In due palazzi prestigiosi, Bonaventura e Albani, oggi sedi dell’Ateneo urbinate, si trovano due dipinti che è possibile restituire ai rispettivi autori: un San Girolamo con l’angelo del giudizio a Giuseppe Diamantini nativo di Fossombrone, non lontano da Urbino ma operante soprattutto a Venezia e una Sant’Agata, legata in precedenza a Diamantini ma da assegnare al romano Giacinto Brandi. Le opere, per le quali si può anche ricostruire la provenienza, si prestano ad illuminare fasi precise della carriera dei due pittori, contemporanei ma operanti in ambiti molto diversi, eppure accomunati dal legame con le Marche, per nascita e prima educazione, Diamantini, per numerose occasioni di committenze, Brandi. In particolare, per quanto riguarda Diamantini, il dipinto, fortemente segnato dall’impronta culturale bolognese, consente di precisare meglio, grazie ad altre nuove acquisizioni nella pittura e nella grafica, anche col supporto di notevoli documenti, quel primo decennio di attività autonoma a Venezia meno chiaro nella sua evoluzione, che si dispiega da una più netta influenza bolognese e soprattutto di Guido Cagnacci, all’adesione ai modi di Pietro Liberi, che corrispondevano alla ricerca di successo nel raffinato collezionismo lagunare, da parte di Diamantini. Un ulteriore nuovo dipinto, di qualità molto sostenuta, legato al nome di Liberi ma qui restituito al pittore di Fossombrone, Venere che piange Adone morente, risulta emblematico di questa peculiare cifra stilistica che mescola il sensitivo magistero di Cagnacci alle novità 'chiariste' di Liberi.
Giuseppe Diamantini e Giacinto Brandi. Incontro a Urbino
Anna Maria Ambrosini Massari
2017
Abstract
In due palazzi prestigiosi, Bonaventura e Albani, oggi sedi dell’Ateneo urbinate, si trovano due dipinti che è possibile restituire ai rispettivi autori: un San Girolamo con l’angelo del giudizio a Giuseppe Diamantini nativo di Fossombrone, non lontano da Urbino ma operante soprattutto a Venezia e una Sant’Agata, legata in precedenza a Diamantini ma da assegnare al romano Giacinto Brandi. Le opere, per le quali si può anche ricostruire la provenienza, si prestano ad illuminare fasi precise della carriera dei due pittori, contemporanei ma operanti in ambiti molto diversi, eppure accomunati dal legame con le Marche, per nascita e prima educazione, Diamantini, per numerose occasioni di committenze, Brandi. In particolare, per quanto riguarda Diamantini, il dipinto, fortemente segnato dall’impronta culturale bolognese, consente di precisare meglio, grazie ad altre nuove acquisizioni nella pittura e nella grafica, anche col supporto di notevoli documenti, quel primo decennio di attività autonoma a Venezia meno chiaro nella sua evoluzione, che si dispiega da una più netta influenza bolognese e soprattutto di Guido Cagnacci, all’adesione ai modi di Pietro Liberi, che corrispondevano alla ricerca di successo nel raffinato collezionismo lagunare, da parte di Diamantini. Un ulteriore nuovo dipinto, di qualità molto sostenuta, legato al nome di Liberi ma qui restituito al pittore di Fossombrone, Venere che piange Adone morente, risulta emblematico di questa peculiare cifra stilistica che mescola il sensitivo magistero di Cagnacci alle novità 'chiariste' di Liberi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.