psicologia clinica statunitense, tra ‘800 e ‘900, sullo sfondo di una interpretazione storiografica che ipotizza una ‘pluralità di matrici’ della stessa psicologia clinica, legata alle differenti prospettive teoriche e ai diversi contesti socio-culturali. Vengono in particolare prese in esame le principali questioni fondative della disciplina, ricorrendo ad alcuni scritti di Lightner Witmer, al quale si deve la fondazione della prima ‘clinica psicologica’ per soggetti in età evolutiva caratterizzati da «retardation or physical defects interfering with school progress», e di uno studioso meno noto, John E.W. Wallin. Entrambi gli autori si preoccupano infatti di definire la psicologia clinica, differenziandola da altre branche mediche e psicologiche, di stabilire qual è l’ambito di competenza dello psicologo clinico, di delineare la sua formazione e di precisare scopi e contenuti del suo intervento. Viene poi trattato il rapporto psicologi-psichiatri al suo emergere, facendo specifico riferimento a un documento della Società Psichiatrica newyorkese, che rappresenta uno dei primi tentativi di escludere gli psicologi clinici dal campo della salute mentale, riferendo altresì sulla replica a tale presa di posizione firmata da Shepherd Franz. Dopo un accenno alla situazione italiana dagli anni ’50 ad oggi, l’articolo si conclude sottolineando come almeno alcuni degli interrogativi di base che la psicologia clinica si è trovata ad affrontare alla sua nascita siano tuttora attuali, pur filtrati attraverso l’intenso dibattito che si è svolto nel corso degli anni, e sostenendo di conseguenza l’importanza di una componente storica nella formazione degli psicologi clinici contemporanei.
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