Nelle opere che si occupano della musica, questa appare generalmente associata allo studio del linguaggio, sia come sua derivazione, sia come suo precursore. La prospettiva che qui si adotta è invece quella di Steven Mithen: musica e linguaggio hanno un unico precursore. Questa prospettiva consente di guardare a musica e linguaggio come due facoltà caratteristiche della natura umana, come due invarianti biologici che trovano una loro specificazione all’interno di contesti socioculturali di volta in volta particolari. Tuttavia, è proprio all’interno della dialettica fra biologia e cultura che emerge la differenza sostanziale fra musica e linguaggio. Mentre il linguaggio è inestricabilmente sempre connesso ad una specifica realtà sociale, la musica sembra essere molto più indipendente. Questo trova conferma nel fatto che per comprendere un linguaggio diverso dal nostro abbiamo bisogno di essere appositamente istruiti, mentre siamo il più delle volte perfettamente in grado di comprendere una musica che non ci appartiene. Presumibilmente nella musica sono prioritari elementi che si àncorano alla generica facoltà, alla musicalità. La musica più del linguaggio rimane connessa alle nostre parti vitali profonde e, meglio di qualunque altro strumento simbolico, è in grado di esprimerle. L’esempio migliore della capacità che la musica ha di legarsi alle radici della vita ci è, un po’ paradossalmente, dato dal linguaggio. Esiste un tipo di linguaggio chiamato maternese che non ha lo scopo principale di trasmettere delle informazioni al neonato, delle istruzioni, non serve prioritariamente ad educarlo, bensì serve a confortarlo, a farlo sentire protetto e accudito con amore, serve a sintonizzarsi affettivamente con lui. Forse allora la musica è uno strumento che ci consente di contenere e gestire la nostra costitutiva ambivalenza, rendendo possibile la solitudine in compagnia.

La Musica fra dimensione sociale e dimensione vitale

Fabrizio Manattini
2019

Abstract

Nelle opere che si occupano della musica, questa appare generalmente associata allo studio del linguaggio, sia come sua derivazione, sia come suo precursore. La prospettiva che qui si adotta è invece quella di Steven Mithen: musica e linguaggio hanno un unico precursore. Questa prospettiva consente di guardare a musica e linguaggio come due facoltà caratteristiche della natura umana, come due invarianti biologici che trovano una loro specificazione all’interno di contesti socioculturali di volta in volta particolari. Tuttavia, è proprio all’interno della dialettica fra biologia e cultura che emerge la differenza sostanziale fra musica e linguaggio. Mentre il linguaggio è inestricabilmente sempre connesso ad una specifica realtà sociale, la musica sembra essere molto più indipendente. Questo trova conferma nel fatto che per comprendere un linguaggio diverso dal nostro abbiamo bisogno di essere appositamente istruiti, mentre siamo il più delle volte perfettamente in grado di comprendere una musica che non ci appartiene. Presumibilmente nella musica sono prioritari elementi che si àncorano alla generica facoltà, alla musicalità. La musica più del linguaggio rimane connessa alle nostre parti vitali profonde e, meglio di qualunque altro strumento simbolico, è in grado di esprimerle. L’esempio migliore della capacità che la musica ha di legarsi alle radici della vita ci è, un po’ paradossalmente, dato dal linguaggio. Esiste un tipo di linguaggio chiamato maternese che non ha lo scopo principale di trasmettere delle informazioni al neonato, delle istruzioni, non serve prioritariamente ad educarlo, bensì serve a confortarlo, a farlo sentire protetto e accudito con amore, serve a sintonizzarsi affettivamente con lui. Forse allora la musica è uno strumento che ci consente di contenere e gestire la nostra costitutiva ambivalenza, rendendo possibile la solitudine in compagnia.
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