Il fenomeno della committenza artistica da parte delle Confraternite cristiane nel nostro Paese rappresenta un esempio importante del più ampio legame tra la storia dell’arte e quella della Chiesa e, ancor più in generale, del connubio tra l’espressione artistica e il sentimento di religiosità, che ha come fondamento storico la funzione delle immagini di mettere in rapporto immediato chi le guarda con il sacro. Si parla, al riguardo, di “immagini di devozione” per indicare quella funzione di rappresentare, narrare, suscitare commozione, attraverso forme varie (pittura, scultura, decorazioni di manufatti, ecc.) che offrono alla visione storie, figure, simboli legati al cristianesimo (Strinati, 1984 e Toscano, 1979). Le rappresentazioni artistiche assolvono a questa funzione comunicativa e pedagogica (oltre che meramente decorativa), come strumento di espressione visiva immediata di contenuti sia teologici che devozionali. La loro efficacia dipende, pertanto, dal contesto, dall’importanza della committenza e dalle modalità di messa in opera, ma soprattutto dalla loro rispondenza rispetto agli scopi assegnati, ovvero alla loro credibilità e alla loro capacità di suscitare pietà, sentimenti, emozioni, addirittura aspettative miracolistiche. Non a caso, le stesse raffigurazioni sacre potevano diventare oggetto di speciale venerazione e, spesso, motivo di edificazione di nuove chiese, in modo da consolidarne e perpetuarne il culto. Le opere di committenza confraternale rappresentano una percentuale altissima del patrimonio artistico devozionale, molto esteso in tutta Italia e difficile quindi da censire in modo completo. Occorre anche sottolineare che solo negli ultimi decenni è stata approfondita la ricerca sul rapporto tra l’espressione artistica e il sentimento di religiosità insite nell’associazionismo confraternale, al di là di studi specifici condotti su singole confraternite (Russo, 2010). E’ parte di questo immenso patrimonio culturale delle Confraternite anche la documentazione delle loro vicende storiche, in particolare quella relativa all’amministrazione dei loro beni, sotto forma di inventari, registri amministrativi e libri contabili. Proprio grazie al fatto che molte Confraternite sono oggi ancora attive e alla sensibilità di chi le ha guidate nel corso dei secoli, possiamo ritrovare tale documentazione in moltissimi archivi storici (Gazzini, 2009; Manetti, Bellucci, Bagnoli 2017), veri e propri serbatoi ricchissimi di informazioni di tipo religioso, sociale, economico, giuridico, istituzionale, nonché urbanistico, architettonico e artistico. Le rilevazioni contabili, raccolte in appositi libri e registri, documentano le vicende storiche delle Confraternite e il succedersi degli accadimenti che quotidianamente ne caratterizzavano la vita. Ad esse i responsabili dell’amministrazione affidavano l’assolvimento di compiti di varia natura: - testimoniare e tener memoria ordinata dei fatti amministrativi e delle operazioni che in successione caratterizzavano la vita della Confraternita e i beni costituenti il suo patrimonio, sia nella loro origine che nei mutamenti che subiscono nel tempo; - dimostrare l’esistenza giuridica e il corretto titolo di possesso dei beni patrimoniali; - fungere da documenti di prova o di autorizzazione a compiere determinate operazioni o atti amministrativi, in modo anche da prevenire e aiutare a risolvere eventuali controversie legali in merito a quelle stesse operazioni o atti; - controllare, attraverso l’impiego delle espressioni quantitativo-monetarie, gli esiti economici e monetari dei fatti e delle operazioni compiute, giungendo a sintesi degli avanzi o disavanzi di cassa mensili, dei crediti/debiti in essere e delle rendicontazioni delle acquisizioni o cessioni effettuate, con le relative variazioni patrimoniali. Autorevolmente è stata richiamata la correlazione fra arte figurativa e arte contabile, entrambe descrittive la vita di una determinata realtà o di un determinato territorio (Catturi, 2013). La contabilità rappresenta, infatti, una magnifica fonte di conoscenza della vita artistica stessa presente in un territorio, in quanto nelle carte contabili troviamo spesso la documentazione dei vari aspetti delle realizzazioni artistiche, dalla committenza alle fasi di realizzazione delle opere, dai nomi degli artisti e dei collaboratori alle varie spese sostenute (costi di trasporto, materiali acquistati, costi per l’onorario degli artisti o per il loro mantenimento, ecc.), fino alle forme di finanziamento utilizzate (Di Toro, Di Pietra, 1999 e Catturi, 2015). Lo scopo di questo lavoro è proprio quello di approfondire lo studio della committenza da parte delle Confraternite che si facevano soggetti promotori delle arti, soprattutto nel corso dei secoli XV e XVI, con commesse di quadri, affreschi, sculture o altro, proprio a partire dai documenti contabili che ancora oggi attestano questa fervida attività. L’analisi si avvarrà dello studio di un caso esemplare di documentazione contabile attestante una committenza di altissimo livello. Dai Registri contabili della Confraternita del Corpus Domini di Urbino, che annoverava tra i suoi membri grandi artisti come Raffaello e suo padre Giovanni Santi, Timoteo Viti e Federico Barocci, emergono infatti i rapporti di committenza con pittori del calibro di Paolo Uccello, Giusto di Gand, Tiziano, lo stesso Barocci, chiamati ad adornare con le loro opere la propria chiesa di Urbino. Si tratta di Libri delle Entrate e delle Spese che iniziano dal 1465 e ci forniscono dati precisi sulle varie attività svolte dalla Confraternita, specie quelle di tipo artistico.
Il ruolo delle Confraternite nello sviluppo delle arti figurative del XV e XVI secolo come emerge dai registri contabili: il caso della Confraternita del Corpus Domini di Urbino
Massimo Ciambotti
;Federica Palazzi;Francesca Sgrò
2018
Abstract
Il fenomeno della committenza artistica da parte delle Confraternite cristiane nel nostro Paese rappresenta un esempio importante del più ampio legame tra la storia dell’arte e quella della Chiesa e, ancor più in generale, del connubio tra l’espressione artistica e il sentimento di religiosità, che ha come fondamento storico la funzione delle immagini di mettere in rapporto immediato chi le guarda con il sacro. Si parla, al riguardo, di “immagini di devozione” per indicare quella funzione di rappresentare, narrare, suscitare commozione, attraverso forme varie (pittura, scultura, decorazioni di manufatti, ecc.) che offrono alla visione storie, figure, simboli legati al cristianesimo (Strinati, 1984 e Toscano, 1979). Le rappresentazioni artistiche assolvono a questa funzione comunicativa e pedagogica (oltre che meramente decorativa), come strumento di espressione visiva immediata di contenuti sia teologici che devozionali. La loro efficacia dipende, pertanto, dal contesto, dall’importanza della committenza e dalle modalità di messa in opera, ma soprattutto dalla loro rispondenza rispetto agli scopi assegnati, ovvero alla loro credibilità e alla loro capacità di suscitare pietà, sentimenti, emozioni, addirittura aspettative miracolistiche. Non a caso, le stesse raffigurazioni sacre potevano diventare oggetto di speciale venerazione e, spesso, motivo di edificazione di nuove chiese, in modo da consolidarne e perpetuarne il culto. Le opere di committenza confraternale rappresentano una percentuale altissima del patrimonio artistico devozionale, molto esteso in tutta Italia e difficile quindi da censire in modo completo. Occorre anche sottolineare che solo negli ultimi decenni è stata approfondita la ricerca sul rapporto tra l’espressione artistica e il sentimento di religiosità insite nell’associazionismo confraternale, al di là di studi specifici condotti su singole confraternite (Russo, 2010). E’ parte di questo immenso patrimonio culturale delle Confraternite anche la documentazione delle loro vicende storiche, in particolare quella relativa all’amministrazione dei loro beni, sotto forma di inventari, registri amministrativi e libri contabili. Proprio grazie al fatto che molte Confraternite sono oggi ancora attive e alla sensibilità di chi le ha guidate nel corso dei secoli, possiamo ritrovare tale documentazione in moltissimi archivi storici (Gazzini, 2009; Manetti, Bellucci, Bagnoli 2017), veri e propri serbatoi ricchissimi di informazioni di tipo religioso, sociale, economico, giuridico, istituzionale, nonché urbanistico, architettonico e artistico. Le rilevazioni contabili, raccolte in appositi libri e registri, documentano le vicende storiche delle Confraternite e il succedersi degli accadimenti che quotidianamente ne caratterizzavano la vita. Ad esse i responsabili dell’amministrazione affidavano l’assolvimento di compiti di varia natura: - testimoniare e tener memoria ordinata dei fatti amministrativi e delle operazioni che in successione caratterizzavano la vita della Confraternita e i beni costituenti il suo patrimonio, sia nella loro origine che nei mutamenti che subiscono nel tempo; - dimostrare l’esistenza giuridica e il corretto titolo di possesso dei beni patrimoniali; - fungere da documenti di prova o di autorizzazione a compiere determinate operazioni o atti amministrativi, in modo anche da prevenire e aiutare a risolvere eventuali controversie legali in merito a quelle stesse operazioni o atti; - controllare, attraverso l’impiego delle espressioni quantitativo-monetarie, gli esiti economici e monetari dei fatti e delle operazioni compiute, giungendo a sintesi degli avanzi o disavanzi di cassa mensili, dei crediti/debiti in essere e delle rendicontazioni delle acquisizioni o cessioni effettuate, con le relative variazioni patrimoniali. Autorevolmente è stata richiamata la correlazione fra arte figurativa e arte contabile, entrambe descrittive la vita di una determinata realtà o di un determinato territorio (Catturi, 2013). La contabilità rappresenta, infatti, una magnifica fonte di conoscenza della vita artistica stessa presente in un territorio, in quanto nelle carte contabili troviamo spesso la documentazione dei vari aspetti delle realizzazioni artistiche, dalla committenza alle fasi di realizzazione delle opere, dai nomi degli artisti e dei collaboratori alle varie spese sostenute (costi di trasporto, materiali acquistati, costi per l’onorario degli artisti o per il loro mantenimento, ecc.), fino alle forme di finanziamento utilizzate (Di Toro, Di Pietra, 1999 e Catturi, 2015). Lo scopo di questo lavoro è proprio quello di approfondire lo studio della committenza da parte delle Confraternite che si facevano soggetti promotori delle arti, soprattutto nel corso dei secoli XV e XVI, con commesse di quadri, affreschi, sculture o altro, proprio a partire dai documenti contabili che ancora oggi attestano questa fervida attività. L’analisi si avvarrà dello studio di un caso esemplare di documentazione contabile attestante una committenza di altissimo livello. Dai Registri contabili della Confraternita del Corpus Domini di Urbino, che annoverava tra i suoi membri grandi artisti come Raffaello e suo padre Giovanni Santi, Timoteo Viti e Federico Barocci, emergono infatti i rapporti di committenza con pittori del calibro di Paolo Uccello, Giusto di Gand, Tiziano, lo stesso Barocci, chiamati ad adornare con le loro opere la propria chiesa di Urbino. Si tratta di Libri delle Entrate e delle Spese che iniziano dal 1465 e ci forniscono dati precisi sulle varie attività svolte dalla Confraternita, specie quelle di tipo artistico.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.