Il contributo si collega al diffuso interesse sollevato dal provvedimento sanzionatorio a séguito delle notevoli incidenze che esso oramai contempla non solo sul versante degli effetti inflitti agli operatori economici quali diretti destinatari delle misure adottate dalle Authorities − spesso di notevole entità −, ma al tempo stesso sul piano della adeguatezza di un modello di cognizione processuale che assicuri un’effettiva garanzia alle correlate posizioni soggettive incise. In particolare, sui provvedimenti sanzionatori adottati dalle Autorità indipendenti, si è concentrata una specifica attenzione in relazione ai presìdi di tutela offerti dal nostro sistema giurisdizionale, con l’avvio di un vasto dibattito dottrinale e giurisprudenziale sull’intensità del sindacato operato dal giudice amministrativo, in conformità ai parametri delle disposizioni processuali della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), per come interpretati ed applicati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU). La gran parte dei contributi scientifici, condivide ed amplifica la scelta della Corte EDU nell’ottica di rafforzare verso le sanzioni amministrative una tutela maggiore, attraverso un’intensità del sindacato giurisdizionale di full jurisdiction. L’approccio pone una serie di problemi, tra cui la ricostruzione sistematica di provvedimento sanzionatorio, il rapporto tra procedimento e processo, la sussistenza o meno di limiti all’esercizio di poteri cognitori e decisori del giudice amministrativo. Dopo una sintesi di tali questioni, si è cercato di affrontare un nodo problematico che non appare ancora adeguatamente approfondito. Si tratta di una considerazione che muove da un’applicazione sempre più estesa dei criteria Engel, vale a dire delle tutele dedotte dalla giurisprudenza della Corte ex artt. 6 e 7 CEDU. In particolare, attraverso il criterio della gravità si introduce invero un parametro di identificazione del provvedimento sanzionatorio indeterminato. Si ritiene che tale criterio non possa qualificare la posizione soggettiva del destinatario, ma si risolve in una caratteristica del provvedimento oggettivizzato. Ciò determina due ingiustificate conseguenze: la prima, contrappone atti amministrativi (a tutela piena) che corrispondono ai parametri del provvedimento sanzionatorio ad un insieme residuale di “altri” atti che ne risulterebbero esclusi (anche in termini di intensità di tutela). È noto e dimostrato, difatti, che non solo la sanzione (sia essa formalmente o sostanzialmente intesa), ma anche provvedimenti favorevoli possono produrre effetti negativi (e dunque “gravi”) nei confronti di soggette differenti dal destinatario (controinteressati, pubbliche amministrazioni ecc.). Quid juris sul regime di tutela contro questi ultimi provvedimenti. La seconda, si pone in dissonanza con il sistema costituzionale del diritto di azione, vale a dire nella identificazione dell’interesse meritevole di tutela sottostante la posizione soggettiva incisa dall’atto, in conformità all’art. 24 Cost. senza graduazioni rispetto al paradigma della full jurisdiction. La costruzione di una full jurisdiction declinata sul criterio della gravità della misura inflitta, si risolve in un ritorno al passato, vale a dire in un processo sull’oggettività di un provvedimento “sanzionatorio”, qualificato in relazione ad un parametro di severità che non appartiene al destinatario, ma alla caratteristica intrinseca dell’atto astrattamente inteso: così si finisce per alterare l’oggetto del giudizio, che deve essere l’atto nel perimetro tracciato dalle accuse mosse al privato e, quindi, in relazione all’interesse sostanziale del ricorrente.

POTESTÀ SANZIONATORIA DELLE AUTHORITIES E “GIUSTO” SINDACATO GIURISDIZIONALE

alberto clini
2018

Abstract

Il contributo si collega al diffuso interesse sollevato dal provvedimento sanzionatorio a séguito delle notevoli incidenze che esso oramai contempla non solo sul versante degli effetti inflitti agli operatori economici quali diretti destinatari delle misure adottate dalle Authorities − spesso di notevole entità −, ma al tempo stesso sul piano della adeguatezza di un modello di cognizione processuale che assicuri un’effettiva garanzia alle correlate posizioni soggettive incise. In particolare, sui provvedimenti sanzionatori adottati dalle Autorità indipendenti, si è concentrata una specifica attenzione in relazione ai presìdi di tutela offerti dal nostro sistema giurisdizionale, con l’avvio di un vasto dibattito dottrinale e giurisprudenziale sull’intensità del sindacato operato dal giudice amministrativo, in conformità ai parametri delle disposizioni processuali della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), per come interpretati ed applicati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU). La gran parte dei contributi scientifici, condivide ed amplifica la scelta della Corte EDU nell’ottica di rafforzare verso le sanzioni amministrative una tutela maggiore, attraverso un’intensità del sindacato giurisdizionale di full jurisdiction. L’approccio pone una serie di problemi, tra cui la ricostruzione sistematica di provvedimento sanzionatorio, il rapporto tra procedimento e processo, la sussistenza o meno di limiti all’esercizio di poteri cognitori e decisori del giudice amministrativo. Dopo una sintesi di tali questioni, si è cercato di affrontare un nodo problematico che non appare ancora adeguatamente approfondito. Si tratta di una considerazione che muove da un’applicazione sempre più estesa dei criteria Engel, vale a dire delle tutele dedotte dalla giurisprudenza della Corte ex artt. 6 e 7 CEDU. In particolare, attraverso il criterio della gravità si introduce invero un parametro di identificazione del provvedimento sanzionatorio indeterminato. Si ritiene che tale criterio non possa qualificare la posizione soggettiva del destinatario, ma si risolve in una caratteristica del provvedimento oggettivizzato. Ciò determina due ingiustificate conseguenze: la prima, contrappone atti amministrativi (a tutela piena) che corrispondono ai parametri del provvedimento sanzionatorio ad un insieme residuale di “altri” atti che ne risulterebbero esclusi (anche in termini di intensità di tutela). È noto e dimostrato, difatti, che non solo la sanzione (sia essa formalmente o sostanzialmente intesa), ma anche provvedimenti favorevoli possono produrre effetti negativi (e dunque “gravi”) nei confronti di soggette differenti dal destinatario (controinteressati, pubbliche amministrazioni ecc.). Quid juris sul regime di tutela contro questi ultimi provvedimenti. La seconda, si pone in dissonanza con il sistema costituzionale del diritto di azione, vale a dire nella identificazione dell’interesse meritevole di tutela sottostante la posizione soggettiva incisa dall’atto, in conformità all’art. 24 Cost. senza graduazioni rispetto al paradigma della full jurisdiction. La costruzione di una full jurisdiction declinata sul criterio della gravità della misura inflitta, si risolve in un ritorno al passato, vale a dire in un processo sull’oggettività di un provvedimento “sanzionatorio”, qualificato in relazione ad un parametro di severità che non appartiene al destinatario, ma alla caratteristica intrinseca dell’atto astrattamente inteso: così si finisce per alterare l’oggetto del giudizio, che deve essere l’atto nel perimetro tracciato dalle accuse mosse al privato e, quindi, in relazione all’interesse sostanziale del ricorrente.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2663938
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