"La pandemia di Covid-19 ha fatto emergere le contraddizioni delle società capitalistiche, rese sempre più fragili e disuguali da decenni di guerra ai salari e ai diritti delle classi subalterne, dallo smantellamento del welfare e dal prevalere di forme di coscienza ultracompetitive. Certo della propria eternità e incapace di immaginare un modello alternativo di legame sociale, l’Occidente ha creduto che il “virus cinese” colpisse solo i paesi arretrati o ritenuti autoritari e che mai potesse diffondersi nelle nostre efficienti e trasparenti democrazie tecnologiche. Invece di prendere sul serio l’esperienza di altre realtà che hanno gestito meglio l’emergenza grazie alla capacità dello Stato e della politica di guidare l’economia e la produzione, subordinando gli interessi privati a quelli della maggioranza, ha negato a essa ogni riconoscimento, fino a procurarsi da solo un rischio estremo per eccesso di hybris. A questa rinuncia suicida a guardare l’alterità non è sfuggito il dibattito filosofico: di fronte allo stato d’eccezione, sia le posizioni dirittumaniste astratte sia il sovranismo particolarista e populista – che dell’odierna egemonia neoliberale costituisce non l’alternativa, ma una scissione conservatrice – condividono infatti il medesimo atteggiamento suprematista, con il rifiuto di elaborare una forma concreta di universalismo e di pensare una diversa configurazione del rapporto tra individuo, società civile e Stato, ma anche una diversa forma di convivenza tra le nazioni".

il virus dell'Occidente. Universalismo astratto e sovranismo particolarista di fronte allo stato d'eccezione

azzar
2020

Abstract

"La pandemia di Covid-19 ha fatto emergere le contraddizioni delle società capitalistiche, rese sempre più fragili e disuguali da decenni di guerra ai salari e ai diritti delle classi subalterne, dallo smantellamento del welfare e dal prevalere di forme di coscienza ultracompetitive. Certo della propria eternità e incapace di immaginare un modello alternativo di legame sociale, l’Occidente ha creduto che il “virus cinese” colpisse solo i paesi arretrati o ritenuti autoritari e che mai potesse diffondersi nelle nostre efficienti e trasparenti democrazie tecnologiche. Invece di prendere sul serio l’esperienza di altre realtà che hanno gestito meglio l’emergenza grazie alla capacità dello Stato e della politica di guidare l’economia e la produzione, subordinando gli interessi privati a quelli della maggioranza, ha negato a essa ogni riconoscimento, fino a procurarsi da solo un rischio estremo per eccesso di hybris. A questa rinuncia suicida a guardare l’alterità non è sfuggito il dibattito filosofico: di fronte allo stato d’eccezione, sia le posizioni dirittumaniste astratte sia il sovranismo particolarista e populista – che dell’odierna egemonia neoliberale costituisce non l’alternativa, ma una scissione conservatrice – condividono infatti il medesimo atteggiamento suprematista, con il rifiuto di elaborare una forma concreta di universalismo e di pensare una diversa configurazione del rapporto tra individuo, società civile e Stato, ma anche una diversa forma di convivenza tra le nazioni".
2020
9788857571553
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2677605
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