I confini teorici e operativi del restauro in Italia fino alla fondazione, nel 1939, dell’Istituto centrale del restauro possono dedursi con buona certezza dalle relazioni pronunciate al «Convegno degli Ispettori Onorari» del 1912 dai tre massimi esperti di quei problemi attivi in Italia in quel momento. Per la storia dell’arte, Luigi Cavenaghi, per l’archeologia Giacomo Boni, per l’architettura Gustavo Giovannoni. Convegno in particolare significativo, perché diretta testimonianza istituzionale dell’esito raggiunto del lungo dibattito su tutela e conservazione del patrimonio storico e artistico della nuova Italia unita. Quello che può essere fatto iniziare con gli interventi «Sulla conservazione dei Monumenti e degli Oggetti d’arte e sulla riforma dell’insegnamento accademico», pubblicati nel 1863 da Giovan Battista Cavalcaselle sulla «Rivista dei comuni italiani», testo forse non a caso mirato a raggiungere le comunità sul territorio, per poi proseguire con la memoria in cui, dieci anni dopo, Giovanni Carlo Conestabile della Staffa lamentava il disastroso stato del patrimonio archeologico italiano, proponendo alcune soluzioni organizzative del problema, fino a arrivare alla circolare ministeriale del 21 luglio 1882 con la quale l’allora Direttore generale alle Antichità e Belle Arti, l’archeologo Giuseppe Fiorelli, figura di riferimento circa i temi della tutela già prima dell’Unità, dava «alcune disposizioni relative ai restauri degli Edifizi Monumentali». Un dibattito anche internazionale, con interventi soprattutto venuti dal mondo anglosassone, Joseph Crowe e Austen Henry Layard su tutti, che trova la sua prima e matura stazione nel 1909 con l’emanazione della legge generale di tutela n. 364.

La cultura della conservazione nell’Italia post-unitaria. Cavenaghi, Giovannoni e Boni al convegno degli ispettori onorari del 1912

Bruno Zanardi
2016

Abstract

I confini teorici e operativi del restauro in Italia fino alla fondazione, nel 1939, dell’Istituto centrale del restauro possono dedursi con buona certezza dalle relazioni pronunciate al «Convegno degli Ispettori Onorari» del 1912 dai tre massimi esperti di quei problemi attivi in Italia in quel momento. Per la storia dell’arte, Luigi Cavenaghi, per l’archeologia Giacomo Boni, per l’architettura Gustavo Giovannoni. Convegno in particolare significativo, perché diretta testimonianza istituzionale dell’esito raggiunto del lungo dibattito su tutela e conservazione del patrimonio storico e artistico della nuova Italia unita. Quello che può essere fatto iniziare con gli interventi «Sulla conservazione dei Monumenti e degli Oggetti d’arte e sulla riforma dell’insegnamento accademico», pubblicati nel 1863 da Giovan Battista Cavalcaselle sulla «Rivista dei comuni italiani», testo forse non a caso mirato a raggiungere le comunità sul territorio, per poi proseguire con la memoria in cui, dieci anni dopo, Giovanni Carlo Conestabile della Staffa lamentava il disastroso stato del patrimonio archeologico italiano, proponendo alcune soluzioni organizzative del problema, fino a arrivare alla circolare ministeriale del 21 luglio 1882 con la quale l’allora Direttore generale alle Antichità e Belle Arti, l’archeologo Giuseppe Fiorelli, figura di riferimento circa i temi della tutela già prima dell’Unità, dava «alcune disposizioni relative ai restauri degli Edifizi Monumentali». Un dibattito anche internazionale, con interventi soprattutto venuti dal mondo anglosassone, Joseph Crowe e Austen Henry Layard su tutti, che trova la sua prima e matura stazione nel 1909 con l’emanazione della legge generale di tutela n. 364.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2666933
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