L’espressione buone prassi, entrata nell’uso comune, ha registrato una fortunata diffusione soprattutto nei vari ambiti professionali e scientifici. Il volume si propone di rileggere criticamente tale costrutto entro la complessità del discorso pedagogico come sapere critico, attivo e progettuale. A tal fine, problematizza le tendenze sulle quali esso si staglia, in primis la cultura dell’evidenza e del primato delle tecnologie, emergenti anche in campo educativo. Affronta, alla luce di ciò, un arti-colato e complesso intreccio di questioni legate ai temi dell’efficacia, dell’evidenza, del giudizio, discutendo alcuni rischi di semplificazione e di interpretazione in senso riduttivo delle buone prassi, nell’intento di superarne una concezione tecnica e meramente strumentale. Legando ogni discorso sulle pratiche alla dimensione teorica dell’agire e del pensare l’educazione, propone una re-interpretazione pedagogica di tale co-strutto, anche suggerendo requisiti e criteri per un suo utilizzo critico. In tal senso ne fa emergere il potenziale positivo, per la peculiare animazione della dinamica teoria/prassi che esso consente, per la sua col-locazione intermedia tra pratica ordinaria e ricerca scientifica, tra partecipazione attiva di chi opera sul campo e configurazione formalizzata di indagini, tra saperi teorici e saperi della pratica, tra innovazione e problemi inediti.
Per una pedagogia critica delle buone prassi
Maria-Chiara Michelini
2018
Abstract
L’espressione buone prassi, entrata nell’uso comune, ha registrato una fortunata diffusione soprattutto nei vari ambiti professionali e scientifici. Il volume si propone di rileggere criticamente tale costrutto entro la complessità del discorso pedagogico come sapere critico, attivo e progettuale. A tal fine, problematizza le tendenze sulle quali esso si staglia, in primis la cultura dell’evidenza e del primato delle tecnologie, emergenti anche in campo educativo. Affronta, alla luce di ciò, un arti-colato e complesso intreccio di questioni legate ai temi dell’efficacia, dell’evidenza, del giudizio, discutendo alcuni rischi di semplificazione e di interpretazione in senso riduttivo delle buone prassi, nell’intento di superarne una concezione tecnica e meramente strumentale. Legando ogni discorso sulle pratiche alla dimensione teorica dell’agire e del pensare l’educazione, propone una re-interpretazione pedagogica di tale co-strutto, anche suggerendo requisiti e criteri per un suo utilizzo critico. In tal senso ne fa emergere il potenziale positivo, per la peculiare animazione della dinamica teoria/prassi che esso consente, per la sua col-locazione intermedia tra pratica ordinaria e ricerca scientifica, tra partecipazione attiva di chi opera sul campo e configurazione formalizzata di indagini, tra saperi teorici e saperi della pratica, tra innovazione e problemi inediti.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.