Lo studio tratta della sentenza resa in forma semplificata, compiutamente disciplinata dalla legge n. 205 del 2000 come strumento di definizione del rito, sia esso ordinario o speciale, senza distinzioni dell’affare trattato. L’introduzione di una sentenza succintamente moti-vata è forse una delle soluzioni più innovative nello sforzo tentato dalla novella legislativa di ammodernamento del processo amministrativo, anche se l’attenzione ad es-sa riservata dalla letteratura scientifica non ne ha permesso di distinguere appieno le potenzialità, forse per l’impressione di un dèjà vu della decisione semplificata (prevista, come noto, per un breve periodo nel rito “sblocca-cantieri”, con tratti tuttavia nettamente distinti) o per un inquadramento riduttivo dell’istituto, tra le mi-sure di accelerazione del giudizio amministrativo. E’ questo forse un limite corrispondente ad una più generale carenza di riflessione sulla sentenza amministrativa che, salvo rari seppur autorevoli contributi sulla materia, ha rappresentato un terreno troppo arido su cui impiantare una forma semplificata di decisione. Non sembra, invece, secondario contribuire ad innescare una rinnovata riflessione sull’argomento, che pare rappresentare un crocevia essenziale delle dinamiche che si tendono e si contrappongono nell’odierno modello processuale. Il recente disegno costituzionale del “giusto processo”, l’incessante esigenza di una risposta alla do-manda di giustizia sempre più rapida (e dunque effetti-va), la proliferazione di forme specializzate del rito sono, tra le altre, tutte proiezioni che si riflettono sul pronun-ciamento finale del giudizio, determinandone la fisiono-mia del tratto distintivo della semplificazione. Il piano dell’opera, pertanto, si preoccupa di risolvere una preliminare ambiguità, che si rinviene in alcune ap-plicazioni processuali ispirate da una imprecisa interpre-tazione dei canoni costituzionali. L’art. 111 Cost, come ri-saputo, delinea il corollario dei principi che compongono il “giusto processo”: mentre i canoni del contraddittorio, della parità delle armi per le parti, dell’imparzialità e ter-zietà del giudice identificano l’ontologia del processo, la ragionevole durata è parametro di completamento del medesimo: un processo può essere condotto con forme più o meno abbreviate, ma non può rinunciare, in partico-lar modo, a rendere partecipi e a raccogliere le difese dei soggetti destinatari della decisone. Una procedura, o me-glio, una conduzione del giudizio che assuma a valore primario la contrazione temporale, frustrando l’integrità del contraddittorio ed il diritto di difesa, si pone al di fuo-ri dell’orbita tracciata dal modello del “giusto processo”. Il chiarimento introduttivo si completa, dunque, con la precisazione terminologica dei caratteri qualificanti il rito velocizzato e la sentenza succinta, in quanto nel pri-mo si rinviene un rapporto di genus a species rispetto al processo c.d. ordinario. La specialità del rito, dunque, in-dica il grado di alterazione apportato al modello genera-le,in termini di contrazione o elisione delle normali fasi che contraddistinguono lo svolgimento del giudizio. Al contrario, la sentenza rappresenta un fenomeno sostan-zialmente unitario, la cui identità, ravvisata nella funzio-ne definitoria di un conflitto, non ammette forme surro-gabili o scomposte del pronunciamento. La sentenza suc-cintamente motivata, pertanto, trova nella semplificazione un parametro di adeguatezza alla specifica controversia, che potrà essere risolta anche attraverso una struttura “alleggerita” della decisione, e ciò non perché si adotta una via più breve, ma per la ragione che si offre una ri-sposta appropriata al grado di complessità della contro-versia. Questi profili paiono già sufficienti a dimostrare la ri-levanza del tema, rafforzata anche dal fatto di aver con-dotto una, seppur limitata, ricognizione del diritto stra-niero, dal quale sono emerse, per un verso, analoghe pro-blematiche di ricerca di una maggiore effettività e celerità del processo amministrativo, mentre, per altro verso, si è registrata l’assenza di un istituto processuale che coniu-ghi, in generale e per ogni materia di trattazione, la rapi-dità del rito con un provvedimento decisorio avente forza di giudicato. Il carattere inedito della sentenza succintamente motivata, assunta dopo la celebrazione di un rito speciale viene confermato anche dalla sommaria ricostruzione svolta nel nostro ordinamento, con riferimento al proces-so costituzionale ed al (oramai soppresso) rito societario, nei quali non si rinviene la prospettiva di definire, con res iudicata, una procedura accelerata che, tuttavia, non si sottragga ad una cognizione piena della causa. Nel passare all’analisi dello svolgimento del percorso di assunzione della decisione, si è avuto modo di verificare, una volta descritta la disciplina dell’istituto decisorio, la presenza di interpretazioni antitetiche sulla conduzio-ne della procedura. In altri termini, sono riaffiorate le ambiguità di lettura, affrontate nell’analisi della cornice costituzionale, sul corretto rispetto delle norme proces-suali e dei principi che esse rappresentano. La rapidità del giudizio assume talvolta un ruolo egemone nella prospettiva del rito speciale, portando allo svuotamento di regole che garantiscono l’integrità del contraddittorio e l’esercizio del diritto di difesa. Si è cercato, dunque, di comporre un riequilibrio delle diverse istanze, che ha permesso, così, di delineare un modo con-creto di procedere e di gestire il rapporto tra giudice e parti. Il completamento di questa ricerca si è, tuttavia, otte-nuto solamente con l’approfondimento dei caratteri di-stintivi della motivazione della sentenza. L’approccio dell’indagine, estremamente facilitato dalla ampia rifles-sione rinvenuta tra gli studiosi del processo civili, ha permesso di cogliere, negli elementi costitutivi della mo-tivazione, il corretto inserimento del tratto di semplifica-zione descritto. Si è dunque dato, in primo luogo, giusti-ficazione della decisione semplificata, nella prospettiva di ricostruzione anticipata in premessa, quale forma di sta-tuizione non “inferiore” o “sottordinata”, bensì adeguata alla pronta risolvibilità dell’affare. Ciò ha permesso, inol-tre, di chiarire in modo ancor più preciso, l’intelaiatura processuale che deve sorreggere la decisione semplifica-ta, indicando i risvolti di interazione tra forma del rito e connotato funzionale della motivazione. L’orizzonte finale rappresenta un tentativo di coordi-namento delle istanze, tendenzialmente opposte, di co-gnizione piena della causa, di rapida durata del processo e di adeguata motivazione della decisione, secondo quella che ci appare come una delle immagini più originali e moderne del “giusto processo amministrativo”.
La forma semplificata della sentenza nel “giusto” processo amministrativo
Alberto Clini
2009
Abstract
Lo studio tratta della sentenza resa in forma semplificata, compiutamente disciplinata dalla legge n. 205 del 2000 come strumento di definizione del rito, sia esso ordinario o speciale, senza distinzioni dell’affare trattato. L’introduzione di una sentenza succintamente moti-vata è forse una delle soluzioni più innovative nello sforzo tentato dalla novella legislativa di ammodernamento del processo amministrativo, anche se l’attenzione ad es-sa riservata dalla letteratura scientifica non ne ha permesso di distinguere appieno le potenzialità, forse per l’impressione di un dèjà vu della decisione semplificata (prevista, come noto, per un breve periodo nel rito “sblocca-cantieri”, con tratti tuttavia nettamente distinti) o per un inquadramento riduttivo dell’istituto, tra le mi-sure di accelerazione del giudizio amministrativo. E’ questo forse un limite corrispondente ad una più generale carenza di riflessione sulla sentenza amministrativa che, salvo rari seppur autorevoli contributi sulla materia, ha rappresentato un terreno troppo arido su cui impiantare una forma semplificata di decisione. Non sembra, invece, secondario contribuire ad innescare una rinnovata riflessione sull’argomento, che pare rappresentare un crocevia essenziale delle dinamiche che si tendono e si contrappongono nell’odierno modello processuale. Il recente disegno costituzionale del “giusto processo”, l’incessante esigenza di una risposta alla do-manda di giustizia sempre più rapida (e dunque effetti-va), la proliferazione di forme specializzate del rito sono, tra le altre, tutte proiezioni che si riflettono sul pronun-ciamento finale del giudizio, determinandone la fisiono-mia del tratto distintivo della semplificazione. Il piano dell’opera, pertanto, si preoccupa di risolvere una preliminare ambiguità, che si rinviene in alcune ap-plicazioni processuali ispirate da una imprecisa interpre-tazione dei canoni costituzionali. L’art. 111 Cost, come ri-saputo, delinea il corollario dei principi che compongono il “giusto processo”: mentre i canoni del contraddittorio, della parità delle armi per le parti, dell’imparzialità e ter-zietà del giudice identificano l’ontologia del processo, la ragionevole durata è parametro di completamento del medesimo: un processo può essere condotto con forme più o meno abbreviate, ma non può rinunciare, in partico-lar modo, a rendere partecipi e a raccogliere le difese dei soggetti destinatari della decisone. Una procedura, o me-glio, una conduzione del giudizio che assuma a valore primario la contrazione temporale, frustrando l’integrità del contraddittorio ed il diritto di difesa, si pone al di fuo-ri dell’orbita tracciata dal modello del “giusto processo”. Il chiarimento introduttivo si completa, dunque, con la precisazione terminologica dei caratteri qualificanti il rito velocizzato e la sentenza succinta, in quanto nel pri-mo si rinviene un rapporto di genus a species rispetto al processo c.d. ordinario. La specialità del rito, dunque, in-dica il grado di alterazione apportato al modello genera-le,in termini di contrazione o elisione delle normali fasi che contraddistinguono lo svolgimento del giudizio. Al contrario, la sentenza rappresenta un fenomeno sostan-zialmente unitario, la cui identità, ravvisata nella funzio-ne definitoria di un conflitto, non ammette forme surro-gabili o scomposte del pronunciamento. La sentenza suc-cintamente motivata, pertanto, trova nella semplificazione un parametro di adeguatezza alla specifica controversia, che potrà essere risolta anche attraverso una struttura “alleggerita” della decisione, e ciò non perché si adotta una via più breve, ma per la ragione che si offre una ri-sposta appropriata al grado di complessità della contro-versia. Questi profili paiono già sufficienti a dimostrare la ri-levanza del tema, rafforzata anche dal fatto di aver con-dotto una, seppur limitata, ricognizione del diritto stra-niero, dal quale sono emerse, per un verso, analoghe pro-blematiche di ricerca di una maggiore effettività e celerità del processo amministrativo, mentre, per altro verso, si è registrata l’assenza di un istituto processuale che coniu-ghi, in generale e per ogni materia di trattazione, la rapi-dità del rito con un provvedimento decisorio avente forza di giudicato. Il carattere inedito della sentenza succintamente motivata, assunta dopo la celebrazione di un rito speciale viene confermato anche dalla sommaria ricostruzione svolta nel nostro ordinamento, con riferimento al proces-so costituzionale ed al (oramai soppresso) rito societario, nei quali non si rinviene la prospettiva di definire, con res iudicata, una procedura accelerata che, tuttavia, non si sottragga ad una cognizione piena della causa. Nel passare all’analisi dello svolgimento del percorso di assunzione della decisione, si è avuto modo di verificare, una volta descritta la disciplina dell’istituto decisorio, la presenza di interpretazioni antitetiche sulla conduzio-ne della procedura. In altri termini, sono riaffiorate le ambiguità di lettura, affrontate nell’analisi della cornice costituzionale, sul corretto rispetto delle norme proces-suali e dei principi che esse rappresentano. La rapidità del giudizio assume talvolta un ruolo egemone nella prospettiva del rito speciale, portando allo svuotamento di regole che garantiscono l’integrità del contraddittorio e l’esercizio del diritto di difesa. Si è cercato, dunque, di comporre un riequilibrio delle diverse istanze, che ha permesso, così, di delineare un modo con-creto di procedere e di gestire il rapporto tra giudice e parti. Il completamento di questa ricerca si è, tuttavia, otte-nuto solamente con l’approfondimento dei caratteri di-stintivi della motivazione della sentenza. L’approccio dell’indagine, estremamente facilitato dalla ampia rifles-sione rinvenuta tra gli studiosi del processo civili, ha permesso di cogliere, negli elementi costitutivi della mo-tivazione, il corretto inserimento del tratto di semplifica-zione descritto. Si è dunque dato, in primo luogo, giusti-ficazione della decisione semplificata, nella prospettiva di ricostruzione anticipata in premessa, quale forma di sta-tuizione non “inferiore” o “sottordinata”, bensì adeguata alla pronta risolvibilità dell’affare. Ciò ha permesso, inol-tre, di chiarire in modo ancor più preciso, l’intelaiatura processuale che deve sorreggere la decisione semplifica-ta, indicando i risvolti di interazione tra forma del rito e connotato funzionale della motivazione. L’orizzonte finale rappresenta un tentativo di coordi-namento delle istanze, tendenzialmente opposte, di co-gnizione piena della causa, di rapida durata del processo e di adeguata motivazione della decisione, secondo quella che ci appare come una delle immagini più originali e moderne del “giusto processo amministrativo”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.